Svelato il tema della 16ma Biennale di Architettura di Venezia. L’invito delle curatrici Yvonne Farrel e Shelley McNamara: portate in Laguna il vostro Freespace
VENEZIA. «Freespace». Sono molte le parole chiave incluse nel tema prescelto dal duo irlandese Yvonne Farrel e Shelley McNamara, fondatrici dello Studio Grafton Architects e curatrici della 16ma Mostra Internazionale di Architettura di Venezia in programma dal 26 maggio al 25 novembre 2018. La prima presentazione alla stampa di mercoledì 7 giugno ne anticipa le linee d’indirizzo generali. Immaginare come queste si concretizzeranno una volta recepite ed elaborate dai curatori dei singoli padiglioni nazionali e da coloro che verranno invitati a partecipare pone una serie d’interrogativi ai quali rimane certamente prematuro ad oggi rispondere. Il presidente della Biennale Paolo Baratta, nel mentre, contestualizza il tema all’interno del percorso intrapreso dall’istituzione veneziana. «La precedente edizione curata da Alejandro Aravena, afferma, s’interrogava sulle condizioni attraverso le quali si possono esprimere le esigenze di una comunità e sulle azioni da attuare per rispondervi concretamente. La Biennale scorsa ha trattato l’architettura come fenomenologia toccando anche temi politici, economici, sociali. La prossima edizione considera lo spazio come punto di partenza. Se esso non è organizzato adeguatamente, rimarca, non c’è economia di mercato che lo ricomponga».
«Freespace, affermano le due curatrici, si focalizza sulla capacità dell’architettura di offrire in dono spazi liberi e supplementari a coloro che ne fanno uso; celebra l’abilità dell’architettura di trovare una nuova e inattesa generosità in ogni progetto, anche nelle condizioni più private, difensive, esclusive o commercialmente limitate; invita a inventare soluzioni in cui l’architettura provvede al benessere e alla dignità di questo fragile Pianeta (la Terra è considerata come “cliente”); collega passato, presente e futuro legando l’arcaico e il contemporaneo». Che cosa dobbiamo attenderci? «Esempi, proposte, elementi, costruiti e non che esemplificano le qualità dell’architettura, un forte impatto con un coinvolgimento emotivo ed intellettuale da parte del visitatore».
Concorrono all’esplicazione del concept curatoriale singoli exempla: Jørn Utzon e la sua casa, Can Lis, a Majorca, con la seduta in cemento appositamente modellata sul corpo umano; il complesso residenziale di Angelo Mangiarotti in via Quadronno 24 a Milano, il Museo di Arte a San Paolo del Brasile di Lina Bo Bardi perché accomunati da un messaggio in relazione allo spazio: la seduta quale metafora di benvenuto; nello specifico esempio museale, la sopraelevazione rispetto al piano di strada come punto di vista privilegiato del visitatore sulla città.
«Che cosa possiamo fare oggi con le risorse disponibili sulla Terra, s’interrogano in chiusura le due curatrici e che efficacia può avere in questo un’iniziativa come la Biennale?». Ancora una volta alla mostra veneziana, concepita in quanto “forum di pensiero”, il ruolo di offrire risposte o, perlomeno, un vocabolario per porre i giusti interrogativi in un panorama contemporaneo in cui – ricorda ancora Baratta – in tutto il mondo vanno proliferando Biennali dedicate all’architettura come nei casi di Chicago, Lione, Seul.
Immagine di copertina: Yvonne Farrell, Shelley McNamara, Paolo Baratta. Photo by Andrea Avezzu’. Courtesy of La Biennale di Venezia
Chi sono le curatrici
Note per lavorare in sodalizio, Yvonne Farrell e Shelley McNamara vivono e lavorano a Dublino, dove si sono laureate alla Scuola di Architettura dell’University College e hanno fondato lo studio Grafton Architects nel 1977. Lo studio ha partecipato alla Biennale Architettura 2002 e ha vinto il Leone d’Argento alla Biennale Architettura 2012, con il progetto del nuovo Campus UTEC dell’Università di Lima in Perù insieme all’opera di Paulo Mendes da Rocha. Hanno partecipato alla Biennale Architettura 2016 con il progetto “The Physics of Culture”. Farrell e McNamara hanno progettato e realizzato numerose scuole ed edifici per istituzioni e università, soprattutto in Irlanda – tra cui i Dunshaughlin Civic Offices, i negozi e gli uffici della Dublin City University, il Parson’s Building, il Trinity College a Dublino, il Government Department for the Office of Public Works a Dublino – mentre in Italia hanno realizzato il nuovo edificio dell’Università Bocconi di Milano. Si sono aggiudicate numerosi concorsi internazionali tra cui: School of Economics of the University di Tolosa; Kingston University Town House; Institute Mines Telecom campus, Saclay, Parigi. Insieme a Shaffrey Associates hanno vinto il concorso per la nuova Biblioteca di Dublino e sono state scelte per progettare la nuova facoltà della London School of Economics and Political Science (LSE) a Holborn, Londra. Oltre a ricevere per vari anni il premio dell’Architectural Association of Ireland, lo studio è stato insignito del World Building of the Year nel 2008 per il progetto del Nuovo Campus dell’Università Bocconi di Milano. Finalista allo Sterling Prize per la University of Limerick Medical School and Student Accommodation; nel 2016 hanno vinto RIBA International Award per UTEC University a Lima in Perù. Hanno vinto il Jane Drew Award nel 2015 e l’Irish Design Institute President’s Award nel 2016. Insegnano entrambe all’University College di Dublino dal 1976 e sono titolari della cattedra di architettura all’Accademia di Mendrisio. Hanno presieduto Kenzo Tange Chair a GSD Harvard nel 2010 e Louis Kahn Chair a Yale nel 2011. Hanno insegnato e tenuto conferenze in tutta Europa e negli Stati Uniti. Le progettiste hanno partecipato a numerose e prestigiose giurie di premi di architettura come il RIBA Stirling Prize 2008, il Mies Van Der Rohe Prize 2011 e il RIBA Award 2012.
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alejandro aravena , biennale venezia 2018 , Freespace , mostre , venezia
Last modified: 8 Giugno 2017