Nei sogni di ogni banco a rotelle, in fondo, c’è sempre una ripida discesa
C’era una volta un giovane banco a rotelle che si chiamava Rollo.
Viveva nello scantinato di una scuola elementare insieme a suo fratello Rotolo e alla sorella minore Ruotina. Rotolo era sempre ottimista, Ruotina allegra e sorridente, mentre Rollo era spesso di pessimo umore, a volte piangeva.
In effetti c’era ben poco da ridere. Lo scantinato era un enorme stanzone semivuoto, illuminato solo da un filo di luce ma, soprattutto, era così umido che i loro ingranaggi iniziavano ad arrugginirsi.
Per fortuna, ogni tanto, la vecchia bidella andava a scuoterli dalla polvere. Talvolta li spostava fuori in cortile lasciandoli riposare al sole.
Il più grande desiderio di Rollo, Rotolo e Ruotina era di correre lungo interminabili e ripide discese. Nei sogni di ogni banco a rotelle, in fondo, c’è sempre una ripida discesa.
Erano certi che, se i bambini li avessero incontrati, quel sogno si sarebbe realizzato. Ogni giorno ne sentivano le urla festanti e il rumore dei loro passi rincorrersi nei corridoi. Purtroppo ai bambini non era permesso andare nello scantinato.
“Come mai nessuno ha mai bisogno di noi?”, chiedeva Rollo.
E Rotolo rispondeva: “Sii paziente. Vedrai che prima o poi verranno a cercarci”.
Finché un giorno di primavera la scuola piombò in un silenzio irreale; non si sentivano più le urla dei bambini e le luci rimasero a lungo spente.
Tutto era così triste che persino Ruotina smise di sorridere.
“Sicuramente è successo qualcosa di brutto!”, ripeteva Rollo.
“Io invece penso che qualcosa di meraviglioso stia per accadere”, lo incoraggiava Rotolo.
Passarono dei lunghi mesi finché, all’improvviso, lo scantinato iniziò a riempirsi di banchi a rotelle.
Rollo, Rotolo e Ruotina non potevano credere ai loro occhi-rotelle.
Venivano da posti lontani, esibivano colori sgargianti e parlavano dialetti strani.
“Piacere, io sono Rotolo”, ripeteva festante, chiunque incrociasse, il maggiore dei fratelli.
Ruotina era talmente felice che iniziò a girare per lo scantinato così velocemente da farsi venire il mal di testa e si rovesciò. Rad, un bellissimo banco a rotelle tedesco in acciaio lucido, l’aiutò a rialzarsi e così si fidanzarono. Rollo, invece, fece amicizia con Rua, una seduta veneziana con delle bellissime rotelle bionde e smise di piangere.
Ora nello scantinato della scuola c’era sempre aria di festa. La sera, in cerchio, si ballava la pizzica e ci si ubriacava di trementina.
“Le cose stanno per cambiare!”, annunciava spavaldo Rotolo.
Infatti non passarono che pochi giorni che una ventina di banchi a rotelle furono scelti e portati di sopra, nelle aule. Rollo fece di tutto per farsi preferire. Superò la calca, disponendosi in prima fila, ma niente, favorivano i banchi nuovi, quelli con la plastica luccicante e le rotelle moderne.
Nei giorni successivi altri banchi furono scelti, tra cui anche Rua. Rollo tornò ad essere triste anche se Rotolo lo rassicurava: “Vedrai, presto prenderanno anche te”, gli sussurrava.
Intanto Ruotina e Rad si erano sposati ed avevano avuto un piccolo banchetto a rotelle che avevano chiamato Rotolino. Era venuto di sana e robusta costituzione: era perfetto per un asilo.
Dopo qualche mese i banchi a rotelle che erano rimasti nello scantinato iniziarono ad immalinconirsi e l’aria di festa lentamente scomparve. Fino a quando, un giorno, i banchi a rotelle prescelti furono ricondotti a forza nello scantinato. Rollo ritrovò Rua che gli raccontò di aver incontrato tanti bambini. Ma non l’avevano spinta in discesa bensì fatta giocare all’auto-scontro e per poco non s’era distrutta in mille pezzi!. E mentre lo diceva gli mostrava le spaccature sulla schiena e sul pianale.
Rollo si prese cura di lei, la curò col bostik e un magico olio lubrificante che gli aveva lasciato in eredità suo nonno Ruotolone.
Ben presto nello scantinato arrivarono centinaia e poi altre centinaia di banchi a rotelle.
Banchi provenienti da tutto il mondo vennero ammassati nello scantinato, finché non rimase più spazio nemmeno per una rotella. Era tutto un protestare: “Fatti più in là!”, “Attento a dove metti quelle rotelle!”, “Ehi, mi stai mettendo una rotella sul pianale”, e così via.
Lo scantinato divenne invivibile. Un giorno ci fu un crollo così rumoroso che tutti accorsero a vedere.
La mattina seguente, due operai vennero a caricare dei banchi, ne presero un bel po’ e li portarono via.
Poi tornarono a prenderne altri. Rotolo fiutò il pericolo: appoggiò la rotella-orecchio al muro e origliò ciò che si dicevano, poi chiamò a raccolta Rollo, Rua, Ruotina, Rad e Rotolino.
“Bisogna scappare”, disse, “prima che ci portino in discarica o al compattatore”.
“Ma come facciamo?”, chiese Rollo, “ci prenderanno!”.
“Invece no. Noi abbiamo le ruote e il mondo è pieno di discese”.
E siccome gli altri lo guardavano impauriti, aggiunse: “Non dimenticatevi del nostro sogno!”.
Così presero coraggio e approfittando della confusione, uno per volta, corsero veloce fuori dalla scuola, lanciandosi lungo la discesa nel piazzale. E da là, scivolarono via lungo tutte le discese che incontrarono sul loro percorso. Finché sparirono all’orizzonte.
Non sappiamo dove siano ora Rollo e i suoi fratelli, ma se vi capita d’incontrare un banco a rotelle fermo sul bordo di una strada, in un campo o nel cortile di una scuola, se volete che realizzi il suo sogno, ricordatevi di spingerlo giù, lungo la prima discesa disponibile.
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L'archintruso , scuole
Last modified: 28 Settembre 2022