Diario veneziano / giorno 2
VENEZIA. Quella politica (bella e alta) che così tanto sembra connotare la Biennale di Lesley Lokko bussa alla porta del secondo giorno di vernice con i suoi lati oscuri. La conferenza stampa della mattina è un momento simbolico: Lokko parla pochi minuti davanti ad un pubblico entusiasta e autenticamente molto coinvolto.
Le sue sono parole chiare, precise e taglienti, aprono orizzonti, indicano strade di sperimentazione, spingono ad un cambio di mentalità. Ma vengono pronunciate nelle ore in cui fa tanto rumore il caso dei visti negati a 3 dei suoi collaboratori ghanesi. Perché il Laboratorio del Futuro può sicuramente assumere l’Africa come modello e ispirazione (citando addirittura, nelle prime pagine del Catalogo, Plinio il Vecchio nel 2millesimo anniversario della sua nascita: “L’Africa genera sempre qualcosa di nuovo”) ma se poi vivi in una realtà fatta di muri e limiti, fisici e virtuali, l’agognata circolazione delle idee rischia di restare un miraggio o poco più, buono soltanto per le mostre.
E quei risvolti drammatici delle storie umane li tocchi con mano nel giorno dell’inaugurazione del piccolo spazio dell’Ucraina. Ai Giardini il Padiglione Russia (tirato a nuovo per la scorsa edizione, con un lavoro peraltro pregevole) resta ovviamente chiuso. Alla rappresentanza di Kiev va una stanza delle Sale d’Armi dell’Arsenale, al primo piano. Ma è – e non potrebbe essere altrimenti – un’apertura che fa i conti con un oggi pieno di dolore e di dubbi. Qui, purtroppo, il futuro si fa fatica perfino ad immaginarlo.
Una fatica diversa – a tradurre i concetti, a metterli a terra, come piace tanto dire oggi – è quella che si trova invece nei Padiglioni nazionali e nei percorsi espositivi. Perché quelle parole d’ordine – decarbonizzazione, decolonizzazione – dovrebbero ispirare disegni e progetti. Ciò che si vede è invece soprattutto la ripetizione leggermente variata delle formule iniziali: più voli alto (o cerchi di volare alto) meno sbagli, probabilmente hanno pensato molti curatori. Ma non è sempre così.
Sembra essersene accorto anche il presidente di Biennale Roberto Cicutto che, sempre nella conferenza stampa, butta lì: “Qualcuno dice che c’è poca architettura? Beh, ma prima di pensare alla forma degli spazi bisogna definire cosa ci va in quegli spazi”. Innegabile, però gli architetti in Biennale vengono anche per guardare (e fotografare) progetti e realizzazioni.
Quest’anno se ne trovano davvero pochi, effettivamente. E il dubbio, sentendo ancora Lesley Lokko (“Venezia è un posto straordinario per parlare di forme fluide e ibride”), viene: ma non è che il Laboratorio del Futuro si scopre nelle calli e lungo i canali più che all’Arsenale e ai Giardini?
Immagine di copertina: Padiglione Francia (foto di Arianna Panarella)
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Biennale Venezia 2023
Last modified: 19 Maggio 2023