Incontro con uno dei fondatori di Urban Future Organization che, grazie a una rete internazionale di collaboratori, festeggia i vent’anni di attività tra radicamento territoriale e globalizzazione
Le distanze non contano, o almeno non nella stessa misura del secolo scorso. Per questo fare rete è una delle strade percorse anche dagli architetti che hanno iniziato ad affacciarsi nel mondo della professione sul crinale del secolo breve. Urban Future Organization è un gruppo di progettazione internazionale che muove i suoi primi passi tra Londra e Messina nel 1996 e che da poco ha celebrato ufficialmente il suo secondo decennio di attività. Oggi UFO può contare sedi in 14 diversi paesi del mondo che svolgono attività sia autonoma che associata. Nel 1999 la prima importante competizione internazionale vinta dal gruppo, per la National Concert Hall di Sarajevo nella città che ancora portava i segni del conflitto balcanico. Con lo studio per l’ex Cartiera di Amalfi, il gruppo riceve l’European Holcim Award (Ginevra, 2005) e la medaglia d’argento al Global Holcim Award (Bangkok, 2006) per l’architettura sostenibile.
Abbiamo incontrato Claudio Lucchesi, tra i soci fondatori di UFO, Global CEO del gruppo e direttore di UFO Italia che ha sede a Pace del Mela, una piccola città in provincia di Messina, al centro di una delle aree produttive più estese della Sicilia tirrenica. La posizione alla periferia del grande impero mediatico, dei centri decisionali e delle grandi università, più che un limite operativo è uno stimolo per un’incessante ricerca tecnica e teorica, in cui la rete non ha fatto altro che confermare un’intuizione già messa in pratica da alcuni studenti dell’Architectural Association nello scorcio degli anni ‘90.
UFO si costituisce a Londra nel 1996 come agenzia di architettura con sedi in diversi paesi del Mondo. Come e quando è venuta l’idea di costruire una rete di progettisti?
Il vulcanico critico americano Jeff Kipnis, durante il nostro corso post-laurea all’Architectural Association, ci ha stimolati a lavorare in gruppo. Lo aveva già fatto con gli studenti che ci avevano preceduto e che avevano tentato di lavorare in rete fondando O.C.E.A.N.. L’esperimento di O.C.E.A.N. come network durò pochi mesi e poi siamo arrivati noi, quasi per gioco, aprendo gli studi di Londra e Messina. Oggi abbiamo 14 studi sparsi nel mondo.
Dopo la nascita di UFO, Lei ha deciso di tornare in Sicilia, in una piccola realtà urbana e fondare la sede italiana del gruppo. Da cosa deriva questa scelta apparentemente controtendenza con il progressivo svuotamento delle città del Sud?
Potenzialmente la Sicilia può offrire tanto. Sono fortemente legato a quest’isola e penso che nonostante le difficoltà, non sia giusto scappare, altrimenti qui non succederà mai niente. Ecco spiegato il motivo per cui ho deciso di fare esperienza all’estero, di continuare ad arricchire la mia conoscenza viaggiando, ma di tornare e aprire lo studio italiano di UFO in Sicilia. Viaggiare per lavoro era una delle cose che desideravo ma, finito il lavoro, non vedo l’ora di tornare.
Le consuete classifiche sulla vivibilità delle città italiane relegano ormai da anni i capoluoghi meridionali agli ultimi posti. Dal vostro punto di osservazione di progettisti con un orizzonte professionale internazionale come appaiono le città del Sud Italia? Il progetto di architettura può invertire questa tendenza?
Pochi progetti, scelti in modo serio e oculato, possono cambiare la qualità della vita di tante città del Sud. Penso ad un progetto di riqualificazione del lungomare di Milazzo con nuovi servizi per il turismo, donato alla città nel 2010 ma rimasto ancora sulla carta; penso a Messina dove abbiamo vinto il concorso per il waterfront e un centro polifunzionale che consegneremo a giorni. Il progetto è pensato per restituire il mare alla città, non è pensabile che Messina, una città sullo Stretto, non abbia sbocchi verso il mare. Data l’importanza di tale intervento, destinato a migliorare le dotazioni territoriali, l’immagine urbana e recuperare l’identità smarrita di una grande città/porto, in fase di gara abbiamo messo insieme una squadra di professionisti di altissimo livello: FM Ingegneria, Benedetto Camerana, Erika Skabar, Idrotec.
Uno dei fattori caratterizzanti i fondatori del gruppo è quello di aver perfezionato la loro formazione nella capitale britannica. È possibile individuare una traccia che unifica il vostro modo di operare?
