Prima parte del viaggio nella capitale dell’Albania, che guida il tentativo del Paese di recuperare il gap accumulato dalla Seconda guerra mondiale in poi. Affidando il proprio disegno urbano, dopo il periodo fascista, a un gruppo guidato da italiani. Ma negli ultimi anni, già due volte il masterplan è rimasto sulla carta
L’annullamento di una nazione
Dopo un cinquantennio di dittatura comunista e un lungo periodo di transizione, l’Albania era un paese completamente distrutto dal punto di vista economico e devastato nelle sue strutture sociali e civili, entrando così in uno stato di profonda arretratezza e instabilità.
Tutti gli italiani avranno ancora vivida nella mente, a distanza di 24 anni, l’immagine della nave “Vlora” che, stracolma di migranti, attraccava al porto di Bari con il suo carico di speranza e disperazione. Tutti ricordiamo, solo pochi anni dopo, il naufragio della nave “Katër i Radës” nelle acque antistanti Otranto, con la probabile “collaborazione” della Marina militare italiana. Correva l’anno 1997 e l’emorragia “umana” albanese, figlia della difficile transizione post dittatura mal gestita dei governi eletti successivamente, era ancora ben lungi dall’arrestarsi. Ricordate Leonardo di Caprio e Jordan Belfort, il personaggio da lui interpretato in The wolf of wall street? Ricordate il modo in cui si arricchì truffando investitori ignari di quel che andavano a comprare sui mercati finanziari? Ecco, in Albania successe sostanzialmente la stessa cosa, ma su scala nazionale e con il benestare del governo in carica: tutto ciò ha dato il definitivo colpo di grazia alla popolazione, conducendola nel baratro della guerra civile e dell’anarchia.
All’interno di uno scenario politico instabile e privo di una qualsivoglia regolamentazione, l’Albania partiva dall’anno zero. Non esistevano infrastrutture e servizi degni di tal nome, non esisteva un’amministrazione pubblica, non esisteva una “coscienza civica” comune. Agli occhi del mondo è come se l’autarchia comunista avesse fatto scomparire la nazione dalle cartine e dalla memoria. Addirittura negli anni settanta, ai tempi più bui della dittatura di Enver Hoxha, qualcuno visitò l’Albania, e tornando esclamò: “L’Albania esiste, l’ho incontrata” (J. Chamourel, in “Les temps modernes”, aprile 1978).
Il nodo del masterplan
Fortunatamente negli ultimi tempi le cose sembrano cambiare e il paese delle aquile sta tentando con tutte le proprie forze di recuperare il gap accumulato dalla Seconda guerra mondiale in poi, mentre tutto il mondo ripartiva e l’Albania si richiudeva in se stessa. L’emblema di questa ripartenza può essere identificato con la capitale e con quello che sta succedendo nel campo urbanistico ed architettonico. Attualmente Tirana rappresenta il centro della vita politica, economica e culturale della nazione e si appresta a realizzare le infrastrutture e i servizi necessari per poter rispondere alle caratteristiche di una capitale europea, dopo tanti anni caratterizzati da molte ombre e ben poche luci.
Tirana si è sviluppata attorno al progetto concepito da Armando Brasini, al quale venne affidato il primo piano regolatore nel 1925. L’elemento principale era un grande viale, orientato secondo la direzione nord-sud, che separava la città esistente dalla periferia; su di esso erano allineate architetture monumentali che ne facevano un centro direzionale del tutto autonomo e avulso dal contesto. La sua funzione era quella di una cerniera fra il nucleo antico e la città moderna, per la quale non venivano fornite precise indicazioni. Nel 1939 anche Gherardo Bosio, nel disegnare il piano regolatore definitivo, conserverà l’asse monumentale previsto da Brasini e organizza la città lungo un cardo e un decumano.
