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Marco RagoneseWritten by: Città e Territorio

Trieste, o delle occasioni perse

Trieste, o delle occasioni perse

Nei luoghi chiave del capoluogo giuliano, a giudicare dalle procedure di presentazione dei progetti, senza alcuna procedura concorsuale, la trasformazione della città resta un affare privato

 

TRIESTE. La pratica concorsuale, si sa, in Italia non ha avuto mai vita facile. Intenzioni poco chiare tradotte in bandi spesso ambigui, giurie non sempre trasparenti, esiti discutibili e di difficile realizzazione hanno nel tempo fornito alibi alle amministrazioni e ai privati affinché rinunciassero a tale – in altri paesi virtuosa – pratica. Però soprattutto nei casi in cui si tratta della trasformazione di una porzione importante del tessuto urbano, la procedura concorsuale è da considerarsi indispensabile perché non solo permette di avere un ampio ventaglio di proposte da cui attingere ma anche perché attiva dei processi di consapevolezza in quella cittadinanza che poi dovrà fruire e vivere la città. Teoricamente, avviare un concorso può voler dire regalarsi un’opportunità. Esattamente quello che non sta accadendo a Trieste per due importanti edifici come la stazione ferroviaria di Campo Marzio (nella foto di copertina © creative commons – Klaus Foehle) e il silos ferroviario di piazza Libertà.

 

La stazione ferroviaria di Campo Marzio

Posta sull’estremo sud orientale delle Rive, all’inizio del ‘900 costituiva il capolinea della Jesenice-Trieste, ovvero la linea che collegava la città adriatica con l’entroterra sloveno dell’impero asburgico. Dismesso negli anni sessanta il collegamento che connetteva lo scalo sulle Rive con la stazione centrale, negli anni ottanta la stazione diventava sede del museo ferroviario, pensato e gestito da volontari del Dopolavoro delle FS. Nel tempo la collezione di cimeli, diorami e vetture cresce con la stessa velocità con cui, nonostante gli sforzi eroici dei volontari, l’edificio si degrada. Dopo ripetuti appelli per il recupero, nel luglio 2017 il ministro dei Beni culturali Franceschini annuncia di aver firmato un Protocollo d’intesa – con la presidente della Regione Serracchiani, il sindaco di Trieste Di Piazza, il presidente della Fondazione FS Moretti, l’AD delle Ferrovie Mazzoncini – che prevede il finanziamento di 4 milioni per il restauro e riqualificazione della stazione. E il progetto? Nessuno lo ha visto, non c’è traccia di un bando di concorso.

Eppure, stiamo parlando di un’area strategica per la città in cui la stazione farà il paio con la riconversione dell’ex mercato ortofrutticolo e di tutta l’area della lanterna da anni oggetto di studi e progetti. Il quotidiano locale, sempre generoso con immagini e render, non pubblica nulla e l’unica indiscrezione – pescando dalla memoria visiva – è l’intervista rilasciata a un telegiornale regionale da una funzionaria delle FS in cui si diceva che verrà potenziato il layout dell’edificio…

 

Il silos ferroviario

Analoga sorte, questa volta per mano di privati, tocca al fabbricato sul margine esattamente opposto alla stazione di Campo Marzio. Il progetto di trasformazione in grande contenitore commerciale lanciato nel 2003 si è arenato, lasciando l’enorme edificio ottocentesco – parzialmente convertito in autostazione a cavallo tra gli anni ottanta e novanta con un progetto di Luciano Semerani e Gigetta Tamaro – agli immigrati che cercano riparo dal freddo invernale. Tanti render pubblicati sul quotidiano locale, ma nulla più. E la società Silos spa non sembra intenzionata a riaprire i termini di un progetto che, probabilmente, nascerà (se nascerà) già vecchio.

 

Il porto vecchio

Senza considerare la celeberrima area per la quale si sono accatastati negli anni i progetti di recupero di Stefano Boeri, Norman Foster e altri, in cui si svolgeranno le conferenze organizzate in occasione di Trieste Capitale della Scienza 2020. È di pochi giorni fa la pubblicazione (sempre sul quotidiano locale) di alcuni render con cui viene presentato il nuovo centro congressi, un grande parallelepipedo sicuramente funzionale ma nulla di più.

 

Insomma, dopo la grande stagione concorsuale d’inizio XXI secolo – su tutti quello che vide vincitore il progetto vincitore di Franco Zagari per l’intero sistema delle rive – e l’ultimo concorso per piazza Sant’Antonio – di carattere spiccatamente elettorale tanto che il cronoprogramma era vincolato all’inizio dei comizi – a Trieste si è deciso che la trasformazione della città dovrà rimanere un affare privato, a cui la cittadinanza sarà cordialmente invitata a cose fatte.

Autore

  • Marco Ragonese

    Nato nel 1974 a Palermo, si laurea in architettura e consegue un dottorato di ricerca presso l'Università di Trieste. Svolge attività professionale e di ricerca tra la Sicilia e il Friuli Venezia Giulia. Dal 2008 ha insegnato progettazione architettonica presso le università di Trieste, Milano e Udine, e presso lo IUSVE di Venezia. Dal 2005 ha fondato CFCstudio, conseguendo premi e menzioni in numerosi concorsi di progettazione. È consigliere dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Trieste.

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Last modified: 6 Marzo 2018