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Written by: Città e Territorio

España vaciada, essere in pochi non significa avere meno diritti

España vaciada, essere in pochi non significa avere meno diritti

Nell’entroterra spagnolo, spopolato, poco connesso e infrastrutturato, stanno nascendo movimenti che rivendicano politiche per nuove relazioni tra città e territorio

 

C’è una Spagna poco raccontata, lontano da Madrid e Barcellona, dalle coste e dai principali centri turistici. Una Spagna che viaggia a una velocità ridotta, che comprende un territorio attraversato dai 3.700 km di rete dell’Alta Velocità, un record europeo che colloca il Paese solamente dietro alla Cina in quanto a estensione. Quello dell’AVE è un investimento multimilionario che continua a sollevare polemiche e a puntare il dito sulla politica centralista di Madrid, la cui “mentalità radiale” va a discapito, per esempio, del caldeggiato (dall’Unione Europea, oltre che dalle comunità autonome della costa) Corredor mediterraneo, ma anche della rete ferroviaria convenzionale, in parte sostituita dall’Alta Velocità e in parte dimenticata, dove urgono investimenti che renderebbero meno difficoltosi gli spostamenti tra i centri minori dell’entroterra.

In province come quella di Soria, il tratto di autostrada che unisce l’Aragona con il Portogallo, attesa da trent’anni, sta arrivando con il contagocce: si inaugurano in questi giorni, con dieci anni di ritardo, 17 km di Autovia del Duero che decongestionano il traffico che oggi viaggia esclusivamente su strade nazionali; altri 11 km potrebbero aggiungersi all’inizio del 2023, ma per quanto riguarda i 45 km restanti dell’infrastruttura non ci sono date previste.

 

Un entroterra penalizzato

La penalizzazione delle zone dell’entroterra va oltre la mancanza di una rete ferroviaria e autostradale adeguata: mentre la Spagna appoggia la proposta dell’Unione Europea di vendere esclusivamente veicoli elettrici a partire dal 2035, solo un 36% dei punti di ricarica si trovano attualmente al di fuori dei centri urbani, secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio per la Sostenibilità spagnolo. Ci sono regioni come la Galizia, la Cantabria, la Rioja e la Navarra e diverse provincie interne che ad oggi non possiedono alcun connettore elettrico di alta potenza, cosa che condanna questi territori a dipendere dal combustibile fossile.

Passando alla rete internet, il 21,7% dei municipi ne era sprovvisto quando è iniziata la pandemia, e attualmente solo il 33% della popolazione rurale è servita dalla fibra ottica.

 

España vaciada per reclamare servizi e diritti

La mancanza di infrastrutture è solo uno dei motivi che hanno spinto diversi collettivi a unirsi per reclamare allo Stato servizi e diritti per un territorio che secondo loro è condannato all’oblio e all’abbandono, e che esige un nuovo modello organizzativo che salvaguardi il territorio per mantenerlo vivo, perché “essere in pochi non significa avere meno diritti”. Il partito politico España vaciada (Spagna svuotata) raggruppa circa 120 associazioni provenienti da 12 comunità autonome, che da più di vent’anni rivendicano l’importanza di politiche territoriali ad hoc e che hanno deciso di unirsi e darsi alla politica per potere, una volta arrivati in Parlamento, influire sulle decisioni e attrarre investimenti nei territori rurali.

Alle ultime elezioni amministrative regionali dello scorso novembre sono riusciti a strappare in Aragona un deputato e due senatori sotto l’egida del partito locale Teruel Existe, mentre Soria !Ya! ha ottenuto più voti dei socialisti e del Partido Popular messi insieme nel capoluogo di provincia, ed è stato il partito più votato in 92 municipi. Un successo che obbliga i partiti tradizionali a confrontarsi sui temi cari alla España Vaciada, e che per la provincia di Teruel ha già portato a casa l’aumento del budget in cambio dell’approvazione del bilancio.

 

Una nuova rappresentanza per le aree spopolate

España vaciada si fa portavoce di quei territori che dalla metà del secolo scorso hanno perso progressivamente popolazione conseguentemente alle politiche economiche e strutturali che hanno portato a un disequilibrio territoriale, con la concentrazione della popolazione nei grandi centri e in determinate aree geografiche, provocandone il declino, la perdita di popolazione, servizi, infrastrutture e opportunità lavorative.

