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Davide DeriuWritten by: Progetti

Architetture della vertigine

Architetture della vertigine

Una riflessione, accompagnata da 10 casi studio, sull’impennata verticale delle città e l’illusione contemporanea di fluttuare nell’aria esorcizzando la caduta nel vuoto

 

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L’impennata verticale delle città viene spesso ricondotta ai fattori socio-economici della globalizzazione. Alla costruzione di architetture sempre più elevate (supertall e megatall) si associano inoltre valori simbolici che riflettono geografie e gerarchie urbane su scala planetaria. La conquista di nuove vette è storicamente legata ad una posizione di potere, cementata in età moderna dalla tipologia del grattacielo e rappresentata dalla visione aerea. L’osservatorio in cima alla torre è ancor’oggi meta favorita del turista che, contemplando la veduta d’insieme, incarna lo sguardo dominante sulla città.

Nel primo scorcio di questo secolo, tuttavia, lo sguardo dall’alto si è arricchito di una nuova dimensione. La proliferazione di piattaforme «vertiginose» ha spalancato lo spazio verticale dell’esperienza urbana, rendendo la percezione dell’abisso sempre più palpabile. Fedeli ai principi dell’economia delle esperienze, architetti ed ingegneri si adoperano da anni a progettare quella che potremmo definire la sesta facciata: superfici vetrate camminabili e trasparenti, perlopiù formate da strati multipli di vetro temperato, che stimolano un’esperienza cinestetica dello spazio. La sfida a camminare sul vuoto promette un’ebbrezza da capogiro: esperienza intensa, memorabile, e fotogenica.

In questa storia ancora tutta da scrivere occupa un posto di spicco la CN Tower di Toronto. Quella che fu per oltre trent’anni la maggiore struttura autoportante del mondo è la prima a incorporare, nel 1994, un pavimento vetrato nell’osservatorio panoramico. Strutture simili, come la Sky Tower di Auckland, ne seguono l’esempio. Ma il fenomeno esplode solo all’alba del nuovo secolo, quando la corsa verso il cielo coincide con l’avvento di strutture sempre più audaci, i cui nomi evocano originali motivi di attrazione.

Una variazione sul tema è quella del glass box sospeso sul vuoto, inaugurato nel 2007 alla Eureka Tower di Melbourne, dove un cubo vetrato (The Edge) si muove fino a sospendere gli utenti a 300 metri dal suolo – l’altezza della Torre Eiffel. Questo concetto spaziale è stato replicato in serie, sotto forma di balconi vetrati chiusi, nello Skydeck Chicago (The Ledge) e, di recente, nel massiccio del Monte Bianco, in vetta all’Aiguille du Midi (Pas dans le vide). La trasposizione dell’involucro trasparente dalla città alla montagna aggiorna la tradizione del belvedere. Se per immergere i visitatori in un paesaggio alpino occorrono infrastrutture diverse da quelle urbane, le soluzioni architettoniche sono similmente spettacolari.

L’eco fra ambiente naturale e ambiente urbano risuona anche nel caso dello skywalk: termine in voga negli anni 70 per definire passaggi sopraelevati e riscoperto, da circa un decennio, per denominare passarelle vetrate a grandi altezze. Precursore di questo genere è il Grand Canyon Skywalk (2007), costruito nella riserva degli Hualapai al fine di portare turismo ed occupazione. Qui l’idea di pavimento trasparente è estesa ad una camminata sul vuoto lungo un percorso a ferro di cavallo. A questo progetto si ispirano vari interventi in gole, valli e precipizi: spiccano per dimensioni la piattaforma a sbalzo di Cabo Girão a Madeira, 580 metri a strapiombo sulla costa atlantica, e i ponti vetrati realizzati di recente in Cina sul Grand Canyon di Zhangjiajie e nell’area di Hongyagu, lunghi entrambi oltre 400 metri e sospesi ad altezze da brivido.

In parallelo, lo skywalk viene assimilato anche nell’architettura urbana. Il trend prende avvio dalla passerella costruita al centesimo piano del World Financial Centre a Shanghai (2008), notevole più per forma e ubicazione che per l’effetto di verticalità. Il tema del pavimento a fondo vetrato è ripreso nel rinnovo di monumenti storici ad altezze più modeste come il Tower Bridge di Londra, le cui passerelle sopraelevate vengono munite di pavimenti vetrati (2014) nel momento in cui lo stesso motivo, ormai de rigueur, appare perfino nella Torre Eiffel. Ma è di nuovo a Shanghai che la passeggiata sull’aria trova la sua espressione più estrema: lo skywalk a cielo aperto che costeggia l’88º piano della Jin Mao Tower (2016) invita a sporgersi sull’abisso metropolitano agganciati ad un cavo di sicurezza.

