Dopo le polemiche sul progetto di concorso, visita all’intervento di restauro e riqualificazione firmato da studio Labics
FERRARA. Se il Castello estense è inequivocabilmente il simbolo della città, percepita come “estense” a differenza di Modena che pure ne ha diviso la storia come capitale ducale, è Palazzo dei Diamanti che unisce l’arte al monumento del periodo più fulgido della casata estense.
Il periodo è naturalmente quello rinascimentale, come enuncia una delle principali mostre dell’anno in Europa, attestata dalla medaglia del presidente della Repubblica Mattarella, “Rinascimento a Ferrara. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa”.
In occasione dell’esposizione, il 18 febbraio, è stato inaugurato l’approfondito restauro del Palazzo dei Diamanti, che al piano terra ospita l’area espositiva di Ferrara e ora anche gli spazi per i servizi aggiuntivi, mentre al piano superiore ospita dal 1956 la Pinacoteca nazionale, oggi parte delle Gallerie Estensi.
Un progetto che stupisce
Con committente il Comune di Ferrara, proprietario dell’edificio costruito su progetto di Biagio Rossetti a partire dal 1493 dal duca Ercole I d’Este per il fratello Sigismondo, a occuparsi di restauro e direzione lavori è stato il romano studio Labics degli architetti Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori. I lavori sono costati 5,8 milioni e hanno riguardato interventi su spazi espositivi, connessi ed esterni: 790 mq delle ali Rossetti e Tisi, la Sauna del Duca da poco scoperta in lavori sotto la pavimentazione e la loggetta, i 1.705 mq delle aree esterne, i 695 mq degli spazi di servizio (bookshop, corridoio, bar e servizi, bagni, didattica, polifunzionale, deposito tutto a piano terra), i 242 mq della passerella esterna di collegamento, gli oltre 5.000 mq del giardino chiuso da tempo e ulteriori spazi tecnici per 517 mq.
A una visione diretta, questo intervento di restauro e riqualificazione approfondita bene si caratterizza per la continuità visiva ottenuta nelle sale espositive, mentre è “leggera” la passerella esterna che in passato aveva generato polemiche a valle delle presentazione degli esiti del concorso. Se essa in realtà, seppure allargata, non intralcia lo sguardo neppure dalla prospettiva d’ingresso del palazzo – anzi lo amplia proprio sul retrostante, bellissimo giardino – sono gli spazi collaterali a stupire.
Finalmente i Diamanti hanno un’area bar, con bell’accesso esterno su un secondo cortile del palazzo e guardaroba degno di un museo. Così, probabilmente, aumenteranno anche i numeri della soprastante Pinacoteca nazionale, che il sottosegretario del Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi ha annunciato diverrà presto autonoma da Modena.
“Il nostro intervento”, spiegano gli architetti di Labics, “è stato concepito come una riscrittura museografica in grado di esaltare la configurazione stessa del palazzo rinascimentale, stabilendo una consequenzialità e una circolarità tra le sue stanze. Il progetto espositivo mette infatti in relazione le due ali del Palazzo e si completa con la passerella lignea che estende il percorso nel giardino, strutturando l’intervento paesaggistico di Stefano Olivari. Quest’ultimo è l’intervento più rilevante in quanto collegamento tra le due ali del palazzo attraverso una struttura lignea, essenziale e leggera, in parte vetrata, che rimarca le geometrie principali. Il giardino invece recupera le suddivisioni dell’antico brolo in riquadri quadrati e rettangolari e riporta alla luce, in chiave contemporanea, l’assetto documentato a partire dalla seconda metà del Settecento. Secondo la nostra visione l’edificio è un meraviglioso palinsesto, fatto di ripensamenti, aggiunte successive e parti mai completate che oggi emergono con chiarezza grazie a un progetto che tiene insieme tutti gli spazi pur non esibendo nient’altro che la propria capacità di donare al museo una struttura mai compiuta”.
Questa attività è durata cinque anni, a partire dal concorso di progettazione del febbraio 2017 e l’assegnazione un anno dopo e ha comportato varie difficoltà, come gli architetti hanno rimarcato in più occasioni: “Dal punto di vista tecnico non è stato semplice posizionare i nuovi impianti, nascoste nelle nuove fodere che abbiamo posizionato nelle sale in modo che interagissero il meno possibile con le opere esposte. Inoltre, più in generale, un momento complesso è stato il cambio di impresa esecutrice durante i lavori. Tante difficoltà oggi hanno portato ad avere un’area espositiva per grandi mostre, con sale dotate di controllo termo-igrometrico preciso e altre apparecchiature inserite senza alterare la spazialità degli interni”.
Per celebrare la grandezza dell’ex capitale ducale
Lo si vede con la mostra, aperta fino al 19 giugno e curata dallo stesso Sgarbi (anche presidente di Ferrara Arte) e da Michele Danieli, nella quale si fa il punto, a novant’anni dall’Officina Ferrarese di Roberto Longhi, sulla grandezza rinascimentale dell’ex capitale ducale. Se la rassegna ha un prologo negli affreschi del Salone dei mesi presso il vicino Palazzo Schifanoia – nel quale de’ Roberti probabilmente esordì in città – e un proseguimento alla Pinacoteca nazionale con un percorso sul contesto artistico, è in mostra che la grandezza degli artisti si percepisce appieno. Le oltre 100 opere provengono da musei e collezioni di mezzo mondo, facendo il punto attraverso numerosi capolavori di due grandi artisti, affiancati da svariati compagni di viaggio come Andrea Mantegna, Cosmè Tura, Niccolò Dell’Arca, Marco Zoppo, Guido Mazzoni e altri. L’appuntamento è parte di un progetto su più mostre che si estenderà fino al 1598, anno della devoluzione di Ferrara alla Chiesa e il passaggio della capitale estense a Modena. Qui la storia artistica sarà diversa, forse di minore rilevanza, se si eccettua però il XVII secolo.
Immagine di copertina: © Marco Cappelletti, courtesy Labics
La carta d’identità del progetto: completamento di ristrutturazione, restauro e riqualificazione di Palazzo dei Diamanti
Un libro sulla Ferrara estense
Frutto di una ricerca ventennale, il volume mira a fare il punto su una serie di temi chiave della storia quattrocentesca di Ferrara nel contesto italiano ed europeo: il ruolo dei duchi d’Este nella crescita urbana, la rete delle residenze di corte in città e nel territorio (le cosiddette Delizie), le strategie ducali e l’ampliamento della fine del secolo (l’Addizione erculea), la figura di Biagio Rossetti e il rinnovamento della cultura architettonica locale. Ferrara, perché? – chiedeva ormai sessant’anni fa Bruno Zevi. La domanda rimane attuale, ma le risposte non possono che essere mutate: saper vedere la città, nel XXI secolo, significa soprattutto interrogare la pluralità dei linguaggi, delle cronologie e degli attori in gioco sulla scena cittadina. Attraverso il prisma ferrarese, il libro intende offrire un esempio di metodo per una nuova storia dell’architettura e delle trasformazioni urbane aperta alle sollecitazioni della storia della società e della cultura.
Marco Folin, Ferrara estense. Architettura e città nella prima età moderna, Oligo, p. 440, euro 35
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concorsi , Emilia Romagna , libri , mostre , musei , restauro , riqualificazione
Last modified: 23 Febbraio 2023