Ho scelto l’Architectural Association perché statisticamente gli architetti più in evidenza nel panorama mondiale si sono formati in questa scuola londinese, basti pensare a Rem Koolhass e Zaha Hadid. Lavorare in gruppo è semplice quando si è passati attraverso la stessa formazione. Lavoriamo come una squadra molto affiatata in un clima di grande armonia.
Come nasce un progetto di UFO? Si parte da un’idea condivisa o i contenuti sono sviluppati dalla singola sede?
I progetti UFO nascono sempre da un’idea condivisa. Discutiamo del progetto e dopo un tempo brevissimo condividiamo le idee e scegliamo quella che ci convince di più, chi l’ha ideata diventa automaticamente il leader che tutti seguiranno. Già nel 1995, considerando la distanza che ci separava quando eravamo lontani da Londra, sperimentavamo le prime rudimentali tecnologie concesse dal web per poter dialogare a distanza in modo istantaneo. Oggi è diventato normale incontrarci tutti in videoconferenza, disegnare o modificare gli schizzi progettuali dei colleghi anche se in un altro continente.
Come è cambiato il vostro modo di operare in questi vostri primi venti anni di attività?
UFO è un’organizzazione in continuo cambiamento. L’idea di essere un insieme non è mai cambiata ma, proprio per questa ragione, tutti i nostri propositi si sono evoluti con le tecniche emergenti, i materiali e le tecnologie, le ibridazioni nelle tipologie, le conseguenze nell’ambiente, la forma e gli effetti architettonici. I nostri interessi sono sempre molto diversi e influenzati dai continui aggiornamenti che ogni membro dell’organizzazione porta con sé da ogni parte del mondo. Le nostre proposte progettuali cercano sempre di rivolgersi alle differenze locali. Il nostro, infatti, è un approccio sempre critico e di sfida verso il pensiero corrente e verso l’attività professionale, inclusa la nostra. Siamo in continua evoluzione.
Ammettiamo che esista il migliore dei mondi possibili: per perseguire la qualità del progetto è meglio avere un committente privato illuminato o un’amministrazione pubblica efficiente?
Con due clienti privati abbiamo realizzato una casa e un ufficio direzionale: entrambi sono stati candidati al Premio Mies van der Rohe – si tratta di Casa Nicola (2002-2006) a Valdina (Me) che, come ha scritto Francesca Oddo, dalle prime pendici dei Monti Peloritani si proietta verso “(…) uno degli scenari più struggenti e affascinanti della Sicilia”, e della Simone Gatto (2004), storica azienda che produce succhi di agrumi, i cui uffici interrompono la sequenza astratta degli anonimi capannoni tra i quali sorge [n.d.a.]. Questo significa che quando trovi clienti illuminati che ti ripongono la loro fiducia la qualità architettonica può raggiungere buoni livelli. Quindi, rispondo senza dubbio committente privato.
Con quali committenze lavora prevalentemente la sede italiana di UFO?
Lavoriamo in particolare con i privati; i lavori pubblici sono sempre arrivati come conseguenza di concorsi che sono sempre pochi e molto spesso organizzati male.
È ancora possibile fare l’architetto nel nostro Paese, considerando la carenza di concorsi di progettazione e un apparato normativo eccessivamente vincolante?
È veramente complesso il nostro scenario. Riusciamo a continuare a fare ricerca grazie a lavori che seguiamo all’estero.
Quali progetti svilupperete nel prossimo futuro?
Come ho già detto, a breve consegneremo il progetto per un nuovo Centro polifunzionale a Messina e nella stessa provincia ristruttureremo il santuario Ecce Homo di Calvaruso a Villafranca Tirrena; fuori dall’Italia stiamo lavorando ad un masterplan per una ecofarm per produzioni agricole biologiche con centro wellness in Cina e contiamo di attivare dei progetti per l’Isola di Malta.
Chi è Claudio Lucchesi
Nato a Pace del Mela (Messina, 1966) si laurea nel 1995 presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Dopo una prima esperienza lavorativa in Sicilia, frequenta un corso post laurea di progettazione architettonica AAGDG all’Architectural Association di Londra. Nel 1996, insieme a Andrew Yau (Hong Kong), Denis Balent (Slovacchia) e Jonas Lundberg (Svezia), fonda lo studio Urban Future Organization, tornando poi in Sicilia per aprire la sede italiana del gruppo. Tra gli altri progetti e riconoscimenti si possono citare il Museo di arte contemporanea di Castelmola (Messina), la ricostruzione della stazione turistica “Etna Nord”, il progetto “Hope House”, una casa per l’Indonesia dopo lo tsunami del 2004. Il gruppo nel 2014 riceve, a Sarajevo, il premio “Freedom” e il premio assegnato da IN-ARCH e ANCE Sicilia con il progetto “Lemon Factory” per gli uffici direzionali Simone Gatto a San Pier Niceto (Messina).
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