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Eleonora Usseglio PrinsiWritten by: Design Progetti

Londra: sotto il paraboloide, la nuova sede del Design Museum

Londra: sotto il paraboloide, la nuova sede del Design Museum

Finanziato da 83 milioni di sterline di fondi completamente privati, si sviluppa su 10.000 mq allestiti da John Pawson all’interno dell’ex Commonwealth Institute, restaurato da OMA come parte del progetto immobiliare Holland Green

 

LONDRA. Dopo 27 anni, il Design Museum lascia la storica sede sulle rive del Tamigi che, a lato del London Bridge, è destinata a ospitare l’archivio di Zaha Hadid Architects. La nuova sede occupa una delle icone del modernismo britannico del secondo dopoguerra, l’ex Commonwealth Institute a South Kensington, costruito nel 1962 su progetto dello studio RMJM e caratterizzato da una copertura di rame a foggia paraboloide. Il progetto degli interni è firmato dell’architetto inglese John Pawson affiancato da OMA, Allies & Morrison e Arup, responsabili del restauro della copertura dell’edificio e della facciata.

Seppur triplichi lo spazio a disposizione del Design Museum (che ora conta ben 10.000 mq tra spazi espositivi, educativi e per l’archivio), anche questo intervento non si sottrae alle spietate dinamiche del mercato immobiliare londinese, come raccontato dal partner di OMA Reinier De Graaf in una recente intervista rilasciata al nostro Giornale. Il Design Museum è infatti il fiore all’occhiello di un nuovo lussuosissimo complesso residenziale firmato OMA, Holland Green.

A seguito della chiusura del Commonwealth Institute, nel 2007 la sue sede londinese è stata acquisita dall’immobiliare Chelsfield, responsabile dello sviluppo del complesso residenziale sorto attorno. Essendo protetta da vincolo storico, la struttura è stata destinata dalla circoscrizione di Kensington a funzioni di carattere culturale, trasformandosi così in un’eccezionale occasione per Deyan Sudjic, direttore del museo, e in un investimento lungimirante e fortunato per Chelsfield: a fronte dei 20 milioni di sterline e l’affitto gratuito per i prossimi 300 anni, l’impresa immobiliare ha infatti visto lievitare i prezzi a 4.500 sterline al metro quadro.

Il Design Museum, completamente finanziato da privati, ne esce comunque vincente. Il costo complessivo del progetto è di 83 milioni di sterline e vede tra i suoi finanziatori la National Lottery e la Swarosky Foundation.

 

Gli interni

Entrando nel museo, si percepiscono un senso di tranquillità e un’atmosfera ovattata, frutto delle performance acustiche del rivestimento in legno di quercia impiegato nella maggior parte degli spazi. Gli ampi gradini della scalinata centrale di accesso al piano superiore riescono anche a diventare un’area relax in cui sedersi e apprezzare la maestosa copertura.

Lo spazio espositivo si articola in tre ambienti: quello progettato dallo Studio Myerscough, che ospita al secondo piano la collezione permanente, mentre al piano terra e al piano inferiore due ambienti sono in grado di accogliere contemporaneamente fino a sette esposizioni temporanee all’anno.

 

Le esposizioni

“Designer, Maker, User” curata da Alex Newson

, raccoglie oltre mille pezzi della collezione del museo. Introduce la mostra un muro che raccoglie oltre 200 oggetti selezionati da persone provenienti da oltre 25 paesi e vuole evidenziare come il ruolo del design influenzi la nostra quotidianità, talvolta anche in modo del tutto impercettibile.

Gli spazi dedicati alle esposizioni temporanee ospitano il programma annuale “Design in Residence” e “Designs of the Year”, e celebrano innovazione, nuovi talenti e progetti all’avanguardia nell’ambito dell’architettura e del design internazionali.

Per la rassegna inaugurale è stato chiamato il critico d’architettura e vincitore della Biennale di Venezia del 2012 Justin McGuirk, che apre la stagione con la mostra “Fear & Love – reactions to a complex world”: undici installazioni realizzate da alcuni dei più importanti architetti di fama internazionale, tra cui OMA, Hussein Chalayan, Madeline Gannone e Neri Oxman.

Il piano inferiore ospita il Bakala Auditorium (200 posti), che completa il piano interrato permettendo al museo di espandere il suo programma, anche in orario serale.

 

I commenti

Come scrive il critico Rowan Moore dalle pagine dell’Observer: “Il risultato sarebbe stato migliore se OMA avesse disegnato il museo e Pawson i lussuosi appartamenti”.

Inevitabile il confronto con le principali istituzioni museali inaugurate negli ultimi anni: dal parigino Palais de Tokyo di Lacaton & Vassal al moscovita Garage Museum disegnato proprio da OMA, in cui il carattere “ruvido” della struttura diventa firma distintiva dell’intervento di recupero. Mentre il Design Museum di Pawson ricorda più le raffinate finiture e le linee nette della nuova Gagosian Gallery di Caruso St. John nel Westend.

Questo progetto è importante non solo per il museo, ma per l’investimento nel futuro creativo che esso rappresenta”, racconta Sudjic. “Il museo guarda a un design senza confini, di portata internazionale e come strumento fondamentale per la comprensione del mondo che ci circonda”.

 

Il cantiere

Immancabile, per ogni architetto in visita, l’esposizione del reportage realizzato dal fotografo di moda Koto Bolofo, che svela i cinque anni di cantiere nei suoi momenti più salienti e le avanzate tecniche ingegneristiche utilizzate per salvaguardare la copertura durante i lavori di ristrutturazione.

I pavimenti originari sono stati rimossi: un processo che ha comportato l’impiego di un supporto temporaneo per la copertura con una struttura in acciaio a 20 metri dal suolo. La facciata originale è stata sostituita da una pelle con doppi vetri, migliorando in modo significativo l’isolamento e permettendo l’ingresso della luce diurna. Il vetro esterno riproduce lo stesso effetto e colore blu della facciata originale dell’edificio, coordinata con i montanti e un modello sinterizzato di punti stampati, mentre l’interno con punti stampati neri mantiene la connessione con l’esterno regalando bucolici scorci su Holland Park.

 

Immagine di copertina: © Gravity Road

Autore

  • Eleonora Usseglio Prinsi

    Nata a Torino nel 1986, vive a Londra. Laureata presso il Politecnico di Torino in Architettura e costruzioni con una tesi dedicata alla ricostruzione post tsunami della costa cilena, ha trascorso due anni all'estero studiando tra Madrid e Santiago del Cile. Inizia la sua esperienza editoriale nelle redazioni di «The Architectural Review» e «Port Magazine» a Londra, diventando parte, nel 2013, della redazione di Archiportale e Archilovers. Attualmente è impegnata come corrispondente britannico e communication manager presso lo studio londinese Acme

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Last modified: 22 Novembre 2016