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Karel DeckersWritten by: Patrimonio Progetti

Zaha Hadid, fronte del porto ad Anversa

Zaha Hadid, fronte del porto ad Anversa

Svettante su una piazza a lei intitolata, la nuova sede dell’Autorità portuale di Anversa giustappone a un’ex stazione dei pompieri neorinascimentale uno sfaccettato volume in vetro e acciaio che dialoga con la preesistenza e la città

 

ANVERSA (BELGIO). Cosa direbbe Zaha Hadid riguardo al nuovo “Havenhuis” (Casa portuale), uno dei suoi ultimi progetti ed elemento emblematico dello skyline urbano? Senza ombra di dubbio sarebbe rallegrata nello scoprire che, in segno di apprezzamento e commemorazione per la scomparsa ancora recente, la piazza antistante l’edificio porti adesso il suo nome.

Strategicamente situato all’incrocio fra il porto e il centro città, il progetto provocatoriamente si “sovrappone” (o, si dovrebbe piuttosto dire, “protegge”) a un’ex stazione dei pompieri progettata da Van Mechelen negli anni venti del Novecento, posta sotto tutela. In ogni caso, il nuovo progetto si realizza al di sopra di un edificio neorinascimentale fiammingo divenuto nel tempo troppo piccolo e datato, realizzando un insieme che oggi è il nuovo quartiere generale dell’Autorità portuale, entità autonoma che gestisce gli interessi marittimi di Anversa.

Il complesso dialogo che s’instaura tra i due edifici produce un risultato interessante sia in termini di patrimonio storico che di architettura d’interni e d’ingegneria, ma anche in materia di concorsi di architettura.

L’architettura di Zaha Hadid Architects (ZHA) parla da sola, molto più di qualsiasi parola. L’edificio evoca la fiera narrazione di una dinamica città portuale gestita da una ricca Autorità marittima. Anversa ha anche tutte le potenzialità per diventare un landmark a livello mondiale presentando al contempo una forte unione fra il porto e la città.

Come ci si poteva aspettare da Hadid e dal suo studio, il volume sfaccettato in vetro e acciaio dialoga in modo intelligente sia con l’esistente sia con i futuri sviluppi urbani. La sua superficie rugosa, ad esempio, è progettata per essere anche barriera a protezione dei rumori provenienti dall’antistante autostrada.

Le fasi preliminari alla realizzazione di questa impresa architettonica sono state esemplari. La stesura del bando di concorso è stata supervisionata da Marcel Smeets: “Vlaams Bouwmeester” (“Architetto dello Stato Fiammingo”) dal 2005 al 2010, coordinava la piattaforma “Open Oproep” (“open call”), che offre la possibilità a studi di architettura di partecipare a concorsi sulla base del loro curriculum. ZHA gareggiò con successo imponendosi su studi come Rapp+Rapp e Xaveer De Geyter. Il suo progetto iniziale prevedeva il rinnovo delle preesistenze, un parcheggio e un nuovo edificio per uffici di 12.800 mq per 500 persone, che avrebbe permesso di riunire sotto lo stesso tetto le diverse direzioni dell’Autorità portuale.

Anche il progetto strutturale è stato uno sforzo spettacolare. Impostato dall’ingegnere belga Guy Mouton, si basa sulla realizzazione di due pilastri di cemento giganti che sostengono tutta la nuova costruzione. In cima, una complessa struttura metallica prefabbricata composta di travi reticolari è stata saldata e assemblata sul posto. In modo ingegnoso, tutto il nuovo non tocca quasi da nessuna parte il vecchio, lo sovrasta. L’unico punto d’incontro è un pozzo di vetro di connessione che attraversa la torre della vecchia stazione dei pompieri e proietta i visitatori nel ventre dell’edificio.

L’aspetto più interessante di Havenhuis è stato però l’approccio al monumento, gestito da Origin Architecture & Engineering. Relazionandosi alla preesistenza, l’edificio di ZHA non è un’entità separata: dalla preservazione dei tipici corridoi interni ai dettagli, ma anche con il mantenimento delle torri in cui venivano asciugati i tubi flessibili dell’acqua, molte parti del vecchio edificio neorinascimentale sono state salvaguardate, rendendo più facile l’approvazione della proposta da parte della molto critica commissione di revisione dei progetti sul patrimonio.

Sfortunatamente, i costi di realizzazione finali si sono rivelati maggiori di quelli preventivati e a suo tempo diffusi, rendendo più vulnerabile il progetto. Così, le voci spaziano dalla definizione di “capolavoro architettonico” a quella di “costosa follia” per un edificio che, ovviamente in modo troppo semplicistico, si potrebbe catalogare come un altro esempio di star architecture.

Con i suoi angoli obliqui e gli interni impeccabili, il nuovo intervento libera un’incredibile energia in tutto l’intorno, quasi invertendo la logica del vecchio e chiuso edificio sottostante. Le increspature irregolari della pelle esterna sono completamente vetrate, rendendola un corpo dinamico che sembra quasi rifuggire le leggi della gravità.

L’assoluta differenza tra il nuovo e il vecchio sembra comunque essere fonte d’inconciliabile tensione intollerabile per alcuni; e, forse lo sarà di più quando l’edificio presenterà i segni del tempo.

La vera sfida è stata rendere la Havenhuis una presenza gradevole nel complesso contesto urbano ed istituzionale, ma come riuscirà a fare breccia nel cuore del pubblico è un altro discorso. Tutto sommato, un grande gruppo (inter)nazionale di architetti, ingegneri, tecnici e costruttori è riuscito a scrivere un complesso e affascinate capitolo della storia dell’architettura.

 

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Traduzione di Manuela MartorelliImmagine di copertina: © Hufton Crow

Autore

  • Karel Deckers

    Karel Deckers (1975), architetto, vive e lavora a Bruxelles. È stato docente al Politecnico di Torino (2003) e dal 2005 insegna Architettura d'interni alla Katholieke Universiteit di Leuven. Nel 2015 ha ottenuto un dottorato di ricerca alla Chalmers University of Technology in Göteborg (Svezia) discutendo il concetto di "Unheimliche" ("Perturbante"). Collabora con Il Giornale dell'Architettura dal 2005.

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Last modified: 31 Marzo 2017