Visit Sponsor

Ubaldo SpinaWritten by: Design Professione e Formazione

Design Economy: numeri e parole

Design Economy: numeri e parole

Presentata l’edizione 2024 del Rapporto sullo stato di salute del design italiano, realizzato da Fondazione Symbola

 

MILANO. È stato presentato l’8 aprile il Rapporto Design Economy 2024, realizzato da Fondazione Symbola con Deloitte Private, Poli.Design e ADI. L’evento, ospitato all’ADI Design Museum, si colloca di diritto tra i momenti annuali di maggior interesse per coloro che analizzano, attraverso dati e storie, lo stato di salute del design italiano, delle produzioni, degli investimenti, della competitività e della formazione Made in Italy.

Non è facile concentrare in poche righe la quantità di dati e riflessioni che emergono dal rapporto e dal talk di presentazione, all’interno del quale molti numeri sono stati enfatizzati e spesso interpretati in maniera molto diversa. Questo perché le anime del design coinvolte nel progetto provengono da mondi diversi (associazionismo, accademia, impresa), così come la percezione dell’andamento complessivo del settore varia a seconda se lo si veda con gli occhi del politico, del manager fieristico o del professore universitario. Non a caso Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, dichiara che il design «è chiamato nuovamente a dare forma, senso e bellezza al futuro», assegnandogli quasi un ruolo di responsabilità nella transizione verde, nei processi di decarbonizzazione e di economia circolare che stanno cambiando l’industria e le relazioni di filiera. L’enfasi del suo discorso è tutta nell’associazione prodotto-rifiuto, e sulla conseguente constatazione che i prodotti, in un contesto di risorse scarse, dovranno necessariamente essere riprogettati.

Cabirio Cautela, CEO Poli.design, evidenzia al contrario l’ormai desueta interpretazione del ruolo del designer in chiave soprattutto manifatturiera, quando invece si osserva l’emersione di figure che operano come creatori di contenuti digitali, designer che manipolano aspetti organizzativi una volta appannaggio solo delle risorse umane o designer legati a nuovi ambiti come la biologia – il bio-designer – o la giurisprudenza, come il legal designer.

Sta di fatto che alcune restituzioni del Rapporto, così come l’impianto complessivo della pubblicazione, sembrano figlie di un format consolidato negli anni ma al tempo stesso molto statico, soprattutto quando si ripete che Milano si conferma capitale del design con il 18,8% del valore aggiunto e il 13,3% degli addetti, quando si dichiara che il Salone del Mobile e del Fuorisalone sono la più grande manifestazione al mondo dedicata al design o quando si riporta che in Italia il design dà lavoro a 63.485 persone e genera un valore aggiunto pari a 3,1 miliardi. Numeri sempre validi e importanti, ma che non trasferiscono altro valore se non quello statistico. Molto più interessanti (novità di questa edizione), sono invece i focus sulle nuove figure professionali e sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella progettazione di beni e servizi.

 

Nuove professionalità in Italia

Il primo approfondimento ha riguardato l’individuazione di 20 nuove figure emergenti, evidenziando l’intreccio essenziale del design con la gestione dell’innovazione, l’organizzazione e le tecnologie, confermando la natura mutevole e interdisciplinare del progettista. L’Italia segue una tendenza globale che vede i designer spostarsi in ambiti diversi da quelli tradizionali della progettazione, a dimostrazione che le competenze del mondo della progettazione sono versatili e applicabili a una vasta gamma di settori emergenti. In parallelo, anche le figure tradizionali della progettazione legate al disegno industriale – architettura, arredo, moda – sono in trasformazione, ibridando competenze di marketing, organizzazione e strategia aziendale, tecnologie avanzate.

Tra le figure emergenti, con cui ha maggiore familiarità il segmento dei progettisti, troviamo professioni transdisciplinari come il material designer, il designer per l’accessibilità e l’inclusione e il design engineer. Diversamente, le imprese hanno maggiore familiarità con figure più verticali e specifiche quali il digital content strategist e l’information designer. Sia i progettisti che le imprese sono concordi sulla rilevanza della figura emergente del prompt designer/designer for AI, in grado di creare un ponte tra tecnologia ed esigenze pratiche dei clienti.

 

Il rapporto con la transizione digitale e l’intelligenza artificiale

Il secondo approfondimento osserva come, tra le tecnologie considerate più rilevanti dal settore, spicchi l’extended reality (40,6%) che, con i suoi strumenti immersivi, abilita nuove forme collaborative, incoraggiando la creatività, migliorando la formazione e aprendo nuove opportunità di business. Segue l’intelligenza artificiale (AI) predittiva e generativa (37,7%), per la sua capacità di supportare e rendere più efficiente l’attività di progettazione, automatizzandone alcune fasi, generando idee e concept, simulazioni e prototipi avanzati.