Il destino architettonico della città si dovrà ora misurare con tre matrici nell’opera di “rinnovamento”. La prima è l’architettura intesa come un ambito di appartenenza più vasto di quello nazionale, al quale ricondurre l’architettura contemporanea, per una coincidenza di principi e di fatti formali. La seconda è la rivalutazione dell’architettura “senza architetti”, quella informale, nata da necessità emergenti. La terza è la ricerca dell’identità della città attraverso le radici nazionali di quell’architettura che nasce dal rapporto dialettico tra l’avanguardia e la tradizione. Gli architetti del moderno – Bosio, Florestano di Fausto e Vittorio Morpurgo – che nel voler realizzare un’architettura moderna scoprirono il valore degli antichi centri urbani e dell’abitazione indigena, della quale studieranno la morfologia, l’uso razionale dei materiali e il rapporto con l’ambiente naturale, decisero di abbandonare estremismi d’avanguardia e ricollegarsi alla tradizione, accettandone gli insegnamenti. Tutto questo nel rispetto e alla luce dei principi del Movimento moderno.
Tuttavia, il masterplan della Tirana contemporanea ha una tortuosa storia. La capacità di redigere un vero e proprio piano urbanistico per la capitale è sempre stato l’handicap dei governi locali negli anni. La vicenda inizia nel 2003, quando Edi Rama, artista passato alla politica, all’epoca sindaco di Tirana, chiamò studi di architettura da tutto il mondo a partecipare al concorso per il nuovo piano regolatore. Tra gli studi che accettarono l’invito la giuria ne selezionò tre per la fase finale: i francesi Architecture Studio, gli olandesi Mecanoo e i tedeschi Bolles & Wilson. Prevalse Architecture Studio ma il progetto rimase lettera morta. Bisognerà aspettare il 2012 per un secondo tentativo. Tra i partecipanti si qualificano alla fase finale del concorso Dar Grup, West 8, Grimshaw Architects, Cino Zucchi Architetti, Gerkan Marg und Partners, KCAP e Albert Speer und Partners. Questa volta avrà la meglio Grimshaw, scelto per soddisfare al meglio le aspirazioni dei cittadini, così come sottolineò il nuovo sindaco Lulezim Basha nell’annunciare i vincitori. I lavori iniziano con la realizzazione del nuovo boulevard ma vengono sospesi, questa volta dal nuovo governo Rama, divenuto nel frattempo primo ministro. Nel 2016 si ricomincia daccapo. In Albania vige il principio della tabula rasa: governo nuovo, progetto nuovo.
A gennaio di quest’anno l’attuale sindaco Erjon Veliaj ha annunciato il raggruppamento guidato da UNLAB (Urban Landscape Architecture Bureau, studio di Rotterdam rappresentato dall’architetto italiano Andreas Faoro) con Stefano Boeri Architetti e con la società olandese Inter.National.Design, quali vincitori dell’ennesima gara. Il piano sarà diviso in tre parti. Rispettivamente, una visione d’insieme del piano urbanistico; una raccolta di normative e una serie di progetti da svilupparsi in diverse parti della capitale. Dopo la presentazione dell’approccio preliminare al piano e una tavola rotonda con professionisti del campo, all’inizio dell’estate il documento è stato reso pubblico. Dovrà essere approvato entro settembre, al fine di consentire eventuali modifiche nei successivi tre anni del mandato della giunta al potere.
(1_continua)
About Author
Tag
concorsi , rigenerazione urbana , tirana
Last modified: 17 Novembre 2022
[…] LEGGI LA PRIMA PARTE […]
[…] da esportare, pure a Valbona nel pregiato (dal “National Geographic”) Parco nazionale. Nel report per Il Giornale dell’Architettura, Amarda Velcani afferma che “Il piano sarà diviso in tre parti: … una visione d’insieme […]
[…] è solo un inutile fardello quando il futuro si presenta nelle vesti sempre più green e friendly di T030, il nuovo masterplan: due milioni di nuovi alberi conferiranno una dimensione […]