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Milena FarinaWritten by: Reviews

Le mille anime di una Roma che si scopre (anche) piccola

150 anni dopo Porta Pia, la capitale è un caleidoscopio complesso e sfaccettato che sei libri recenti aiutano a decifrare

 

A ridosso delle celebrazioni dei 150 anni dalla breccia di Porta Pia, diverse pubblicazioni – tutte del 2019 – compongono una serie di ritratti di Roma che vanno al di là della sua breve storia di capitale d’Italia. Se alcuni autori ripropongono un racconto suggestivo fondato sul mito di Roma, come città dalla storia straordinaria e fonte di lezioni dal carattere universale, altri ambiscono a una descrizione più oggettiva fondata sulla raccolta e l’interpretazione di dati o sulla mappatura delle esperienze più esemplificative per misurare i fenomeni in atto. Come un caleidoscopio, l’insieme di queste narrazioni genera molteplici immagini simultanee, restituendo l’idea di una metropoli dal carattere complesso e contraddittorio, più un mondo di realtà urbane diverse che un’unica città. A dispetto della quotidiana narrazione di capitale in declino ormai incapace di produrre modelli culturali di rilevanza sovralocale, da questa lettura si colgono i germi di un nuovo fermento, legato soprattutto alle tante realtà attive sul territorio, che però stentano a trovare rappresentazione in una dimensione pubblica più ampia di quella locale.

Il libro di Paolo Portoghesi Roma/amoR. Memoria, racconto, speranza (Marsilio, 2019, pp. 398 pagine, € 22) rappresenta soprattutto un viaggio autobiografico attraverso la città, testimonianza d’amore e allo stesso tempo constatazione di una decadenza apparentemente inarrestabile. Nel ritratto la città assume un volto diverso in relazione alle esperienze personali dell’autore: l’infanzia trascorsa nel centro storico tra il Pantheon e piazza Navona e la scoperta dello spazio romano, “quell’insieme di esistenze, di segni, di edifici, di strade, di piazze, di paesaggi che formano una misteriosa unità”; la scoperta del paesaggio della campagna e dei confini della città con gli aspetti contraddittori, degradati ma vitali, delle sue periferie; l’iscrizione alla Facoltà di Architettura e gli incontri con Piacentini, Fasolo, Quaroni, Ridolfi, Tafuri e Zevi, con cui ha condiviso la passione per Michelangelo e Borromini; la direzione della Biennale di Architettura di Venezia e della rivista “Controspazio” a Milano, che segnano anche nella narrazione l’allontanamento da Roma; il distacco definitivo dalla città eterna con il trasferimento a Calcata, in quel territorio del viterbese che per Portoghesi intrattiene con Roma una sorta di affinità geologica e conserva le caratteristiche del suo paesaggio originario, fatto di piccoli insediamenti arroccati sulle colline e valli scavate dall’acqua delle marane. Accanto alla narrazione autobiografica c’è il racconto di una Roma sognata attraverso i suoi progetti per la città, ampiamente illustrati nel libro con i disegni stessi dell’autore.

Curiosamente, il tema della dualità di Roma suggerita dal titolo del volume di Portoghesi si ritrova anche in Remoria. La città invertita (Minimum Fax, 2019, pp. 283, € 17) di Valerio Mattioli, autore di libri sulla musica e le varie forme di cultura pop. Remoria è la città di Remo, uscito sconfitto dallo scontro tra i due gemelli del mito fondativo a seguito di un atto di sopraffazione del fratello. Remoria rappresenta quindi la Roma alternativa alla città di Romolo, quella che non è mai stata ma permane come anima latente e rimossa, espressa in quel paesaggio periferico definito come “borgatasfera”. Non a caso Mattioli indica nella costruzione del Grande Raccordo Anulare il passaggio chiave che segna la nascita di Remoria, il nuovo atto di fondazione che contrappone la figura del cerchio alla Roma quadrata di Romolo. Ma il nuovo segno stavolta non costituisce un limite sacro e invalicabile, quanto piuttosto un elemento catalizzatore per una città che esplode e si sfrangia ribellandosi alla forma e all’ordine rappresentati dal suo nucleo storico. A partire da questa suggestione, riproposta nel libro con insistita enfasi e un po’ di retorica, l’autore segue le vicende della controcultura romana a partire dagli anni ’70, ricostruendo la metamorfosi delle periferie e dei suoi abitanti, ovvero quel sottoproletariato urbano rappresentato poeticamente da Pasolini che troviamo già deformato dalla tossicodipendenza nel primo film di Caligari e infine condensato nella figura del coatto di periferia. In questo viaggio tra centri sociali, rave, personaggi reali e presi dai fumetti, Mattioli delinea una mappa mentale della città (riportata anche graficamente all’inizio del libro) che prende forma soprattutto attraverso i luoghi più legati alla sua biografia, dalla periferia est a Ostia.

