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Emanuele PiccardoWritten by: Città e Territorio

Genova, un’icona per il Waterfront di Levante

Genova, un’icona per il Waterfront di Levante

In occasione dell’inaugurazione della torre piloti del porto di RPBW, una riflessione sulle recenti trasformazioni urbane prive di una reale regia pubblica

 

GENOVA. Nel 1926 il fascismo unisce 19 comuni per formare la “Grande Genova”. L’urbanistica è sempre stata importante per questa città incastrata tra i monti e il mare che aveva affascinato i letterati da Fernand Braudel a Giorgio Caproni («Genova di ferro e aria», scrive quest’ultimo nel 1956 ne Il passaggio d’Enea – «mia lavagna, arenaria. Genova città pulita. Brezza e luce in salita. Genova verticale, vertigine, aria, scale… Genova che mi struggi. Intestini. Carruggi… Genova tutta cantiere. Bisagno. Belvedere»).

 

La mutazione degli assetti urbani senza… urbanistica

In queste parole si racchiudono molti elementi della vicenda urbanistica contemporanea, dove proprio l’urbanistica è assente. La Superba è stata studiata e ammirata per la sua capacità di pianificare le proprie scelte di trasformazione. Così è avvenuto per la monumentale piazza della Vittoria progettata da Marcello Piacentini con Eugenio Fuselli, per soddisfare l’ego fascista.

Nel secondo dopoguerra l’urbanistica è stata il faro che ha guidato la realizzazione dei quartieri Ina Casa, grazie alla capacità di Luigi Carlo Daneri di ricucire i fili del tessuto urbano con le sue architetture, ad iniziare dal quartiere Bernabò Brea. Nella continua domanda di abitazioni si è costruito ovunque, lacerando il fragile paesaggio genovese. È accaduto soprattutto a fine anni settanta e oltre con i progetti del quartiere Diamante e dell’ormai defunta diga di Piero Gambacciani, fino ai quartieri del ponente cittadino.

Negli ultimi cinquant’anni il tema della casa è stato il fulcro delle trasformazioni. Tuttavia, se nel dopoguerra la casa era collettiva, per soddisfare le domande di alloggi dei ceti operai, oggi permane la dimensione collettiva ma ad uso esclusivo delle classi agiate, come dimostrano le residenze dell’ex quartiere fieristico, ribattezzato Waterfront di Levante, progettate da Renzo Piano Building Workshop. 

 

Dal Porto antico al Waterfront di Levante

Negli anni ottanta del secolo scorso la città, in piena crisi economica con il porto fermo, doveva reagire. Così attraverso la visione del suo sindaco Fulvio Cerofolini, Genova riuscì a salvarsi. La scommessa fu di puntare tutto sul recupero del Porto antico restituendo le aree portuali alla città. Un grande progetto di spazio pubblico pensato dalla buona politica e attuato da Renzo Piano. Erano gli anni della pedonalizzazione di Via Garibaldi (Strada nuova, dove sono allocati i musei albiniani di Palazzo Bianco e Rosso), del restauro del Teatro Carlo Felice e del Palazzo Ducale. Un grande fermento dal 1984 al 1992, anno in cui si festeggiava il cinquecentesimo anniversario della scoperta dell’America del navigatore genovese Cristoforo Colombo. La politica seppe attivarsi con il governo per diventare sede dell’esposizione universale che era già assegnata alla potente Spagna nella città di Siviglia, il cui tema era proprio Colombo.

Le abilità degli amministratori locali nell’individuare Piano come garante del progetto Expo fu vincente. Genova ottenne l’Esposizione specializzata “Cristoforo Colombo: la nave e il mare”. Il progetto urbano di Piano era riuscito a fare la sintesi delle varie istanze della politica, dell’economia e della città. Per la prima volta i genovesi recuperavano il rapporto con il mare per decenni negato.

Se questo era il contesto ottimale trent’anni fa, oggi la situazione è molto diversa. L’attore principale rimane Piano che ha eletto la sua città come laboratorio di progettazione permanente a cui il sindaco Marco Bucci ha affidato il recupero del Waterfront di Levante. Un progetto che ha rifunzionalizzato il palazzetto dello sport, con l’inserimento di residenze di lusso e la realizzazione di un sistema di canali per togliere pesantezza alla banchina preesistente. Se nel progetto dell’Expo il simbolo era l’ascensore panoramico Bigo, archetipo dell’immaginario navale, fino a pochi anni fa il Waterfront di Levante non aveva un’opera iconica. 

Oggi, invece, questo elemento è rappresentato dalla nuova torre piloti del porto. Un’esile struttura metallica con un traliccio centrale che sostiene il volume dove opera la Capitaneria, la cui copertura piana aggettante richiama la visiera di una vedetta che guarda il mare. In questo piccolo oggetto si può leggere la poetica di Piano e la sua passione per le strutture leggere e sospese, un ritorno alle origini negli anni settanta.

 

Visione urbana senza regia pubblica

Le debolezze e le mancanze della politica nelle scelte urbanistiche affidano all’architetto molteplici responsabilità che, nel caso genovese, vengono assunte da Piano per amore verso la sua città. Nonostante i mugugni, il suo contributo in questo contesto si è rivelato fondamentale. Senza il suo apporto, insieme a OBR co-progettisti del Waterfront, avremmo avuto una situazione tipica delle marine portuali, come Baie des Anges in Costa azzurra.

L’assenza di una regia pubblica contribuisce a una lettura delle trasformazioni a macchia di leopardo e non sistemiche. Molti sono i progetti in cantiere: dal Memoriale per le vittime del crollo del ponte Morandi nel 2018, al progetto del Cerchio rosso sempre in Valpolcevera, alla Casa della Vela nel Waterfront di Levante, e ancora la risistemazione di Piazzale Kennedy, unico spazio in grado di ospitare grandi eventi riconvertito a palmeto in stile californiano, senza aver considerato il rapporto con l’adiacente Piazza Rossetti progettata da Daneri nel 1958.

Occorre tuttavia fare un passo indietro, al fine di contestualizzare un processo di trasformazione urbana che nasce vent’anni fa.

 

Un Affresco sbiadito

Nel 2004 Piano presenta alla città l’Affresco dove, da vero urbanista, rilegge la città proponendo cambiamenti radicali soprattutto in ambito portuale. Un documento mal digerito dall’imprenditoria per via dell’idea di togliere funzioni produttive trasformandole in funzioni pubbliche. Nel 2007 la sindaca Marta Vincenzi riprende i temi dell’Affresco e nel 2008 costituisce l’Urban Lab, attivo fino al 2012, smantellato dalla giunta di centrosinitra di Marco Doria. Un laboratorio di urbanistica voluto dalla sindaca e da Piano, con la collaborazione di Richard Burdett, Oriol Bohigas, Amanda Burden, Richard Rogers, per aggiornare il precedente progetto sul waterfront estendendolo al resto della città, come base per il costituendo nuovo Piano urbanistico comunale.

Questo immane sforzo per ridefinire una nuova idea di città che sapesse tenere coesi porto, città e colline è naufragato non certo per colpa dell’architetto ma perché la Città, differentemente dagli anni ottanta, non ha saputo dialogare con le sue varie anime, privilegiando linteresse privato su quello pubblico.

Il Waterfront di Levante è in parte una rivincita di Piano nel dimostrare che le idee del 2004 non erano sbagliate. Ma ci sono voluti vent’anni per attuarle.

 

Immagine di copertina: RPBW, nuova torre piloti del porto di Genova  © Andrea Botto)

 

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 16 Settembre 2024