Visit Sponsor

Written by: , Progetti

Ri_visitati. Mario Botta a Ligornetto, 50 anni di tettonica vernacolare

Ri_visitati. Mario Botta a Ligornetto, 50 anni di tettonica vernacolare
Integra nell’aspetto e con la stessa proprietà dal momento della costruzione. Casa Bianchi, vicino a Mendrisio, rappresenta ancora oggi un edificio emblematico resistendo ad un paesaggio che si trasforma. Un libro la racconta

 

LIGORNETTO (Canton Ticino, Svizzera). Un’abitazione per una famiglia in divenire, situata in origine ai margini del villaggio di Ligornetto nel Mendrisiotto (Canton Ticino), con la chiara volontà del suo progettista Mario Botta di marcare con il volume il limite della zona edificata, perché oltre, la casa, dovevano restare immutati i campi agricoli.

 

Il passato

Il maestro ticinese fa un uso spartano della forma, riduce il volume a un parallelepipedo con una grande loggia rivolta verso il paese, volgendo in forma moderna un’architettura di carattere vernacolare. Il programma abitativo a carattere introspettivo si sviluppa intorno a un vuoto centrale che permette relazioni visive all’interno del mondo domestico e in relazione con il paesaggio circostante. Per l’involucro utilizza un doppio muro (portante quello interno e di rivestimento quello esterno) in blocchi di cemento poco costosi, facili da lavorare e già sperimentati nelle case a Cadenazzo (1971) e Riva San Vitale (1973).

Ma, a differenza di queste, introduce nel rivestimento esterno dei corsi in blocchi colorati orizzontali alternati a quelli grigi: un modo per nobilitare il prospetto povero che richiama i trattamenti di facciata delle vecchie case contadine. In una formula: impiego spartano della forma e sostenibilità vernacolare dovuta ai mezzi limitati dei giovani committenti, oggi chiara testimonianza della storia dei materiali da costruzione.

In un’intervista del giugno 2023, l’architetto ricorda così l’opera giovanile: “È una casa che amo, perché su un fronte colpisce la fessura in facciata fino a terra, che quando ancora i campi erano privi di costruzioni la faceva sembrare il portale del paese; sull’altro fronte sorprende invece la loggia, la terrazza. Al piano terreno si trova la parte fredda, con il posto auto e i servizi; sopra, due piani realizzati in modo essenziale per ragioni economiche. Questa casa per me ha rappresentato il passaggio dalla cultura di Le Corbusier a quella di Louis Kahn. Una casa dignitosa malgrado sia modestissima, una cellula minuscola, che meno di così è difficile progettare per una famiglia, ha però la facciata aperta verso il pomeriggio, ossia verso il paese, e totalmente chiusa verso la campagna. Mi piace pensare che attraversandola passi dalla parte del giorno alla parte della notte. La parte verso il paese, con la loggia, è più retorica, l’altra è invece più tesa, è solo uno sguardo”.

Mentre Botta progetta la casa unifamiliare di Ligornetto, Martin Boesch, allora praticante, ha modo di osservare il suo metodo di lavoro: lo sviluppo graduale dell’interazione tra struttura, spazio, luce e programma funzionale tramite innumerevoli schizzi per giungere alla massima densità architettonica. Con la casa a Ligornetto, Botta sperimenta qualcosa di nuovo: l’insieme è diviso in due parti, la coerenza è data dalla tensione tra le masse che costituiscono l’edificio e i volumi degli spazi esterni, le logge.

Un positivo-negativo, un complesso equilibrio di parti tra loro simili. Il principio di fondo, la tensione strutturale-spaziale, si realizza al meglio in queste piccole case. Un parallelepipedo lungo 22,08, profondo 5,82 e alto 8,03 metri. Gli spazi esterni sono inscritti in questo volume. L’asse centrale, definito come spazio, è stato realizzato come da progetto iniziale. Le parti simili ma non uguali si ritrovano in equilibrio.

Questo edificio rappresenta il punto di partenza di un altro tipo di abitazione: case a pianta tendenzialmente quadrata o circolare, che si distinguono per la rigorosa simmetria e soprattutto per la facciata principale. Case caratterizzate da un disegno scultoreo, nelle quali l’asse centrale – uno spazio aperto verso il cielo e coperto da un caratteristico lucernario – rafforza la bipartizione tra interno ed esterno, come nella casa a Pregassona (1980) e in quella a Stabio (1980-82).

Come tutte le opere di Botta, nel momento in cui viene impeccabilmente presentata sulle riviste specializzate, la “bella Casa Bianchi” provoca un piccolo terremoto nel mondo di un’architettura europea in rotta con il modernismo diffuso e piattamente tecnico del dopoguerra. L’opera, in effetti, è emblematica di una tettonica che va al di là di quella impostasi con forza in Europa a partire dal 1945, caratterizzata da uno scheletro e da un tamponamento in muratura anche quando nella costruzione s’impiegano elementi facciavista, come quelli sviluppati dai “neorealisti” Mario Ridolfi o Ludovico Quaroni, al tempo della ricostruzione postbellica, o da Ignazio Gardella, Roberto Gabetti e poi Aimaro Isola, fautori della “persistenza del passato” in un paese, l’Italia, in cui la muratura costituisce l’essenza del sapere artigianale e della tradizione costruttiva.

La tettonica sviluppata da Mario Botta a Ligornetto s’ispira alla lezione di Louis Kahn, quella della costruzione omogenea, della stabilità e del peso della “muralità”, una sorta di elogio dello spessore, della massa scavata, che evoca la durabilità dei monumenti, dialoga con il contesto regionale e utilizza i materiali propri della tradizione locale. Una tettonica che si esprime attraverso una forma chiaramente definita e non una filigrana amorfa e replicabile: un oggetto architettonico e non un sistema costruttivo.

