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Written by: Patrimonio Progetti

De Carlo 20. La Data, apertura senza enfasi per un luogo senza fine

De Carlo 20. La Data, apertura senza enfasi per un luogo senza fine
Nel Palazzo Ducale di Urbino, l’intervento sulle ex stalle e poi ex orto rappresenta la chiusura di una vicenda urbana e architettonica complessa. Per Giancarlo De Carlo e per la città. Con l’aiuto dei fondi Pnrr

 

In occasione del 20° anniversario dalla morte di Giancarlo De Carlo (1919-2005) Il Giornale dell’Architettura e archphoto hanno organizzato, con la curatela di Ilaria La Corte ed Emanuele Piccardo, un evento di confronto e dibattito a Urbino, ospiti della Fondazione Ca’ RomaninoGrazie anche alla partecipazione di Marco De Michelis, Gianluca Annibali, Andrea Canziani, Francesca Gasparetto, Andrea Vergano e Michele Roda, l’incontro ha permesso di indagare senso e attualità dell’eredità, culturale e progettuale, di De Carlo. Ma anche di costruire una sorta di osservatorio delle sue architetture più note e significative, che proponiamo come un itinerario critico e orientato a descrivere lo stato di conservazione e di mantenimento.

 

URBINO. Sono serviti 50 anni, mese più mese meno, e i soldi del Recovery Fund, per arrivare alla conclusione (se tale sarà davvero) di uno dei progetti meno noti e più dibattuti di Giancarlo De Carlo, La Data di Palazzo Ducale.

 

Il passato

Perfino il nome, La Data, non ha un’origine chiara. Come se chi l’aveva battezzata così prevedesse quali complesse vicissitudini e momenti di oblio quel luogo di margine, angusto e poco luminoso, avrebbe vissuto in secoli di storia. Volume di risulta, sotto il livello della città ma anche straordinariamente affacciato su quello che oggi è il parcheggio del Mercatale, la porta di Urbino. Già presente nel disegno quattrocentesco di Francesco di Giorgio Martini per Federico da Montefeltro, era la stalla ducale. Luogo per gli animali (si racconta ci fossero circa 300 cavalli) e deposito delle derrate alimentare. Che nel tempo viene progressivamente abbandonato, con conseguenti dissesti e crolli. Resistono i potenti muri in mattone di monte e di valle, ma all’interno lo spazio implode.

Così, quando nella prima metà dell’Ottocento, viene realizzata una nuova strada di accesso al centro, le ex stalle sembrano il luogo più comodo per collocare la terra di risulta. Che quindi diventa un’area coltivabile e accoglie nel tempo rigogliosi alberi da frutto. Talmente produttiva che si merita l’appellativo di orto dell’abbondanza. Una vocazione che dura fino a quando Giancarlo De Carlo intraprende l’operazione Mercatale.

Siamo alla fine degli anni Sessanta, La Data non è la parte più significativa del disegno di recupero di De Carlo ma sembra appassionarlo, probabilmente per il suo ruolo ibrido: edificio nell’edificio, infrastruttura che diventa architettura, spazio “tra” che si trasforma in una fluida concatenazione di spazi. Tra gli anni Sessanta e Novanta, saranno infatti numerosi i progetti, commissionati o di ricerca personale, che Giancarlo De Carlo farà per mettere in “tentazione” questo spazio, anche valutando di mantenerne la funzione di orto-serra.

Il presente

Un presente decisamente dilatato, che copre più decadi e che oggi restituisce uno spazio finalmente fruibile. Anche se con una sensazione di indefinitezza e di scarsa densità di uso. Un luogo ancora non pienamente posseduto dalla comunità di Urbino. Esito anche di un accidentato, complesso e lungo processo.

