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Davide VargasWritten by: Progetti

Piazza Municipio, Napoli in una dimensione europea

Piazza Municipio, Napoli in una dimensione europea

Visita alla «piazza di pietra», rarefatta ed essenziale, firmata da Alvaro Siza e Eduardo Souto de Moura

 

NAPOLI. Il 5 aprile è stato riaperto il tratto di piazza Municipio da via Medina a via Acton completamente pedonalizzato. Da qualche anno era stata restituita alla città la zona antistante palazzo San Giacomo, con al centro la cinquecentesca fontana del Nettuno a cui lavorarono Michelangelo Naccherino, Pietro Bernini e infine Cosimo Fanzago. Intorno la linea continua costituita da una panca in marmo bianco gestisce il dislivello, avvolge la fontana e definisce gli spazi per alloggiare i giovani lecci piantati tra i basoli.

L’intera piazza copre la stazione della metropolitana di Municipio e il futuro collegamento con il porto; l’idea è d’intercettare i turisti provenienti dal mare e portarli direttamente nel cuore dei monumenti della città. I progettisti sono Alvaro Siza e Eduardo Souto de Moura, chiamati da Alessandro Mendini che, scegliendo i due portoghesi, apre a un linguaggio minimalista in un panorama di stazioni caratterizzate da molto colore e decorazione. Le stazioni dell’arte a Napoli sono ormai una qualità e un’attrattiva.

 

Una discesa a mare, metà piazza e metà boulevard

Una pavimentazione di pietra lavica tra due file di lecci ai margini si estende fino all’imbocco del porto, segnata da un forte dislivello e dalla lunga asola longitudinale bianca da dove arrivando dal porto si potrà vedere, forse, Castel Sant’Elmo e la Certosa di San Martino. Al momento il percorso sotterraneo è chiuso e non si può essere certi che la collina alle spalle del palazzo del municipio sarà visibile. Intorno all’asola i segni rarefatti di poche panchine e in testata una seduta quadrata circonda una porzione di pavimentazione in vetrocemento, in continuità per materiali e disegno con il segno intorno alla fontana del Nettuno. La piazza è come una discesa al mare, metà piazza e metà boulevard. Quando saranno ultimati i lavori davanti alla stazione marittima di Cesare Bazzani (1936) il rapporto sarà più chiaro e il pezzo di città rigenerato avrà una lunghezza di quasi un chilometro. La città ha bisogno di consolidare sempre di più il proprio rapporto con la risorsa mare nell’area centrale e rifondarlo dove è stato travolto, da Napoli est a Bagnoli.

Quindi un progetto complesso dalla forte componente architettonica, urbanistica (con una prospettiva di più ampia scala), di design (insegne, cestini, panchine) e infrastrutturale. A cui si aggiunge il tema della storia. I lavori sono stati rallentati dai ritrovamenti archeologici e il progetto si è modificato in corso d’opera e modellato sulla grande qualità degli stessi: dalle possenti mura che servono a delimitare il fossato ai reperti romani, greci, arabi, normanni. Dal fossato del Maschio angioino si eleva ancora la gru; i lavori proseguono e tra due anni, secondo le previsioni, ma a Napoli non si sa mai, si potranno guardare lungo la passeggiata i ritrovamenti sistemati e integrati alla città. Quando si stabilisce un rapporto attivo con la storia si produce qualità progettuale.

Dice Souto de Moura: “… un progetto di «continuità storica». Non in senso figurativo, bensì nel modo di lavorare. Gli architetti cristiani del medioevo, per esempio, rubavano le colonne romane per fare le chiese. Ecco, noi utilizziamo l’archeologia non come un campo d’investigazione, non come materiale di contemplazione scientifica, ma come materiale utile ai nostri progetti. Un muro di pietra non è là solo per essere fotografato e per affiancarvi una legenda con scritto «muro antico romano» o «spagnolo»; per noi, questo muro serve ad appoggiare il soffitto di tutta la stazione. Un rapporto con la storia operativo, piuttosto che contemplativo”.

 

Un luogo rarefatto, essenziale, silenzioso

Infine gli alberi. L’apertura di piazza Municipio ha avviato un confronto, diciamo così, “vivace” tra addetti ai lavori: il tema ricorrente è la mancanza degli alberi, con la conseguente invivibilità dello spazio nelle giornate assolate. Ma l’intervento s’inserisce nella tradizione della piazza italiana, vale a dire “piazza di pietra”. La vicina piazza Plebiscito misura circa 13.000 mq, piazza Mercato circa 10.000 mq, circa 15.000 mq il nostro caso; in Italia piazza Duomo a Milano o piazza del Campo a Siena hanno dimensioni simili, non ci sono alberi e sono luoghi iconici e memorabili.

Le criticità sono altrove, in certi dettagli non riusciti e in una necessità di manutenzione sempre difficile da queste parti, ma forse ovunque. Ad esempio, l’interno della panchina quadrata già mostra le lamiere alla base delle sedute saltate o piegate, e questa vasca rischia di essere invasa da cartacce e rifiuti. Così come l’asola, protetta soltanto da una rete che ha pure maglie larghe, almeno per ora. Resta l’elogio alle maestranze di Napoli: “Innanzitutto, devo sottolineare la qualità del lavoro degli operai, le abilità dei lavoratori della pietra”, dice Siza. Vedremo, con fiducia.

L’atmosfera che si respira è di un luogo rarefatto, essenziale, persino silenzioso. Soprattutto sgombro. Rispettoso, direi, dello scenario che lo circonda: i bastioni di Castel Nuovo, Palazzo Reale, la cupola della Galleria Umberto I, la collina con i suoi capolavori che ne sembrano delle estrusioni, Sant’Elmo e San Martino, e il mare. Per chi ha amato le opere e i disegni di Siza che nitidamente ne anticipano senza fronzoli la poetica, per chi ha amato tutto ciò è un piacere avere a portata di mano uno spazio che porti la sua firma e quella di Souto de Moura. Credo che proietti Napoli in una dimensione europea.

 

* articolo pubblicato sulle pagine di Napoli de «la Repubblica» il 30/4/2022. Tutte le immagini sono © Davide Vargas

Autore

  • Davide Vargas

    Nato a ferragosto '56 e laureato a Napoli nel 1980 a ridosso del terremoto. Sono stato definito un letterato-architetto. I miei progetti sono incastonati in questa mia terra che “offre spunti di dolore e amore”. Il Municipio di San Prisco mi ha accompagnato per dodici anni. La Casa per studenti e la Casa a righe ad Aversa raccontano le contraddizioni del luogo. L’Azienda Vinicola Sclavia e la Casa F a Liberi (CE) si confrontano con il paesaggio. L’Opificio Nardi (CE) vuole essere un segnale territoriale. Le architetture sono raccolte in “Opere e Omissioni_Works and Omissions”, letteraVentidue, 2014. Poi scrivo. Nel 2009 esce “Racconti di qui” e nel 2012 “Racconti di architettura”. Nello stesso anno “Città della poesia”. Nel 2017 “L’altra città [guida sentimentale di Napoli]” chiude la trilogia dei luoghi parlanti. Dal 2017 conduco una rubrica su "la Repubblica Napoli" dal titolo "Narrazioni" dove ogni settimana racconto e disegno un pezzo di città

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Last modified: 3 Maggio 2022