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Stefano D'AvinoWritten by: Forum Patrimonio

Patrimonio edilizio: quale compromesso tra conservazione e adeguamento sismico?

Patrimonio edilizio: quale compromesso tra conservazione e adeguamento sismico?

Modalità della ricostruzione e antinomia tra restauro e consolidamento sono due questioni ineludibili, nella continua ricerca di equilibrio tra recupero, aggiornamento degli antichi codici tecnici e tendenza uniformante del tecnicismo antisismico

 

I temi della conservazione come del recupero post sisma del patrimonio edilizio pongono due questioni ineludibili: le modalità della ricostruzione e la presunta antinomia restauro/consolidamento.

Ricostruire “com’era e dov’era” dopo l’evento sismico? Si tratta di un’affermazione senz’altro suggestiva ma con alcuni margini d’ambiguità. In particolare, il concetto di “com’era” può essere declinato secondo diverse modalità: dalla ricostruzione sedicente “filologica” a quella puramente scenografica e iconica; magari conservando le forme esterne e modificando gli interni, anche a scapito degli aspetti tipologici e costruttivi che costituiscono invece parte integrante ed essenziale dell’architettura.

La seconda riflessione riguarda la distinzione fra restauro, inteso come prevalente pratica conservativa, e consolidamento. Dicotomia invero solo apparente, se si riconduce la questione nel più naturale alveo dei “problemi statici del restauro”: appare infatti indubbio come la conservazione si esplichi attraverso una complessa interazione fra le metodologie tecnico-scientifiche e le tematiche storico-critiche proprie del restauro, versus una concezione tecnicistica del restauro statico, specie se operato su architetture storiche in area sismica. Ne consegue che anche la soluzione tecnica a un problema statico risulti connessa con i temi dell’interpretazione e del giudizio.

Cosicché il consolidamento non può porsi alla stregua di un atto tecnico, sostanzialmente indifferente in ragione della sua “inesistente figuratività”, giacché ciò indurrebbe a non apprezzare nel monumento la componente storico-documentaria insita nei caratteri tipologici, della metodologia costruttiva come delle tecniche di lavorazione dei materiali, implicando al contempo l’accettazione dello snaturamento del modello statico originario.

Il quadro normativo in materia di antisismica precedente al 2008 presupponeva la derivazione dei processi di consolidamento direttamente dalle tecniche adottate nella costruzione di nuovi edifici, in tal modo indicando una linea operativa volta alla progressiva sostituzione delle strutture tradizionali con sistemi ed elementi innovativi. Le Linee guida per la valutazione del rischio sismico emanate in quell’anno hanno prodotto un significativo avanzamento in materia di consolidamento e riduzione del rischio sismico delle strutture storiche.

Vengono delineati due diversi orientamenti operativi: l’uno teso a ridurre la vulnerabilità di un edificio attraverso opere di rafforzamento degli elementi più critici, migliorando così il comportamento complessivo; l’altro si fonda sull’aggiunta di elementi esterni resistenti alle azioni sismiche. In entrambi i casi si rimane nell’alveo del miglioramento delle caratteristiche di antisismicità, non aspirando a raggiungere il livello prestazionale offerto da un intervento di adeguamento; ciò poiché la prospettiva di adeguare un sistema complesso e non omogeneo quale quello proprio delle architetture storiche comporterebbe inevitabilmente la perdita di autenticità dello stesso impianto.

Cosicché il restauro, particolarmente quando si opera in area sismica, deve piuttosto tendere all’individuazione, all’interno del lessico strutturale originario (indagato anche negli interventi pregressi e nella sopravvenuta riduzione della iniziale capacità resistente), di completamenti e aggiunte che conducano a un “miglioramento” dell’efficacia antisismica propria del monumento. Questo deve essere operato introducendo interventi “minimi” finalizzati a un puntuale consolidamento strutturale, sfruttando l’interazione tra le parti, verificando o ricostruendo l’efficacia dei collegamenti per mezzo di modesti legamenti e l’iniezione di miscele consolidanti con un elevato indice di elasticità; operazioni che vanno condotte sempre operando nel rispetto del valore testimoniale di una tipologia strutturale e di una tecnica costruttiva che rappresentano un evidente significato di continuità con il passato. Ciò non esclude che tale miglioramento non possa essere declinato in maniera articolata, sì che la sua applicazione tenga conto della severità dell’azione sismica attesa e dunque la sua entità debba valutarsi con riferimento allo stato attuale, ponendo requisiti più o meno stringenti in relazione alle specifiche condizioni della struttura.

In particolare va posta l’attenzione verso le dinamiche che, definite “di adattamento”, si sono innescate nel tempo, assumendo il valore di documento di modi costruttivi e pratiche esecutive ricorrenti esercitatesi, nel corso dei secoli, a resistere ai terremoti attraverso l’affinamento dei presidi volti a contrastarli; documento autentico di “cultura materiale” che va quindi tutelato come i più significativi testi scritti.

Lo studio della correlazione che intercorre, nel caso di architetture storiche, fra le modalità di manifestazione del danno e le tecniche costruttive ha evidenziato il carattere di assoluta individualità e autonomia dei meccanismi strutturali che caratterizza ogni monumento, i cui comportamenti sono il più delle volte privi di sistematicità strutturale, anche in ragione di pregressi interventi di restauro e che, pertanto, non possono essere assunti come modelli.

L’analisi dei danni indotti in passato dai terremoti ci fornisce dati per apprezzare la capacità resistente dei materiali nonché la maggiore o minore “adattabilità” all’evento sismico dei differenti meccanismi strutturali, favorendo, nel contempo, l’individuazione dei presidi più opportuni per migliorare le qualità resistenti delle strutture.

È necessario chiedersi se la condivisione acritica dell’ingegneria antisismica non rischi di suggerire un “modello unico” piuttosto che ricercare soluzioni specifiche per elementi di un patrimonio affatto omogeneo, rinunciando a rincorrere un impossibile obiettivo di adeguamento delle strutture storiche.

In sintesi, vi è la necessità di recuperare l’antico “codice tecnico”, aggiornandolo attraverso una continua ricerca sui materiali e sulle tecnologie; occorre ancora non tralasciare, in nome di un tecnicismo antisismico uniformante, d’apprezzare (e, conseguentemente, conservare) le “trasgressioni” rinvenute nella materia e nella struttura degli antichi edifici poiché essi costituiscono un documento autentico ed irripetibile del fare umano; senza preclusione per le tecniche pre-moderne (viziate talvolta da limiti tecnologici) come per quelle contemporanee ed enucleando da queste tali pericolose derive tecnicistiche.

 

Immagine di copertina: l’altare della Chiesa di Sant’Agostino a Cascia (Pg), danneggiata dal terremoto del 1979

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Last modified: 13 Dicembre 2016