Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Valentina Orioli, assessora comunale all’urbanistica, edilizia privata, ambiente, tutela e riqualificazione della città storica, al nostro “Ritratto di città” su Bologna
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Leggi il Ritratto di città: Bologna la grassa al banchetto dell’urbanistica
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Nel dibattito urbanistico il riferimento alla “stagione dei progetti urbani” richiama un periodo e una prassi di gestione del territorio che hanno visto nel “progetto” la soluzione dei problemi generati dal “piano”, considerato inefficace e quindi destinato al superamento.
Questa prospettiva ha sempre interessato in modo marginale l’urbanistica bolognese, la cui storia è al contrario una storia di pianificazione: nella quale, cioè, l’amministrazione pubblica non ha mai rinunciato alla propria prerogativa di governare il territorio attraverso la predisposizione e l’aggiornamento in continuo dei propri strumenti urbanistici. Tutti i progetti descritti nell’articolo “Ritratti di città. Bologna la grassa al banchetto dell’urbanistica” sono infatti il prodotto di scelte di pianificazione compiute all’interno degli strumenti urbanistici comunali di carattere generale: il PRG 1985 approvato nel 1989, e il Piano Strutturale Comunale (PSC) approvato nel 2008 ed ancora oggi vigente.
I problemi legati alla loro realizzazione dunque, non stanno certamente nel rapporto fra piano e progetto, quanto piuttosto fra progetto (sviluppato come coerente attuazione del piano) e mercato: la crisi economica di questi ultimi anni ha in effetti colpito Bologna come molte altre città italiane, lasciando pesanti tracce sull’attuazione dei piani urbanistici.
In questo contesto, accompagnare con l’azione pubblica le trasformazioni urbane che hanno subito pesanti battute d’arresto è stata ed è una precisa priorità politica del Comune di Bologna; una priorità che abbiamo affrontato con costanza, mettendo a punto strategie anche inedite, volte ad offrire migliori condizioni di abitabilità ai cittadini già residenti nei comparti in crisi. La scelta che abbiamo compiuto è stata di mettere al centro l’azione pubblica, sia che si trattasse di anticipare risorse e tempi per la costruzione delle attrezzature e infrastrutture previste, come all’ex Mercato Navile, sia che essa si concretizzasse nell’accompagnamento quasi quotidiano e nella facilitazione del lavoro degli attuatori, come al Lazzaretto, che ha visto a questo scopo l’approvazione di una variante urbanistica al piano originario nello scorso mese di dicembre.
A scanso di ogni possibile equivoco, ci preme sottolineare inoltre che in questo e nel precedente mandato amministrativo il Comune di Bologna ha scelto di non dare corso a previsioni di urbanizzazione di terreni agricoli. Le politiche urbanistiche intraprese nell’ultimo decennio rispondono infatti alla visione di una città capace di crescere su se stessa, su territori già urbani, talvolta abbandonati o sotto utilizzati, che hanno bisogno di essere bonificati, trasformati in modo temporaneo o permanente, incrementando e migliorando la qualità delle dotazioni ecologiche e ambientali, ampliando l’offerta di servizi e anche di alloggi.
Questa scelta è supportata sia dalla regolamentazione degli interventi diretti attraverso il Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE) che da tre Piani Operativi Comunali (POC) tematici, dedicati rispettivamente a Qualificazione urbana diffusa (2015), Rigenerazione di patrimoni pubblici e Attrezzature e industrie insalubri (questi ultimi approvati nel 2016).
L’area dei Prati di Caprara è la più estesa fra quelle disciplinate dai POC tematici, e la sua trasformazione attorno ad un parco urbano di almeno 20 ettari è uno degli obiettivi principali del Piano Strutturale Comunale. L’inizio della sua attuazione, per ora limitato alla costruzione di una scuola, rappresenta il punto di arrivo di un lungo e complesso processo di co-pianificazione fra Stato e Comune, avviato con un protocollo siglato nel 2007 e che riguarda 19 aree militari dismesse in città.