La popolazione spagnola è cresciuta del 30% tra il 1975 e il 2021, per un totale attuale di 47 milioni di abitanti, ma la crescita non è stata equilibrata: una città come Zamora ha perso il 30% dei suoi abitanti in questo periodo, mentre le Baleari hanno raddoppiato i residenti. Nell’ultima decade 3 municipi su 4 hanno subito il fenomeno dello spopolamento: tra il 2017 e il 2018 sono state 26 le province che hanno perso popolazione, con picchi per Zamora, Àvila, León e Càceres, che non sono esattamente dei centri rurali minori.

L’82% del territorio di Castiglia e León ha una densità abitativa inferiore al 12,5% per kilometro quadrato. Questa regione, insieme all’Aragona, è in testa al ranking delle regioni più disabitate d’Europa, competendo con Lapponia e Norvegia. La perdita di popolazione è accompagnata dall’invecchiamento di quelli che rimangono: nell’ultimo decennio, in circa 6.000 municipi le morti hanno superato le nascite.

 

La richiesta di un nuovo modello sociale ed economico

España vaciada chiede allo Stato che elabori un modello sociale ed economico che getti le basi per una nuova relazione tra città e territorio che migliori l’accessibilità, i servizi e le prestazioni sanitarie, educative e socioculturali e, ovviamente, garantisca una connessione internet ad alta velocità capillare, e che non obblighi i giovani a lasciare la loro terra d’origine per mancanza d’opportunità. Reclama allo stesso tempo un modello di pianificazione territoriale che mantenga vivo il mondo rurale preservando il paesaggio, perché il fenomeno dello spopolamento delle regioni rurali ha anche un impatto sull’ambiente. La perdita di attività agricole e allevamenti di tipo tradizionale, insieme alla pastorizia, a favore di grandi progetti di tipo industriale e i macroallevamenti, in gran parte suini altamente contaminanti, secondo Greenpeace sta provocando un allarmante impoverimento della biodiversità, oltre a importanti problemi d’inquinamento delle falde e aumento degli incendi. Senza dimenticare la cosiddetta “transizione ecologica”, grazie a cui, con il beneplacito delle amministrazioni, si concentrano nelle mani di fondi d’investimento e aziende vastissime zone rurali per destinarle a parchi di energia rinnovabile.

 

L’accelerazione dopo il 2008

È certo che il processo che ha condotto a questo disequilibrio territoriale ha subito un’accelerazione dopo la crisi economica del 2008. D’altra parte, proprio in seguito alla crisi è sorto un interesse da parte della popolazione urbana e una corrente che ha certe similitudini con la situazione vissuta durante la pandemia. Da qualche anno anche la televisione (privata) si cimenta nel tentativo di far conoscere la vita che gira attorno ai piccoli centri dell’entroterra spagnolo, “perché quasi nessuno ne parla, nemmeno i politici” commenta Jesús Calleja, che presenta la settima stagione di Volando voy, un programma che nasce con l’intento di lottare contro lo spopolamento e rivendicare le opportunità che offrono “i grandi dimenticati” del Paese. Ma che è anche un megafono per la popolazione che può raccontare storie di disservizi e mancanze.

“Sarebbe un errore ricondurre il problema alla contrapposizione tra città e campagna, questa è una visione ingannevole della questione”, sostiene Daniel Gascón, scrittore ed editorialista di «El País», in un’intervista a «El Confidencial» di pochi mesi fa. Dal suo punto di vista, la definizione di España vaciada non ha a che vedere con il mezzo rurale, bensì “con il rapporto di forza tra una maggioranza e una minoranza, dove è sempre quest’ultima che ha la meglio”. Si tratta del binomio interno-periferia del Paese, la Spagna profonda contrapposta a Madrid e alla costa: “La popolazione insegue il turismo, il settore trainante dell’economia”, continua Gascón, “che ha rimpiazzato industria, costruzione e commercio”.

 

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 20 Giugno 2022