Ad accompagnarci nella lunga manica (poco meno di 150 metri) di spazi in sequenza della rinnovata Data è Gianluca Annibali, avvocato, presidente della Fondazione Ca’ Romanino che conserva nella sua affascinante, e radicalissima, sede alcuni dei disegni originali. Racconta del progetto degli anni Novanta di De Carlo, l’ultimo, quello che è riuscito almeno in parte ad essere realizzato: liberare lo spazio tra i due muri dalla terra e calarci all’interno un’unica nuova struttura in acciaio (sarebbe stata destinata a Osservatorio della Città, sul modello di quanto pensato da Patrick Geddes per Edimburgo) e coprirla con una copertura dalla sezione ondulata: “Necessaria – spiega Annibali – per denunciare il cambiamento del contesto e per far dialogare con un segno contemporaneo il nuovo edificio con l’abside del teatro e con il retrostante Palazzo”.

Proprio sulla copertura si accende un forte dibattito con i puristi del restauro ad opporsi: mai un tetto di questo tipo nel complesso del Palazzo Ducale. È così la politica ad intervenire. Vittorio Sgarbi, che assumerà poi anche il ruolo di prosindaco di Urbino (e prenderà spesso parte al dibattito sulla città marchigiana, anche su Il Giornale dell’Architettura), critica il progetto e fa sospendere il cantiere. Nella sua lettera del 2020 al Giornale Sgarbi ricorda questo fatto con chiarezza: “Molti anni fa, fui costretto a stoppare [Giancarlo De Carlo] quando, sotto i torricini di Palazzo ducale a Urbino, intendeva ripristinare le semplici forme della Data (Orto dell’abbondanza) con una tettoia a forma di ala di aereo. Non era modernità, era stupro”.

De Carlo in quel momento decide di fare un passo indietro – continua Annibali – O meglio, responsabilmente dice che per amore di Urbino è disposto a modificare il progetto. E così la sezione cambia e il tetto diventa una falda in coppi sostanzialmente uniforme. Che non pregiudica tuttavia la sequenza di corti aperte che caratterizzano lo spazio, portando una straordinaria luce al suo interno”. Con questa variante i lavori ricominciano a cavallo della scomparsa di De Carlo e procedono tra numerosi stop and go. Manca un’idea precisa di cosa debba essere e torna a ripresentarsi l’idea di farne una serie di servizi per studentesse e studenti universitari. La Data apre per alcuni mesi nel 2015, in concomitanza con l’Expo milanese. Poi la chiusura per un altro decennio. Fino ad alcuni mesi fa. Grazie ai fondi Pnrr (circa 1 milione di euro) destinati al recupero di edifici esistenti, il Comune di Urbino riesce a concludere il cantiere.  

 

Il futuro

Oggi la manica lunga delle ex stalle ducali e poi orto dell’abbondanza è un luogo sostanzialmente compiuto ma in attesa di un futuro convincente. Nel primo weekend di ottobre, in occasione di una manifestazione, viene riaperto. Non una vera inaugurazione, quasi in test, in tono dimesso. Cittadine e cittadini passano, usano lo spazio come un grande corridoio urbano, alcune piccole attività, principalmente associative, iniziano a renderlo vivo. Questo in attesa della conclusione definitiva dei lavori, ipotizzata per dicembre, che permetterà anche di accedere al piano soppalcato. Gli ultimi interventi in corso riguardano alcune finiture e la conclusione delle componenti impiantistiche.

Il grande spazio a pianta rettangolare allungata, con la sequenza misurata dei pozzi di luce e le grandi finestrature, esprime già una qualità insieme architettonica e urbana. Il rapporto tra la struttura nuova in ferro con le partizioni in mattoni e i 9 finestroni voltati segnano la dialettica tra gli strati della storia. Una storia che è anche fatta di indecisioni e di cambi di programma. Il futuro della Data passa da qua, dall’individuazione – che ancora non c’è – di un uso consono e adeguato ad un luogo immerso in Urbino e nelle sue contraddizioni.

Immagine di copertina: Giancarlo De Carlo, La Data, Urbino

Autore

  • Michele Roda

    Architetto e giornalista pubblicista. Nato nel 1978, vive e lavora tra Como e Milano (dove svolge attività didattica e di ricerca al Politecnico). Dal 2025 è direttore de ilgiornaledellarchitettura.com

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Last modified: 15 Ottobre 2025