Queste costruzioni da capogiro, le cui foto imperversano in rete, si potrebbero relegare a semplice moda passeggera. Il fenomeno tuttavia non è forse così superficiale: siamo infatti davanti alla mutazione dell’osservatorio panoramico in uno spazio immersivo adibito a un’esperienza corporea viscerale. L’emergere di queste «architetture della vertigine» è sintomo di un’epoca in cui certezze e fondamenti paiono svanire nell’aria. Qual è dunque il soggetto di queste architetture insostenibilmente leggere? Una risposta la offre Massimo Recalcati quando scrive di un corpo attirato verso l’eccesso, in preda al «culto edonistico del godimento immediato»: homo ludens, si può aggiungere, che incarna l’iper-edonismo del nostro tempo. La piattaforma di vetro offre l’illusione giocosa di fluttuare nell’aria, esorcizzando così quella caduta nel vuoto temuta da sempre – oggi in particolare.

La top ten della vertigine in dieci anni o poco più

Grand Canyon Skywalk, Arizona (2007)

La passerella vetrata a ferro di cavallo, inaugurata nel 2007, si trova all’estremità occidentale del Grand Canyon. La struttura aggetta per 21 m dalla roccia e raggiunge un’altezza di circa 220 m dall’altopiano sottostante, mentre la distanza complessiva dal letto del fiume Colorado in fondo al canyon supera i 1.000 m. Il progetto fu commissionato allo studio Mark Ross Johnson dalla tribù indiana Hualapai, nella cui riserva è situato il Grand Canyon. L’intervento ha destato controversie, oltre che per l’impatto ambientale, per aver profanato un luogo sacro agli stessi Hualapai.

Eureka Tower, Melbourne (2007)

Due mesi dopo l’apertura della passerella sul Grand Canyon, la Eureka Tower di Melbourne svela al pubblico un’inedita attrazione nell’osservatorio panoramico all’ottantottesimo piano (Skydeck 88). «The Edge» è il nome del cubo di vetro mobile, progettato dall’ingegnere Dick Baird, che trasporta i visitatori oltre al filo dell’edificio fino a sospenderli a circa 300 m dal suolo. L’effetto scenico è aumentato da un sistema di lastre scorrevoli che consente di trasformare il pavimento da opaco a trasparente una volta all’esterno.

‘Skywalk 100’, Shanghai World Financial Centre (2008)

Il Shanghai World Financial Centre, progettato da Kohn Pedersen Fox Associates ed aperto nel 2008, contiene una serie di osservatori panoramici a varie altezze. Il più elevato e spettacolare, Skywalk 100, si trova al centesimo piano nel lato superiore dell’apertura trapezoidale che contraddistingue il volume dell’edificio. Le pareti vetrate consentono di contemplare la vista di Shanghai camminando su un pavimento trasparente a 474 m, benché la forma stessa del grattacielo riduca di molto la visione zenitale.

Skydeck Chicago, Willis Tower (2009)

Nel 2009 la Willis Tower si dota di una nuova attrazione ideata dallo studio SOM, che già aveva progettato il grattacielo nel 1973 sotto il nome di Sears Tower, scalzando il World Trade Center dal podio di edificio più alto del mondo. «The Ledge» consiste in una serie di gabbie di vetro retraibili ed interamente trasparenti, della profondità di circa 1,2 m, in cui i visitatori si trovano sospesi a 412 m dal livello strada. L’intervento si inserisce nella risistemazione dello Skydeck Chicago, l’osservatorio panoramico al 103º piano della torre.

Aiguille du Midi, Chamonix-Mont-Blanc (2013)

Nel 2013 la Compagnia del Monte Bianco inaugura «la più alta attrazione d’Europa» in cima all’Aiguille du Midi nelle Alpi francesi. L’installazione, battezzata Pas dans le vide, sovrasta il massiccio del Monte Bianco ad un’altezza di circa 1.000 m dal terreno e a un’altitudine complessiva di oltre 3800 m sul livello del mare. Il progetto, ispirato al Grand Canyon Skywalk e con chiari riferimenti allo Skydeck Chicago, è stato concepito da Pierre-Yves Chays dell’agenzia di design e scenografia Implicite con l’intento di rendere il visitatore «partecipante attivo» nell’esperienza del paesaggio alpino.

