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Cristina FiordimelaWritten by: Professione e Formazione Progetti

Sticks and Stones, i musei di David Chipperfield

Sticks and Stones, i musei di David Chipperfield

Un viaggio attraverso la produzione più prolifica e diffusa dell’architetto britannico, Premio Pritzker 2023, introdotto da David Chipperfield

 

Prefazione di David Chipperfield

Ricevere questo straordinario onore è stata una meravigliosa sorpresa e sono orgoglioso di associarmi agli architetti premiati prima di me che sono stati fonte di tanta ispirazione per me e per tutti gli architetti. Questo riconoscimento mi dà un grande incoraggiamento a continuare a guardare con attenzione non solo alla sostanza dell’architettura e al suo significato, ma anche a riaffermare il ruolo che la nostra professione deve svolgere nell’affrontare le sfide esistenziali del cambiamento climatico e della disuguaglianza sociale.

Credo fermamente che gli architetti debbano avere un ruolo più importante e impegnato per un mondo più bello, più giusto e più sostenibile. Dobbiamo raccogliere la sfida ed essere di ispirazione per la prossima generazione nell’abbracciare questa responsabilità con visione e coraggio.

Molte delle esperienze più formative della mia carriera si sono svolte in Italia. Sono profondamente ispirato dal patrimonio architettonico del paese, ovviamente, ma anche dalla forte cultura del fare. È sempre un privilegio lavorare con gruppi di persone che coprono così tante competenze e condividono una comune dedizione alla qualità dell’artigianato.

 

Priztker Prize 2023 a David Chipperfield. Nulla sarà più come prima, lo pensano in molti. Addentriamoci nei suoi musei, la sua produzione più prolifica per i luoghi di cultura, disseminata in Africa, America Latina, Cina, Europa, Giappone e Stati Uniti (Alaska inclusa).

Dal primo, il Gotoh Museum a Chiba (1988), fino all’ampliamento del Museo archeologico nazionale di Atene, di cui ha recentemente vinto il concorso, le architetture dei musei progettati da Chipperfield s’insediano nel paesaggio andando a ridefinire l’ambiente in cui sono inscritti. Davanti all’immagine composita dei suoi musei, riunendo nuove edificazioni e ampliamenti, la sensazione è quella di un’architettura libera, estremamente disciplinata, che spunta come un fatto improbabile ma, al contempo, intrinseco al paesaggio stesso. L’architettura del museo appare come un progetto curatoriale del paesaggio – urbano e non – di cui catalizza ciò che è intuitivamente percepibile ma nascosto, sparso, non riconoscibile, restituendo, come direbbe James Hillman, “l’anima del luogo”.

 

Alla ricerca del genius loci

A un primo sguardo, il Gotoh Museum e quello di Atene sono tra loro architetture molto distanti, poiché nella ricerca del genius loci ogni architettura, lo dichiara anche Chipperfield, è un fatto a se stante. Eppure, nel cercare una chiave d’interpretazione e assumendo come parametro il tema del museo contemporaneo, trapela un tratto comune che abbraccia tutte le sue architetture museali: un senso di appartenenza al paesaggio emanato dall’insediamento del museo come “plateau” deleuziano che pone in correlazione egualitaria tutte le entità presenti, umane e non, dentro e fuori dal museo, immanenti e temporanee di cui anche l’architettura, più che agente coadiuvante, è “semplicemente” parte attiva non respingente, quasi naturale, del processo di ri-comprensione.

 

La sticks-architecture

A fornire un indizio interpretativo delle sue architetture museali è lo stesso Chipperfield quando, nel 2005, intervistato a proposito del Museuo della letteratura moderna a Marbach (2001-06), lo definisce sticks-architecture, riferendosi alla partitura lineare, sottile, serrata ma ariosa, della galleria porticata che circonda il museo. La galleria è il dispositivo attraverso cui traguardare il paesaggio che si disvela come unico piano-sequenza tra esterno e interno, di cui la sticks-architecture è il frame: una geometria netta che a Berlino nell’ensemble della James Simon Gallery (1999-2018) con l’Archeological Promenade del Neues Museum (1993-2009), diventa, nel loro insieme, la base, lo strumento, di pianificazione urbana per i futuri progetti dell’Isola dei musei.

