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Alessandro ColomboWritten by: Design

Paola Lenti: cerco sempre il meglio (partendo dai tessuti)

Paola Lenti: cerco sempre il meglio (partendo dai tessuti)

A colloquio con la fondatrice dell’azienda di arredi che ha l’ambizione di riportare a unità design e architettura, lavorando con etica e passione
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Nata nel 1994 da un’idea che ha radici lontane nel tempo, quella di Paola Lenti è un’attività imprenditoriale condivisa con la sorella Anna e contrassegnata da un continuo lavoro di ricerca e sperimentazione votato al design, settore nel quale è oggi un punto di riferimento a livello internazionale. L’interesse per lo spazio dell’abitare ha portato alla felice intuizione di paesaggi domestici nei quali non vi è più distinzione fra design e architettura; il progetto ritorna a coniugare interno ed esterno, tradizione e innovazione con grande misura, essenzialità ed eleganza. I materiali sono i protagonisti, siano essi legni o metalli, filati high tech o superfici lavorate a mano. Il risultato è di una quieta e colta semplicità, capace di sfidare il tempo e le mode e, quel che più conta, in grado di offrire a chi lo sceglie una piacevolezza dell’abitare fuori dal comune.Mentre da pochi giorni è stato rilasciato ACCORDI, il nuovo catalogo dell’azienda

 nato come evoluzione dell’evento proposto al Fuorisalone 2017 (qui il link per il download in versione pdf), abbiamo chiesto a Paola Lenti di raccontarci la sua visione.

 

Come nasce il percorso di Paola Lenti?

Ho iniziato a lavorare occupandomi di grafica per diverse aziende, ma col tempo ho capito che i risultati ai quali arrivavo non mi soddisfacevano. Cerco sempre di puntare al meglio, cosa che si ottiene per lo più lavorando per se stessi, mentre avendo un committente è sempre necessario tenere conto in primo luogo delle sue esigenze. Mi sono ritrovata in un ruolo che mi andava stretto e ho reagito inventandomi un lavoro che per diversi anni ho gestito da sola. La svolta decisiva è avvenuta nel 2000, quando mia sorella Anna ha scelto di aiutarmi a trasformare quella specie di gioco in una vera e propria impresa industriale. Da lì in avanti tutto è andato molto meglio. Gestire un’azienda è davvero impegnativo, soprattutto per le naturali difficoltà che si incontrano nel crescere; mia sorella ne ha preso il timone e da allora si occupa di tenere la barra diritta nella giusta direzione, permettendomi così di dedicare il mio tempo a quello che so fare realmente.

Quindi parliamo di che anni?

Considero il 1994 come il primo vero anno di attività dell’azienda Paola Lenti. Ho iniziato facendo produrre piccoli oggetti in vetro e porcellana, cercando di trasferire la mia esperienza nel mondo delle due dimensioni a qualcosa di tridimensionale. Ho avuto poi la fortuna di conoscere Francesco Rota; un incontro importante, del quale devo ringraziare il nostro comune amico Gianluca Bernini. Anche Francesco era all’inizio del suo cammino professionale. Quando mi ha portato i primi disegni, non c’è stato nient’altro da dire: avevamo lo stesso punto di vista e ci siamo capiti subito.

È stato il dover esprimere questa passione che vi ha portato su una simile strada?

All’inizio ci siamo mossi per passione e senza pianificare; solo in seguito l’attività dell’azienda è stata seguita con l’attenzione necessaria per poter compiere i grandi passi avanti che l’hanno fatta diventare quella che è oggi. Abbiamo sempre avuto un interesse profondo per l’architettura. È importante progettare il contesto dove andranno a vivere le nostre collezioni: una visione d’insieme è fondamentale perchè i prodotti possano esprimersi in tutta la loro personalità. Dall’esperienza fatta, abbiamo capito che in ogni ambiente, interno o esterno che sia, è importante avere un pensiero comune che renda l’insieme coeso e credibile. Al Fuorisalone 2017 abbiamo presentato il nostro progetto per l’indoor in modo completo, perché lo spazio, per tipologia e dimensioni, ce ne ha dato la possibilità. È stata l’occasione per sperimentare la nostra idea di casa, un luogo nel quale i materiali convergono, s’incontrano e conversano.

Come nasce il vostro approccio ai materiali?

