Bilancio, con luci e ombre, su ricerche e progetti delle università: talvolta sporadici e dispersivi, talaltra snobbati dai soggetti pubblici
Incrementare le conoscenze e competenze dei giovani onde fornire nuove soluzioni ad hoc alle amministrazioni dei comuni colpiti dalla calamità naturale. Così il sisma emiliano è diventato un’opportunità di studio e formazione per aspiranti progettisti, nonché occasione di riflessione e aggiornamento per l’apparato amministrativo e i professionisti. L’onda d’urto del terremoto ha riverberato negli ambienti universitari, generando una pluralità di atteggiamenti volti a studi sul recupero del territorio e dei manufatti storico-architettonici. Bisogna però distinguere i percorsi di ricerca continuativi dalle meteore che nell’emergenza del sisma hanno eluso un contributo sistematico.
Tra i primi, certamente avvantaggiati i gruppi di ricerca già coinvolti in studi relativi a eventi sismici precedenti come, ad esempio, quello coordinato da Riccardo Gulli e Giovanni Mochi (Università di Bologna), i cui studi sulla vulnerabilità sismica dell’architettura storica in muratura gettano le proprie radici nell’esperienza del terremoto di Marche e Umbria del 1997. Altrettanto Nina Bassoli e Franco Tagliabue (Politecnico di Milano) avevano lavorato sul terremoto abruzzese del 2009 prima di coordinare laboratori e numerose tesi sul sisma emiliano. Di lunga esperienza sull’architettura temporanea anche Claudio Zanirato (Università di Firenze), a completare un’ampia rosa di contributi qualificati, suggellati da molte pubblicazioni che si chiuderanno entro l’anno.
L’interesse accademico non si è limitato al patrimonio architettonico; numerose le esperienze relative allo studio e alla conservazione dei tessuti urbani. In particolare, l’Università di Ferrara è coinvolta nel progetto «2PxE» (con il Cruta, Centro di ricerche urbane, territoriali e ambientali) e nel progetto «Rebuilding» con il Centro di ricerca Terra. Gianfranco Franz con altri docenti ha avviato numerosi corsi e workshop sulla ricostruzione, offrendo strumenti operativi ai comuni e alle imprese del territorio. Di particolare interesse il workshop «Ricostruzioni», che ha confrontato le reazioni ai sismi di Umbria, Abruzzo ed Emilia con le esperienze giapponesi, favorendo un incremento della cultura della progettazione per l’emergenza.
Con uno sguardo particolarmente attento al paesaggio, «Ricerca Emilia», progetto curato da Matteo Agnoletto (Università di Bologna), ha il merito di avere messo al centro le forme strutturanti la campagna emiliana in relazione al sisma e alla ricostruzione. Il patrimonio di conoscenze che si trasferisce alle comunità locali attraverso i lavori dei laboratori, si costruisce in questo caso sui nobili riferimenti di Luigi Ghirri, Gianni Celati, Antonio Delfini, per un sisma la cui principale caratteristica è stata quella di abbattersi non su di una città ma su un intero paesaggio che nei manufatti e nelle tracce talvolta esili dell’organizzazione del suolo vede il riflesso di una cultura profonda, storicamente sedimentata, la cui salvaguardia resta la sfida più ardua in condizioni di emergenza.
Nel fervore dei contributi dell’accademia alcune esperienze, seppur di rilievo, si sono però rivelate episodiche. Così il «Progetto speciale terremoto» (Università IUAV) si è risolto nella presentazione del grande sforzo compiuto dai docenti nel 2013, senza ulteriori approfondimenti successivi. L’assenza di una continuità tematica nei laboratori progettuali rappresenta la vera debolezza di tale approccio: per portare solidi risultati, l’attenzione agli aspetti architettonici del sisma (vulnerabilità e ricostruzione) non può affievolirsi con l’attenuarsi dell’emergenza.
Complessivamente, resta difficile costruire un bilancio sull’effettivo riscontro delle molteplici esperienze didattiche. Se i docenti dei vari atenei hanno collaborato direttamente con le amministrazioni e la Regione, è arduo affermare lo stesso per i loro studenti. Da un lato le università restano ancora ambienti assai dispersivi, dove la creatività talvolta diverge dall’unità necessaria a proposte incisive; dall’altro le amministrazioni restano ingessate in un corpo normativo troppo rigido, spesso repellente alle sperimentazioni o alle utili provocazioni dell’accademia. Il fermento didattico scaturito dalla risonanza nazionale del terremoto risulta, ad oggi, confinato in pubblicazioni e convegni mentre, sul suolo, poco si legge delle proposte espresse dagli atenei intervenuti nel cratere del sisma.
Ha collaborato Sofia Nannini
Tavole (inclusa quella di copertina, inerente gli elementi rilevati sul sito colpito dal sisma) relative al progetto “Stem Procedure” del Politecnico di Milano, 2013 (docenti Nina Bassoli e Franco Tagliabue). Ai laboratori hanno partecipato gli studenti Lorenzo Brignoli, Elena Dalbon, Filippo Fiorani, Marco Montalbano, Davide Natarelli, Ambra Orlandelli, Viola Petrella, Marta Iole Procaccio, Giulia Vignati
Le puntate precedenti dell’inchiesta (a cura di Matteo Agnoletto, Luigi Bartolomei e Paola Bianco)
Emilia, a che punto è la ricostruzione? (di Matteo Agnoletto, Luigi Bartolomei e Paola Bianco)
Ricostruzione in Emilia: i numeri e le procedure (di Paola Bianco)
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Last modified: 3 Maggio 2016
[…] Ricostruzione in Emilia: il contributo della didattica (di Giulia Nobili con Sofia Nannini) […]