Se oggi il livello di competenza tecnologica dei progettisti appare elevato – l’83% degli intervistati nel Report lo giudica medio o alto -, la preparazione sulle tecnologie basate sull’AI risulta nel complesso ancora limitata, in linea con il contesto nazionale: solo il 45% valuta il suo livello di conoscenza come medio-alto. La limitata comprensione del funzionamento e delle opportunità derivanti dall’introduzione dell’AI si traduce attualmente in un ridotto utilizzo nella progettazione: solo poco più del 30% del campione ne fa abituale ricorso. Tra gli ostacoli alla diffusione dell’AI generativa le barriere linguistiche – i software tendono a fornire risultati più accurati se interrogati nella lingua di programmazione – e anagrafiche – l’età media dei progettisti è spesso inversamente proporzionale alle competenze informatiche. I vantaggi nell’uso dell’AI sono ottimizzazione dei tempi di sviluppo dei progetti (42%), maggiore personalizzazione dei prodotti, migliori servizi ed esperienza d’uso (37,7%). Un valore legato alla complementarietà e sinergia tra le due intelligenze: umana e artificiale.

 

Sostenibilità e formazione

Entrambe registrano piccoli ulteriori segnali di crescita. Il tema della sostenibilità ambientale emerge come rilevante per il settore: il livello di competenza diffuso evidenzia valori medio-alti per la quasi totalità degli operatori intervistati (88%, in crescita rispetto all’86,9% del precedente rapporto), con un picco del 96,4% per le imprese oltre 10 addetti. A conferma del rilievo del tema, ben il 74,8% degli intervistati ne sottolinea l’importanza nei progetti in corso.

Parlando di formazione, nell’anno accademico 2022/23 95 istituti hanno attivato corsi di studio in discipline del design, 3 in più rispetto alla precedente rilevazione. Tra questi figurano 30 università (di cui 20 pubbliche e 10 private), 26 altri istituti autorizzati a rilasciare titoli AFAM, 20 accademie di belle arti, 13 accademie legalmente riconosciute e 6 ISIA, per un totale di 344 corsi di studio, distribuiti in vari livelli formativi e in diverse aree di specializzazione. Rispetto all’anno precedente, cresce del 5% il numero di corsi accreditati e attivati e del 3% il numero degli istituti, in particolare nel caso delle università e delle accademie di belle arti e legalmente riconosciute. A crescere non sono solo gli istituti e i corsi attivati ma anche la domanda e il numero degli studenti: 16.423, cioè l’8,6% in più rispetto al precedente anno accademico.

Questi ultimi dati sulla formazione ci aiutano a capire come il design in Italia sia capace di auto-alimentarsi e di pavimentare il proprio futuro, al contrario di decine di corsi di laurea che annaspano e fanno di tutto pur di evitare la definitiva soppressione. Sarebbe interessante, un giorno, analizzare quali siano state le scelte di ripiego dei giovani che non hanno avuto accesso a questo tipo di studi a causa del numero programmato. Se consideriamo, sempre sulla base dei dati forniti da Symbola, che il numero d’iscrizioni ai test d’ingresso supera di quattro volte i posti disponibili, con una media nazionale di 2,5 domande per ciascun posto e punte di oltre 6 nel nord Italia, forse l’Italia ha migliaia di mancati designer che operano altrove con nostalgica sensibilità estetica.

Autore

  • Ubaldo Spina

    Ricercatore, Industrial Designer e BDM presso CETMA (www.cetma.it), dove lavora occupandosi di progetti di ricerca sul design e servizi di design e innovation management. Consulente di startup, PMI e Grandi Imprese, con focus sulla gestione dei processi di sviluppo di nuovi prodotti e fornitura di servizi avanzati di progettazione concettuale e strategica, ingegneria, prototipazione e protezione IP. Esperto europeo nella ricerca di "Tecnologie emergenti per il design" e membro dello Steering Board del progetto WORTH, il più grande incubatore europeo finanziato all’interno del programma COSME per la creazione e il supporto di collaborazioni transnazionali tra designer, PMI e technology provider, è membro della Commissione "Ricerca per l'impresa" dell'ADI - Associazione per il Disegno Industriale. Per conto del Joint Research Center della Commissione Europea, ha co-curato il rapporto "Innovation Ecosystems in the Creative Sector: The Case of Additive Manufacturing and Advanced Materials for Design". Il suo gruppo di lavoro ha ricevuto diversi premi ADI Design Index, nel 2011 e nel 2016 le Menzioni d'Onore Compasso d'Oro ADI. Docente nell'ambito delle attività didattiche magistrali de “Il Sole 24 Ore”, coordina la pagina Design de “Il Giornale dell'Architettura” e le rubriche giornalistiche “SOS Design” (Design for Emergencies), “Design&Startup” e “Professione Designer”.

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 117 times, 1 visits today)
Share

Tag



Last modified: 24 Aprile 2024