Con il tessuto. Sentivamo l’esigenza di avere rivestimenti per l’esterno confortevoli e che avessero lo stesso aspetto di quelli usati per l’interno. Un aspetto che non definirei decorativo, perché i tessuti Paola Lenti non sono decorati, ma che fosse disponibile nei colori giusti per i diversi contesti. È stata una vera intuizione, perchè fino ad allora sul mercato non esisteva niente con queste caratteristiche. All’intuizione è seguita una ricerca davvero impegnativa. Il tessuto che abbiamo realizzato è prodotto con un filato derivato da una fibra poliolefinica che, di per sè, non ha tutte le caratteristiche necessarie per essere usata all’esterno; la ricerca ci ha portato a modificare il materiale di base per ottenere le giuste performance. Abbiamo lavorato sul campo da soli, con istituti universitari e con professionisti, perché all’epoca non c’era una vera e propria letteratura sull’argomento a cui riferirsi. La nostra storia è fatta di sbagli e di risalite, ma soprattutto di persone con le quali abbiamo condiviso i pensieri e le ricerche. Devo dire che oggi siamo soddisfatti: l’intuizione è diventata una realtà.

Alla fine avete ottenuto il materiale che volevate?

Sì, e ne abbiamo mantenuto anche le caratteristiche di ecosostenibilità e di riciclabilità. Oggi non esiste ancora una vera e propria filiera che unisca la fase di produzione a quella di smaltimento. Questo è un aspetto tecnico che chiaramente non ci compete, ma crediamo si debba essere pronti a qualsiasi nuovo scenario possa futuro.

Tocchiamo grandi problemi. Voi credete che il mondo del design e del progetto potrebbero essere quanto meno uno dei motori di questo processo volto all’ecosostenibilità e alla riciclabiilità?

Certamente. Il progetto è importante, ma è necessaria anche un’adeguata sensibilizzazione delle persone: chi acquista un prodotto deve essere informato e sapere come comportarsi. Nel mondo ci si preoccupa molto dei consumi, di quanta anidride carbonica si genera durante i processi produttivi e poi, arrivati al termine del ciclo di vita, nessuno sa come procedere a uno smaltimento sostenibile. Probabilmente perché a nessuno interessa.

Forse è anche una questione economica…

Il costo di un prodotto può fare sicuramente la differenza: nel nostro piccolo, pensiamo di essere un esempio di buon equilibrio fra la qualità dei materiali e delle lavorazioni e il prezzo. Ogni prodotto Paola Lenti è destinato a durare nel tempo e rimanda a un futuro lontano il suo fine vita, quando potrà essere comunque smaltito facilmente e con il minor impatto ambientale possibile. Vogliamo che i nostri prodotti abbiano performance invidiabili, ma questo mai a scapito del mondo che li circonda e di una buona qualità della vita. Le nostre scelte sono sempre dettate da un dovere etico, sia verso la natura, sia verso la persona, che è diventato nel tempo un principio fondamentale della filosofia dell’azienda.

Quindi c’è anche un aspetto etico nel design?

Certo, non possiamo più permetterci d’ignorarlo.

Il mercato e il pubblico reagiscono in maniera diversa a questi argomenti in Italia e all’estero?

All’estero c’è sicuramente maggiore attenzione, ma in Italia, anche se con un poco di ritardo, la situazione sta nettamente migliorando.

Progetti non ancora intrapresi che magari in questi anni avreste voluto affrontare? Come vede il futuro del suo lavoro?

Guardare al futuro significa per noi in primo luogo fare in modo che la nostra rimanga un’attività fatta di persone e non di numeri, anche se l’azienda cresce e nella crescita le regole devono necessariamente poter cambiare. Vogliamo mantenere per quanto possibile anche il nostro metodo di lavoro. Ad esempio, recentemente abbiamo progettato un divano gonfiabile che però poteva essere realizzato solo in Cina e con materiali non conformi ai nostri standard. Non avendo modo di seguire le nostre regole, abbiamo abbandonato il progetto. Sognamo anche di poter continuare nel futuro a lavorare sull’architettura. Abbiamo iniziato un’interessante attività di ricerca con De Castelli, azienda con cui quest’anno abbiamo ideato un prodotto nuovo: un tessuto che racchiude in sè la nostra competenza tessile e la loro capacità tecnica nella finitura dei metalli, un rivestimento adatto a boiserie e strutture architettoniche. Mi piacerebbe continuare a lavorare in questo senso, coniugando mondi diversi e condividendo sinergie e desideri.