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Tower Bridge, Londra (2014)

Entrambe le passerelle pedonali che incorniciano il Tower Bridge di Londra, a circa 42 m dalla superficie del Tamigi, vengono ammodernate nel 2014 con pavimentazioni di vetro larghe 1,8 m e lunghe una decina di metri. Lo studio Purcell le ha concepite in modo da rivelare la struttura in acciaio soggiacente, progettata da Horace Jones e John Wolfe Barry nel 1894. L’intervento rientra in un progetto di riqualificazione degli spazi interni mirato ad attirare un maggior numero di utenti nel Tower Bridge, le cui passerelle coperte sono adibite oggi non solo ad esposizioni ma a vari altri usi come cerimonie, sedute di yoga, ecc.

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Torre Eiffel, Parigi (2014)

A poche settimane dall’inaugurazione delle passerelle vetrate del Tower Bridge apre a Parigi il primo piano della Torre Eiffel ridisegnato dagli architetti Moatti-Rivière. L’idea di estendere l’esperienza della Tour al nucleo centrale, storicamente privo di funzioni, comprende oltre a una serie di spazi chiusi dei pavimenti vetrati all’aperto disposti lungo il perimetro interno. Il sistema di superfici trasparenti – orizzontali e verticali – risponde all’intento progettuale di realizzare un’«architettura aumentata», confermando un trend ormai diffuso.

Jin Mao Tower, Shanghai (2016)

Dal 1999 le forme frastagliate della Jin Mao Tower, progettata da SOM, si stagliano sullo skyline di Shanghai. Nel 2016 un davanzale esterno profondo 1,2 m viene disposto lungo l’88º piano della torre per una lunghezza di 60 m. All’illusione della passeggiata nel cielo si aggiunge l’ebbrezza di sporgersi sul vuoto legati ad un cavo. La torre è situata nel cuore del distretto finanziario di Lujiazui, dove al Shanghai World Financial Centre si è affiancata nel 2015 la Shanghai Tower, alta 632 m e seconda nel mondo in altezza solo al Burj Khalifa.

Lotte World Tower, Seul (2017)

Il grattacielo più alto della Corea, inaugurato nel 2017 su progetto di Kohn Pedersen Fox, si presenta come un enorme centro commerciale per il «lusso globale»: un edificio ad uso misto che comprende un hotel a sette stelle oltre ad uffici e negozi distribuiti su 123 piani. L’osservatorio Seoul Sky, a 478 m dal suolo, vanta il ponte di osservazione vetrato più alto del mondo (certificato dal Guinness dei primati). L’osservatorio panoramico forma una protuberanza ricurva nel volume affusolato della torre, con pareti e pavimento trasparenti.

Jeddah Tower (previsto 2020)

Il progetto per il primo edificio a raggiungere l’altezza di un chilometro è opera di Adrian Smith + Gordon Gill Architecture. Secondo i piani sorgerà sulla costa del Mar Rosso nel 2020. Comprende una sky terrace di forma circolare a pavimento parzialmente vetrato che, a circa 610 m di altezza, diventerebbe di gran lunga il più alto osservatorio urbano mai costruito. Il progetto ricorda da vicino quello visionario di Frank Lloyd Wright per The Illinois, il grattacielo concepito nel 1956 che avrebbe svettato un miglio sopra Chicago.

 

E a proposito di vertigini…

Nell’ambito della manifestazione FO.TO. Fotografi a Torino, presso la galleria Photo&Contemporary segnaliamo la collettiva “Vertigo – Part I”. Prendendo il titolo dal famoso film Vertigo di Alfred Hitchcock (1958, titolo italiano La donna che visse due volte) e dalla nota patologia, la mostra fotografica propone opere di diversi autori (tra gli altri, Gabriele Basilico, Giovanni Gastel, Angela Lo Priore, Arno Rafael Minkkinen, Elena Franco, Pietro Privitera, Giada Ripa) che affrontano visivamente il senso di caducità, di precario equilibrio ed attrazione verso il vuoto, caratteristici della società contemporanea.

Autore

  • Davide Deriu

    Vive a Londra, dove è Reader in storia e teorie dell’architettura presso l’Università di Westminster. Formatosi al Politecnico di Torino e alla Bartlett (UCL), si occupa di culture della rappresentazione a diverse scale, dal modello alla città. Ha contribuito a riviste come The Journal of Architecture, Architectural Theory Review, Abitare e Vesper, ed è stato redattore di Architectural Histories. Fra le mostre che ha curato: "Modernism in Miniature: Points of View" al Centro Canadese d’Architettura. È stato Fellow della British Academy, Colin Rowe lecturer al RIBA e visiting professor all’Università Iuav di Venezia. Collabora con "Il Giornale dell’architettura" dalla sua fondazione

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Last modified: 24 Aprile 2018