 

Il presente e il futuro

A 50 anni di distanza dall’esecuzione dell’opera e a seguito di piani regolatori via via modificati nel tempo, l’edificio risulta integrato in un contesto densamente urbanizzato, la campagna è scomparsa, ma la casa resiste ai cambiamenti avvenuti nel territorio circostante. La facciata nord, cieca, che originariamente segnava il limite della zona edificabile, oggi fa sì che le case unifamiliari costruite su quei terreni non abbiano cambiato la qualità del vivere. I proprietari, rimasti gli stessi in tutti questi anni, confermano che la percezione all’interno della casa è immutata, perché l’unica grande apertura è rivolta alla parte storica di Ligornetto, che non ha subìto trasformazioni.

Il carattere introspettivo e la disposizione armoniosa del programma funzionale intorno alla grande loggia conferisce caratteri specifici alle zone di soggiorno, cucina, pranzo, lavoro e camera da letto dei genitori. I diversi ambienti sono piacevoli da vivere e, dove necessario, godono di un’adeguata intimità.

A un piano dal suolo ci si sente al sicuro, comodi e protetti, come in un rifugio. Ancora oggi si vive con le cime degli alberi all’altezza degli occhi, il bel giardino senza troppe pretese in primo piano e sullo sfondo il paese, con il campanile che si staglia contro l’ampio cielo.

Sorprendentemente non si percepiscono neanche segni d’invecchiamento della costruzione grazie alla costante manutenzione dei proprietari, ma anche al ricorso da parte di Mario Botta ad archetipi abitativi e tecniche costruttive “tradizionali” associate all’utilizzo di materiali innovativi ma naturali, volti a preservare la costruzione nel tempo.

Immagine di copertina: Mario Botta, Casa a Ligornetto, 1975-1976 (@Roberto Conte, 2024)

 

La pubblicazione “Mario Botta, Casa a Ligornetto (1975-1976)”, curata da Franz Graf e Britta Buzzi-Huppert e coedita da Mendrisio Academy Press e Silvana Editoriale (2024, 64 pagine, 25 €) è l’undicesimo numero di una collana che intende far riscoprire opere del XX secolo nella Svizzera italiana. Frutto di un lavoro di ricerca presso l’Area di Tecnologia e Costruzione dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, con il passare del tempo e la continuità del processo didattico, ha contribuito alla formazione ad interim di un catalogo di edifici del moderno ticinese. Un fil rouge, una sorta di registro, in grado di mettere in luce – anche se in modo parziale – una pluralità di valori di cui queste architetture sono portatrici non solo per quanto riguarda la storia dell’architettura ticinese, ma anche le microstorie di questo specifico contesto culturale a sud delle Alpi. Da qui implicitamente il richiamo all’importanza della tutela del patrimonio architettonico cantonale. Se il primo passo è la tutela, quello successivo riguarda i criteri e la metodologia con i quali effettuare un intervento sul patrimonio costruito. Il complesso e articolato percorso conoscitivo preliminare al progetto si basa anche sulla conoscenza della materialità del costruito le cui modalità devono rientrare all’interno del percorso formativo degli architetti.

 

 

Autori

  • Franz Graf

    Laureato in Architettura al Politecnico di Losanna, dal 1989 è attivo come architetto indipendente a Ginevra. Ha progettato e realizzato edifici pubblici e residenziali, nonché ristrutturazioni e restauri documentati in diverse pubblicazioni. Ha svolto attività didattica legata all’architettura e alla costruzione presso l’Istituto di Architettura dell’Università di Ginevra (1989-2006) e dal 2005 è professore ordinario di Costruzione e Tecnologia all’Accademia di architettura di Mendrisio. Dal 2007 è professore associato di Teoria e Progetto al Politecnico di Losanna. Svolge attività di ricerca sui sistemi costruttivi moderni e contemporanei e sul restauro del patrimonio moderno, i cui risultati sono raccolti in opere di riferimento su Auguste Perret, Jean Prouvé, Angelo Mangiarotti, Luigi Moretti, Vittoriano Viganò e in numerose altre pubblicazioni.

    Visualizza tutti gli articoli
  • Britta Buzzi Huppert

    Si diploma in Architettura al Politecnico federale di Zurigo nel 1992. Compie viaggi di studio in Giappone e collabora con gli architetti Miroslav Sik e Fabrizio Gellera. Dal 1995 al 2010 è titolare dello studio Buzzi e Buzzi a Locarno ove realizza numerosi edifici abitativi e partecipa a svariati concorsi. Nel 2010 l’ETH dedica una retrospettiva all’opera dello studio a Zurigo. La mostra prosegue a Eindhoven (2011) e Parigi (2012). Dal 2002 al 2019 è stata membro di diversi comitati professionali e associativi in Svizzera (Fas/Sia) nonché della Commissione del Paesaggio del Cantone Ticino (2007-2019). Attualmente è collaboratrice scientifica presso l’Area di Costruzione e Tecnologia dell'Accademia di Architettura di Mendrisio dove oltre a occuparsi della didattica e della ricerca in materie tecnico-costruttive, cura la collana “Edifici del XX secolo in Canton Ticino. Architettura, costruzione, tutela” edita da Mendrisio Academy Press dal 2013.

    Visualizza tutti gli articoli
(Visited 20 times, 20 visits today)

About Author

Share

Tag


, ,
Last modified: 6 Ottobre 2025