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Written by: Città e Territorio Progetti

Pechino: così la Design Week cambia, in modo soft, il volto degli hutong

Pechino: così la Design Week cambia, in modo soft, il volto degli hutong

La Beijing Design Week come occasione per avviare pratiche di trasformazione, progressivamente più permanenti e rilevanti, degli spazi chiusi e intimi della città storica nel quartiere di Baitasi

 

PECHINO. Lo scorso 7 ottobre si è conclusa la decima edizione della Beijing Design Week che, con lo slogan “Design City, Smart City”, ha ruotato intorno al tema “Industrial Motivation”. Negli ultimi anni il quartiere di Baitasi (Xicheng district) riconosce nella Design Week il catalizzatore di sperimentazioni architettoniche all’interno di un tessuto urbano antico, minuto e carico di stratificazioni qual è quello degli hutong. Nel 2015 la Beijing Design Week è intervenuta per la prima volta a Baitasi, e lo ha fatto in modo visibilmente provocatorio: stabilendo occasioni di mescolanza tra i tradizionali usi dell’hutong e l’uso innovativo di alcuni spazi trasformati in occasione dell’evento, realizzando una costellazione di ambienti che paiono quasi un ossimoro rispetto al contesto. In quest’ottica è seguita, negli anni, una serie di tematizzazioni (“Baitasi Remade: Connection and Coexistence” nel 2015, “Baitasi Remade: The Future of Sharing Vs. Urban Making” nel 2016, “Baitasi Remade: Towards New Neighborhoods” nel 2017, “Baitasi Remade: Warming initiatives” nel 2018 e 2019), tese a sottolineare processi di cambiamento “morbidi” rispetto ai tradizionali processi top-down che spesso coinvolgono anche i quartieri antichi della città.

A quattro anni di distanza dal primo coinvolgimento del quartiere, quali sono stati gli esiti di queste iniziative? Sebbene occorra ricordare il carattere prettamente temporaneo delle azioni legate alla Design Week, è possibile osservare due principali modalità di trasformazione che implicano alcune permanenze.

Da un lato, si può rilevare una sorta di adattamento, molto versatile, degli spazi, a valle della chiusura delle rassegne. Esempio tra i tanti è il cortile numero 54 Dongjiadaao: trasformato nel 2017 in un frammento di “mare” all’interno degli hutong (“One Day at The Sea”, progetto di studio reMIX), nell’edizione 2019 si è prestato ad accogliere le memorie della cultura Xuannan. Altro esempio è il cortile numero 50 Fusujing, che nel 2017 aveva ospitato una sperimentazione architettonica sulla casa minima (“Maximize the Minumum, courtyard and kaijian infills for better living”) e nel 2018 è stato trasformato in “Point hutong-Assembly house”: una superficie di 30 mq per configurare diverse soluzioni abitative attraverso arredi variamente componibili.

Una seconda modalità di trasformazione degli spazi implica maggiori permanenze. È il caso del cortile numero 429 Zhaodengyu, scelto come progetto pilota per attivare processi d’integrazione tra le corti private degli hutong e lo spazio collettivo. Nel 2016 il cortile ospita il progetto “Baita Cinema” (BaO architects) per poi trasformarsi nel 2018, con piccoli stratagemmi spaziali, in un presidio pubblico permanente con l’obiettivo di scardinare il tradizionale uso privato del cortile, originariamente pensato quale spazio dell’intimità e degli scambi familiari. Sulla scia di questa tendenza, è il progetto realizzato nel cortile numero 72 Dongjiadao, utilizzato nel 2017 per l’esposizione “Anonymous beauty 1907-2017 Exhibition craftsman and design over the past 110 years” ed affidato nel 2018 allo studio Urbanus per l’allestimento di “Two-in-one courtyard, Exhibition Center for the Baita Temple Area Urban Renewal”, uno spazio espositivo permanente che modifica la propria permeabilità al variare delle necessità.

In sintesi, le occasioni create dalla Beijing Design Week sono state motore, all’interno del tessuto storico consolidato, di nuove pratiche che hanno rivitalizzato spazi e avviato trasformazioni progressivamente più permanenti e importanti. In che misura, e secondo quali modalità, il mercato sfrutterà tali iniziative, entro un processo molto praticato anche in occidente di valorizzazione dei suoli attraverso la promozione di manifestazioni ed usi creativi, è quanto di più interessante, e problematico, possiamo oggi osservare rispetto alla trasformazione degli hutong di Pechino.

 

Immagine di copertina: fonte chinadaily.com

Autore

  • Nata a Torino, consegue nel 2019 la laurea magistrale in “Architettura Costruzione Città” presso il Politecnico di Torino, nell’ambito del programma di doppia laurea stipulato con la Tsinghua University di Pechino. Attualmente, Dottoranda in Architettura, Storia e Progetto presso il Politecnico di Torino e parte del programma congiunto “Transnational Architectural Models in a Globalized World” tra il Politecnico di Torino e la Tsinghua University. La sua ricerca si concentra sulle pratiche e progetti di Rivitalizzazione Rurale nella Cina contemporanea, con un interesse specifico per il coinvolgimento di professionisti e istituzioni accademiche in questi processi. Vive tra l’Italia e la Cina dove negli ultimi anni ha trascorso periodi di ricerca presso la School of Architecture della Tsinghua University di Pechino. Dal 2019, è attivamente impegnata in attività di ricerca del gruppo di ricerca China Room presso il Politecnico di Torino.

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Last modified: 21 Novembre 2019