Allargando o restringendo la messa a fuoco sulla galleria porticata e la promenade, si dipana la diversa natura di ciascun museo, laddove l’una o l’altra sono più o meno accennate, come nel Gotoh Museum con la galleria porticata posta in corrispondenza alle unità abitative degli studenti, che riunisce la connivenza tra museo, residenza e università.

L’immagine della sticks-architecture, embrionale nella texture che avvolge l’edificio del Figge Art Museum a Davenport (1999-2004) come un’ortografia estesa di gradazioni di luce, e deformata in membrana amebica nella lanterna del MUDEC a Milano (2000-15), assume la forza di una trama strutturale e tecnologica in grado di ottimizzare le risorse energetiche – sfida esistenziale che pervade i progetti di Chipperfield – nel padiglione del Saint Louis Museum (2005-13), dove la concrete grid della copertura funge da casellario, database con cui combinare e dosare illuminazione naturale e artificiale all’interno, liberando la pianta con una vista ininterrotta, attraverso le gallerie, verso il paesaggio circostante.

 

Il confronto con Mies, l’architettura “esatta”

Tema, quello della pianta libera e flessibile, che rimanda al progetto di restauro e ammodernamento (2012-21) della Neue Nationalgalerie progettata da Ludwig Mies van der Rohe per Berlino (1965-68), architettura “esatta” della pianta libera, sottolinea Chipperfield, e icona del museo moderno che egli dispiega con l’installazione “Stick and Stones” (2015). La Mies Room è simultaneamente luogo e oggetto della mostra, “palcoscenico e protagonista”, afferma Chipperfield che, disponendo un colonnato di 144 tronchi di abete rosso scortecciato, materializza la metafora di uno spazio continuo tra classico, moderno e contemporaneo. “Sticks and Stones” “definisce nella Mies Room stanze e panorami”: le parole di Chipperfield suonano come un enunciato da estendere a tutti i suoi progetti museali, nella possibilità di aprire la percezione della natura (stones) all’immaginario, muovendosi in una geometria essenziale (sticks) che rende intelligibile ciò che egli indica come “le qualità intrinseche dell’architettura: la disposizione della struttura, pareti, recinto, vista, riparo e materiale”.

Stones è materia costituente: le lamelle verticali di calcare Jurassico che segmentano il volume della Kunsthaus di Zurigo (2008-20), i blocchi scultorei che ammorbidiscono l’architettura compatta del Museo Jumex a Città del Messico (2009-13), le logge “arcaiche” ove convogliare e raffrescare l’aria desertica nel Naga Site Museum (2008), “cuneo” mimetico, massiccio e leggermente gradonato emergente in un’area archeologica incontaminata; e materica è la consistenza terrosa degli intonaci che ancorano al paesaggio spontaneo il complesso di padiglioni e logge che compongono lo Zejiang Museum of Natural History ad Anji (2014-18).

 

Il museo-agorà di Atene, ultimo esito di una lunga ricerca

Il nuovo progetto per l’ampliamento del museo nella capitale greca è l’opera che incorpora questa lunga ricerca in architettura al programma del museo contemporaneo che s’innesta sul preesistente: adeguamento agli standard di qualità degli spazi, inclusione e sostenibilità, in un contesto fortemente intriso di elementi simbolici e rimandi storici, di cui l’architettura neoclassica e imponente progettata da Ludwig Lange e Ernst Ziller (1855-74) è l’emblema.

L’incipit della proposta di Chipperfield è, ancora una volta, la ridefinizione dell’ambiente intorno al museo. Lasciando inalterata la preminenza dell’edificio neoclassico, egli traspone un elemento passivo, lo zoccolo dell’edificio esistente, in elemento edificante: una piastra estesa fino alla strada che sormonta e definisce i nuovi spazi museali con un’estensione di 20.000 mq, e funge da basamento per il verde, sollevato dal livello strada e ricollocato come cornice semovente intorno alla costruzione neoclassica, di cui ne enfatizza la risonanza in un ritrovato ambiente urbano filellenico, un museo-agorà. Forse questa è la risposta concreta alla domanda che compariva all’apertura del Museo Jumex: che cos’è il museo contemporaneo?

 

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Immagine di copertina: Render del nuovo National Archaelogical Museum di Atene (© Filippo Bolognese Images)

 

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 13 Aprile 2023