Dal 2007 in poi, al contrario, il Comune ha costruito le condizioni per poter ragionare davvero sul ruolo di questa e altre aree ex militari (ed anche ex ferroviarie) nel futuro di Bologna. Gli esiti di questo lavoro sono stati recepiti nel Piano Strutturale Comunale ed inseriti nel dibattito pubblico sull’approvazione del piano, per poi confluire nella disciplina del POC Rigenerazione di patrimoni pubblici.
L’area dei Prati di Caprara oggi è ricoperta di vegetazione, ed è del tutto comprensibile che l’abbattimento di alberi in corso nel lotto destinato alla nuova scuola provochi l’attenzione e la preoccupazione dei cittadini. Bisogna dire però che si tratta di vegetazione spontanea cresciuta in tempi recenti, infatti nel 2005 erano ancora presenti 20 fabbricati ai Prati di Caprara Est e il terreno è urbanizzato, con fognature e impianti di illuminazione pubblica che generano un certo effetto di straniamento per via della vegetazione che oggi li ricopre.
Secondo le poche informazioni a nostra disposizione, sappiamo che l’area è stata oggetto di scavi e rinterri nel dopoguerra. L’attuale vegetazione, cresciuta su un suolo di riporto, rende difficile valutare la natura del terreno sottostante. Se dunque un invito alla prudenza ci sembra d’obbligo nel parlare di “rinascita ecologico-ambientale”, la questione della bonifica, sia bellica che ambientale, è uno dei nodi da affrontare nella prospettiva di una autentica futura rinascita.
Infine, ma non meno importante, la questione del legame fra l’attuazione urbanistica dei Prati di Caprara e il restyling dello stadio Dall’Ara.
I diritti edificatori e le condizioni di trasformabilità dei Prati di Caprara sono conformati dal POC approvato il 7 marzo 2016. Alla valorizzazione dell’area ha fatto seguito il conferimento da parte dell’Agenzia del Demanio ad Invimit, società di gestione del risparmio del Ministero delle Finanze, che ha il compito di completare la valorizzazione. Questa operazione quindi precede di gran lunga la ristrutturazione dello stadio, un intervento che il Consiglio Comunale con un ordine del giorno votato all’unanimità ha preferito alla costruzione di un impianto nuovo, anche alla luce del suo valore monumentale e identitario.
L’amministrazione ha più volte ribadito che le risorse per la ristrutturazione dello stadio Dall’Ara, che è e resterà di proprietà del Comune, devono essere reperite con progetti che interessino le aree già pianificate della città. Quindi entro un quadro di regole e valori già definiti. Esattamente l’opposto del concetto di “compensazione”.
Occorre dire che ad oggi nessuna proposta di intervento che comporti la ristrutturazione dello stadio, collegandone l’attuazione ad altre aree di trasformazione urbana, è mai arrivata ai tavoli dell’Amministrazione, che non ha potuto valutare né gli aspetti urbanistici, né gli aspetti ambientali e infrastrutturali, né quelli economici e finanziari dell’operazione.
Possiamo chiudere chiedendoci dunque quale Bologna stia ingrassando al banchetto dell’urbanistica? Ci sembra di avere descritto un banchetto assai magro, costellato di operazioni interrotte e di progetti di valorizzazione lunghi e complessi.
Pur consapevoli delle difficoltà della rigenerazione urbana, pensiamo che questa sia la strada da intraprendere per costruire un diverso futuro della città, tenendo insieme esigenze di miglioramento della qualità ambientale ma anche di trasformazione di un contesto urbano che è assai dinamico sebbene non in forte crescita demografica.
Sarebbe molto più facile ricominciare a costruire fuori dalla città, dove una classica antica rendita fondiaria su aree agricole da non bonificare non infastidisce nessun abitante, nessun comitato. Nelle aree agricole, come si dice a Bologna, “c’è grasso che cola”.
E allora sì, buon appetito a chi partecipa al banchetto!
In copertina: Bologna, Prati di Caprara (foto aerea con la copertura boscata – prima dell’inizio delle operazioni di abbattimento della vegetazione)
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Last modified: 6 Giugno 2018