Lei vuole lavorare con e per l’architettura: ma in che modo?

Vogliamo continuare a lavorare sugli aspetti naturali e spontanei della materia, sulle lavorazioni artigianali e sulle finiture non convenzionali con partner professionisti che ci possano aiutare con le loro competenze specifiche. E vorremmo utilizzare i nostri materiali anche sulle superfici architettoniche.

Quindi voi andate nella direzione di ritrovare quella unitarietà fra architettura e design che è stata la cifra distintiva della nostra storia, cifra che poi abbiamo perso pensando che il design e l’architettura fossero due mondi diversi, che il design fosse una disciplina autonoma?

È un percorso creativo nel quale ci riconosciamo pienamente. Si percepisce subito una differenza sostanziale quando gli elementi di un progetto sono legati da un unico filo conduttore, quando è presente un pensiero comune condiviso, che coinvolge gli aspetti strutturali, estetici e funzionali dell’abitazione, quando contenitore e contenuto concorrono a rafforzare a vicenda la loro capacità espressiva.

Come ricordavamo prima, tutto questo, a un certo punto, è diventato un’azienda presente sul mercato: come descriverebbe questa sfida?

La nostra idea di lavorare sull’insieme, strutture architettoniche comprese, è stata accolta positivamente. Ovviamente non subito e non da tutti: collaboriamo con una vasta rete di rivenditori e all’inizio alcuni di loro non erano pronti a questo passaggio. Oggi invece si stanno consolidando vere e proprie partnership, importanti per la promozione del nostro pensiero progettuale.

Si è abituati a vedere il mercato segmentato in fasce di prezzo, ponendo attenzione solo ai costi, ma abbiamo posto l’accento sul fatto che c’è anche un problema di cultura: la cultura di chi produce come di chi acquista. Quanto è importante il peso della cultura, quanto è rilevante e quanto si può ricercare un mercato colto?

Lavoriamo attraverso una rete di vendita e quindi non abbiamo una conoscenza diretta di chi acquista. Capita però di essere contattati, soprattutto dall’estero, per progetti particolari. In queste occasioni possiamo apprezzare il modo con cui le persone considerano i nostri prodotti e conoscere le loro opinioni, trovando spesso un pubblico ben informato e dalle idee molto precise. La nostra ambizione per i prossimi anni è quella di continuare ad esprimerci in questo modo perchè il nostro messaggio sia sempre più chiaro e condiviso.

Questo mi pare un punto interessante. Il mondo del design italiano è straordinario però soffre un po’ di monadismo: è come se tutti fossero un po’ isolati nella loro ricerca pur dialogando con gli altri ma alla fine rimangono chiusi in loro stessi. Voi, invece, ricercate e auspicate una collaborazione e una trasversalità…

Cerchiamo da sempre rapporti di collaborazione in settori diversi dal nostro. Da anni lavoriamo per esempio nel campo dell’illuminazione con Davide Groppi. All’inizio è normale essere prudenti, ma alla fine si prova una grande soddisfazione quando si riesce ad entrare in sintonia, a condividere idee e a cogliere assieme quelle opportunità che aiutano a crescere e a desiderare di spingersi oltre i propri limiti.

Dal punto di vista della comunicazione, come vedete il rapporto con il pubblico, con il mondo esterno?

Abbiamo una rete strutturata di persone dedicate alla comunicazione con l’esterno da un punto di vista esclusivamente commerciale. Il pubblico e i rivenditori cercano spesso il contatto con l’azienda sulla base di un passaparola che interessa una certa fascia di utenza. Quello che è successo in questi anni a Paola Lenti è molto simile a quello che è successo in generale alle aziende di nicchia. Si è fatto un lavoro che ha intrecciato diversi aspetti della comunicazione, andando oltre le attività tradizionali di promozione del prodotto e che, ovviamente, ha portato a una complessità di confronti con le testate del settore. C’è stata dunque una crescita molto coerente e costante di riconoscibilità del marchio. Ad esempio, il nostro profilo Instagram, senza nessuna operazione di comunicazione o sponsorizzazione, ha registrato una crescita costante, il che sta a significare un grande interesse da parte del pubblico. Anche lo sviluppo della comunicazione segue il modello che sta alla base delle altre attività dell’azienda ed è coerente con le cose che produce e con il modo in cui le produce.

 

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 27 Settembre 2017