Una mostra alla Cooper Union di New York indaga il ruolo dell’architettura nel plasmare i comportamenti sociali
NEW YORK. Nell’autunno 2020, per il numero 50 della rivista “Log” intitolato Model Behavior, il direttore del Terreform ONE Christian Hubert scrive l’articolo Model Behavior? Dall’interrogativo emerge subito la messa in discussione del tema del numero, la ricerca dei suoi significati che non possono riassumersi in un’interpretazione univoca. Hubert evidenzia come ci siano diverse funzioni grammaticali incorporate nella locuzione model behavior. Nella prima il termine model ha funzione verbale: modellare, prevedere o attivare comportamenti. Nella seconda aggettivale, cioè model behavior indica il comportamento esemplare, ma l’ambiguità della frase solleva subito la questione del come attivare un comportamento esemplare. Nella terza, infine, model è un nome semplice e il suo comportamento è argomento d’indagine, evidenziando quindi come la questione sia aperta.
Probabilmente questa analisi, volontà di apertura a un’indagine che prevede molteplici e sovrapposte interpretazioni, è anche la chiave di lettura per comprendere le diverse valenze che può assumere il tema della mostra “Model Behavior” curata da Cynthia Davidson, direttrice di “Log”, e inaugurata il 4 ottobre negli spazi della The Irwin S. Chanin School of Architecture – The Cooper Union for the Advancement of Science and Art di New York. Perché il modello e la sua applicazione non sono costanti univoche, ma variabili la cui determinazione influenza i risultati ottenuti, cioè la lettura che se ne ottiene della realtà.
70 lavori di 45 autori
La mostra, una collettiva che investiga come i modelli in architettura contribuiscono a dar forma ai comportamenti sociali, presenta riflessioni provenienti da diverse discipline attraverso 70 lavori e oggetti di 45 artisti e architetti tra cui, in ordine espositivo, Hector Urban Design, Wes Jones, Young & Ayata, Liam Young, Thomas Demand, Olafur Eliasson, Isamu Noguchi, Forensic Architecture, Reiser + Umemoto RUR, Eisenman Architects, Greg Lynn, Agency Architecture, J Mayer H e MOS. Propone modelli di modelli che simulano la realtà, modelli dell’inutile, modelli operativi ed evolutivi, cioè di critica e costruzione partecipata della realtà e dello spazio progettabile, ma anche modelli del reale, compreso o che crediamo di comprendere, come quelli anatomici o astronomici, e giocattoli di altre epoche per simulare la vita quotidiana, o un suo modello culturale ormai datato.
Fisici o digitali, i modelli non si riferiscono solo allo spazio materiale ma anche ai fenomeni culturali, economici, o atmosferici di cui siamo parte o che c’investono quotidianamente. I modelli, infatti, in quanto simulazione, servono a comprendere la realtà, passata o presente, e ad anticipare quella futura, così da gestirla indirizzando le nostre risposte, scelte e comportamenti, rendendole il più adeguate possibili. Lo stesso avviene in architettura, di cui i modelli sono parte intrinseca; perché, se da un lato rappresentano ciò che è, dall’altro visualizzano ciò che ancora non è; sono uno strumento di costruzione di nuovi scenari, fisici e non e, conseguentemente, contribuiscono a condizionare e dar forma al nostro immaginario e ai nostri comportamenti.
Riscriviamo i modelli del passato
L’allestimento, dello studio locale New Affiliates (vincitore dell’edizione 2020 del New Practices New York. premio organizzato dall’AIA-NY, in mostra al Center for Architecture fino a febbraio 2023), è la costruzione di un paesaggio lineare fatto di alternative senza successione di merito; diverse possibilità, tutte ugualmente valide e rappresentanti le diverse discipline che costruiscono la mostra: plastici architettonici, modelli digitali animati, disegni, realtà aumentata, fotografie, video, modelli scientifici. Come implicitamente chiesto dal tema della mostra, l’allestimento agisce sul condizionamento e l’attivazione dei nostri comportamenti sociali e, per far ciò, sfrutta anche le vetrine su strada dello spazio espositivo che, presentando 6 installazioni speciali, sollecitano il comportamento sociale del passante offrendogli la possibilità di una scelta: visitare o no la mostra.
Se la modernità ha rappresentato l’aspettativa di un’epoca di progresso e benessere, la contemporaneità ci ha mostrato che si è trattato di un sogno illusorio, perché la sorpresa rappresenta ancora la norma, rendendo la nostra conoscenza e controllo della realtà limitati.
“Siamo in un momento critico, un momento in cui dobbiamo esaminare i modelli che sono stati in uso da tempo”, spiega Davidson. Poiché un modello non è che l’astrazione di una specificità e, come tale, può non essere completo o esatto, tanto nella costruzione che nell’interpretazione che ne deriva, restituendo risultati parziali o errati, “dobbiamo riscrivere quei modelli, soprattutto ora che l’architettura sta mettendo in discussione i suoi metodi e le sue intenzioni”. Perché, citando solo due esempi, questo ci chiedono la crisi climatica e le disuguaglianze sociali di cui l’architettura è una delle cause principali.
Immagine di copertina: © Olympia Shannon
Model Behavior
4 ottobre – 18 novembre
The Irwin S. Chanin School of Architecture – The Cooper Union for the Advancement of Science and Art
cooper.edu/architecture/events-and-exhibitions/exhibitions/model-behavior
About Author
Tag
allestimenti , mostre , new york
Last modified: 19 Ottobre 2022