Il tema della dualità di Roma compare ancora una volta nel libro di Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana (Donzelli, 2019, pp. 206, € 22), che descrive la radicale polarizzazione tra le aree più centrali e la vastissima periferia urbana in relazione alle condizioni socioeconomiche dei suoi abitanti. Gli autori indagano le varie forme di discriminazione che derivano dall’appartenenza territoriale attraverso una sequenza di mappe, elaborate a partire dai dati di diverse fonti statistiche rispetto a vari indicatori tra cui livello d’istruzione, dimensione dei nuclei familiari, articolazione per fasce di età, tasso di natalità, presenza di stranieri, tasso di occupazione, valori immobiliari, offerta di servizi, efficienza dei trasporti pubblici. Queste letture territoriali costituiscono senz’altro il contributo più significativo del libro, che stenta invece a costruire una visione critica più profonda al di là dei dati, anche per una certa approssimazione nei riferimenti bibliografici. La lettura incrociata delle mappe evidenzia comunque la portata di alcuni fenomeni già noti, come l’espulsione dalle zone più centrali e dalla periferia storica delle giovani famiglie con figli, specie se in condizioni di precariato e sottoccupazione, ricostruendo uno scenario di disuguaglianze socio-spaziali che delinea sostanzialmente due città diverse e alternative.

Anche il libro del sociologo Domenico De Masi, Roma 2030. Il destino della Capitale nel prossimo futuro (Einaudi, 2019, pp. 434, € 20) è frutto di una ricerca, stavolta commissionata dalla Camera di Commercio di Roma, finalizzata a delineare l’evoluzione della città del prossimo decennio. Dopo una ricostruzione della storia urbana un po’ superficiale, il libro riporta i risultati di un’indagine che ha coinvolto undici esperti di diverse discipline su temi economici, amministrativi, urbanistici, infrastrutturali, sociali e culturali. Le considerazioni dei diversi interpellati sono state rielaborate con il metodo Delphi, arrivando a formulare su ogni questione una serie di previsioni condivise dalla maggioranza dei componenti del gruppo. Ne esce uno scenario in parte incoraggiante per la vitalità di alcune realtà locali, che non riusciranno però a contrastare il declino della città a meno che non vengano messi in atto importanti investimenti e riforme amministrative che rispondano a un’ambiziosa visione del suo futuro.

La fertilità delle esperienze spontanee promosse soprattutto dalle giovani generazioni è testimoniata dal libro curato da Marco Gissara, Maura Percoco ed Emilia Rosmini Città immaginate. Riuso e nuove forme dell’abitare (Manifestolibri, 2019, pp. 218, € 22). L’occupazione e l’autogestione di spazi del vasto patrimonio pubblico abbandonati o sottoutilizzati ha contribuito infatti alla formazione di un welfare informale volto a soddisfare le esigenze sociali e culturali che non trovano nella città una risposta adeguata. I giovani ricercatori della Sapienza che curano il volume formano insieme agli autori dei saggi un gruppo multidisciplinare di studiosi che, oltre a descrivere le realtà più interessanti della periferia romana, le collocano in una prospettiva internazionale riportando esperienze di altri contesti come Olanda o Brasile. Gli spazi sociali autogestiti, le abitazioni in auto-recupero, gli studentati e le altre pratiche di ri-appropriazione descritte, suggeriscono nuove possibilità di lavoro a favore di una città più aperta e solidale e rappresentano una sfida non solo per i politici, ma anche per architetti e urbanisti.

Seppur con un approccio diverso, anche il libro curato da Claudia Mattogno e Rita Romano Dalla casa al paesaggio. Edilizia residenziale pubblica e mutamenti dell’abitare a Roma (Gangemi, 2019, pp. 320, € 42) descrive l’evoluzione del vasto patrimonio della città pubblica che tanta parte ha avuto nella formazione della periferia storica romana. Il tema è messo in relazione con il territorio della campagna urbana, ovvero con quell’insieme di aree di margine che oggi possono essere utilizzate non più per operazioni di sfruttamento e consumo di suolo ma “come occasione di cura e come risorsa strategica per il riequilibrio dell’ecosistema”. I saggi esplorano questi spazi, il loro carattere e il loro potenziale, prendendo in considerazione il quadrante nord-est tra la Salaria e la Casilina all’interno del Grande Raccordo Anulare, una porzione di territorio in cui emerge con particolare evidenza la ricca commistione tra quartieri di edilizia pubblica e sistema ambientale che caratterizza il paesaggio urbano oltre la città consolidata. Lo studio mette in campo diversi strumenti di analisi: dalla descrizione dei programmi di riqualificazione e recupero urbano attivati nel territorio alle ricostruzioni storiche, dalle esplorazioni condotte sul territorio alla classificazione tipo-morfologica di edifici residenziali e spazi aperti. Si ordinano così i materiali raccolti nel corso degli anni – attraverso ricerche ed esperienze didattiche condotte dalle curatrici all’Università Sapienza – con un lavoro che confluisce nella proposta di strategie progettuali per la valorizzazione dei contesti esaminati.

 

Autore

  • Milena Farina

    Nata a Roma (1977), si laurea nel 2002 all’Università di Roma Tre, dove è Professoressa associata di Composizione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura. Nella sua attività di ricerca si occupa in special modo dello spazio dell’abitare nella città moderna e contemporanea. È autrice dei libri “Spazi e figure dell’abitare. Il progetto della residenza contemporanea in Olanda” (Quodlibet 2012), “Borgate romane. Storia e forma urbana” (Libria, 2017), Colonie estive su due mari. Rovine, progetto e restauro del moderno (GBE, 2021). Nel 2008 ha fondato con Mariella Annese lo studio Factory Architettura. Dal 2004 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”

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Last modified: 26 Ottobre 2020