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Denis BocquetWritten by: Città e Territorio

Dubai, il metrò non corre

DUBAI. Dopo la crisi che ha colpito il settore edilizio, e nonostante finanze pubbliche anch’esse duramente colpite dalla fine del boom, il cantiere della metropolitana va avanti. Ma se la società che gestisce i progetti conferma gli impegni per le prime due linee della futura rete, per quelle ancora da costruire i tempi potrebbero allungarsi.
Da alcune settimane circolano per una serie di test preliminari sulla prima linea (la rossa) i treni automatizzati che dovrebbero essere accessibili al pubblico da settembre. Nel marzo 2010 dovrebbe aprire la seconda linea (la verde). Per gli anni successivi, in un orizzonte sempre meno chiaro, è prevista la costruzione di altre due linee. Quella blu, il cui tracciato è ancora oggetto di negoziazioni, e quella porpora, ancor più legata a una possibile ripresa. Ma i percorsi non si costruiranno senza la preventiva apertura dei corrispettivi cantieri soprasuolo.
Per il finanziamento della linea porpora, che avrebbe il compito di collegare, nel 2015, l’attuale aeroporto internazionale a quello in fase di progettazione dall’altra parte della città, nella zona di Jebel Ali, il conflitto tra la Road and Transport Authority di Dubai e la società aeroportuale (Dubai Airports) non è ancora risolto. Si tratta di decidere se la linea è d’interesse urbano o aeroportuale, per capire chi deve finanziarla. Ma siccome lo sceicco Mohammed bin Rashid al-Maktoum è presidente di entrambi gli enti, una soluzione, situazione finanziaria permettendo, si dovrebbe trovare presto.
La vera questione riguarda piuttosto il legame tra pianificazione infrastrutturale ed edilizia. Il disegno della rete collega la maggior parte degli shopping mall, business district e resort della città (con l’aggiunta di una monorotaia, da poco inaugurata, lungo il «tronco» dell’isola artificiale di Palm Jumeirah e di diverse passerelle sopra Sheikh Zaied Road), ma la localizzazione delle stazioni rende necessario l’uso del taxi per raggiungere tutte le altre destinazioni urbane. In una città dove ogni nucleo abitativo o funzionale sembra un’isola raggiungibile solo con mezzi motorizzati, anche per distanze cortissime, la rete presuppone comunque una distribuzione capillare cui solo il taxi può rispondere.
Un’altra domanda importante riguarda il legame con i vicini Emirati di Sharja e Abu Dhabi. Se è vero che sono previste estensioni della rete fino ai rispettivi confini, la pianificazione regionale dei trasporti pubblici alla scala degli Emirati Arabi Uniti rimane ancora molto vaga. Per chi arriva da Sharja, per esempio, è stato previsto finora solo un immenso parcheggio di 6.000 posti alla stazione di al-Qusais. Ma in quell’Emirato alloggia gran parte della popolazione operaia di Dubai, trasportata ogni mattina da convogli di bus che fanno la spola tra i quartieri-dormitorio e i cantieri (quelli ancora aperti, perlomeno): si capisce allora che la metropolitana, che avrà tre classi di vetture (prima con sedili in pelle, femminile e seconda), non risolverà necessariamente tutti i problemi, né della congestione del traffico né della segregazione sociale. Del resto, non è stata concepita a questo scopo, ma per liberare dal traffico la clientela dei grandi resort e dare alla città l’immagine di una metropoli moderna.
Da questo punto di vista, Dubai rischia di diventare un perfetto esempio della tendenza odierna verso il cosiddetto splintering urbanism, quando cioè l’investimento in reti di trasporto pubblico o di comunicazione è al servizio di una visione della città che mira a mantenere la distanza tra i ceti sociali, anziché a ridurla. L’annuncio, ancora non ufficiale, di una tariffa di trasporto relativamente contenuta (circa 2 euro) potrebbe essere un segnale nella direzione di un uso più allargato della futura metropolitana e forse della nascita di un possibile spazio pubblico. Per ora, in ogni caso, i cantieri pubblici restano il rifugio di una mano d’opera che lo stato di fermo di moltissimi cantieri edilizi privati minaccia ogni giorno di costringere al ritorno in India o in Pakistan.

Autore

  • Denis Bocquet

    Nato nel 1970 a Grenoble, ha studiato a partire dal 1990 presso l'Ecole normale supérieure di Fontenay Saint Cloud, si è laureato nel 1992 alla Sorbona e ha poi conseguito il dottorato di ricerca. È docente ordinario di Storia e teoria dell'architettura e dell'urbanistica presso l'Ecole nationale supérieure d'architecture di Strasburgo. Ha vissuto e insegnato a Firenze, Roma, Aix-en-Provence, Dresda, Tours e Parigi. Scrive per «Il Giornale dell'Architettura» sin dalla nascita della testata, nel 2002. Dal 2004 vive a Berlino.

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Last modified: 18 Luglio 2015