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Emanuele PiccardoWritten by: Città e Territorio

Se il PNRR spazza via le cupole di Dante Bini

Se il PNRR spazza via le cupole di Dante Bini

Le cupole del centro sportivo di Castelfranco Emilia e del campo di San Cesario, realizzate con l’innovativo sistema Binishell, rischiano di scomparire

 

La storia è sempre ingrata. Soprattutto con quegli architetti che nella loro vita non hanno fatto che sperimentare forme e tecniche all’avanguardia prima degli altri. Infatti la storia dell’architettura è cieca verso le sperimentazioni autonome, marginali e indipendenti: la prova è l’opera dell’architetto emiliano novantenne Dante Bini.

Erede di una famiglia d’imprenditori enologi (la nonna e il padre avevano fondato la Vedova Bini nel 1924), dopo un inizio alla facoltà di Chimica di Bologna, Bini s’iscrive nel 1952 ad Architettura a Firenze. Ancora studente, sono le cupole l’oggetto del suo interesse, come afferma egli stesso: “Affascinato dalla storia dell’architettura e dai sistemi costruttivi del passato mi chiedevo: ma il Pantheon, come fu costruito? Come fa a resistere da duemila anni sopravvivendo a violenti terremoti, incendi devastanti, distruzioni vandaliche, saccheggi e amputazioni?

L’ossessione per le cupole non si ferma alla tesi di laurea, ma diventa la sua cifra linguistica nella sperimentazione tecnologica che Bini inizia nei primi anni sessanta a Castelfranco Emilia. Finita l’università, l’architetto emiliano intraprende un viaggio europeo alla scoperta delle strutture ingegneristiche del periodo. Successivamente incontra Richard Buckminster Fuller, Frei Otto, Heinz Isler e Felix Candela per comprendere i sistemi costruttivi da loro inventati.

 

Il sistema Binishell

La curiosità di Bini gli ha consentito l’osservazione di un fenomeno naturale: la nevicata avvenuta a Bologna durante una partita di tennis che lui stava giocando sotto un pallone gonfiabile lo portò a elaborare empiricamente la tecnica, poi nota come Binishell. “Mi domandavo perché all’interno del «pallone» non avevo avvertito l’incremento di pressione”, scrive Bini, “dovuto a quella pesantissima massa di neve che si era via via accumulata sullo stesso. Feci un rapido calcolo del peso approssimato della neve che caricava la superficie della struttura pressostatica che era sostenuta solo da pochi millimetri d’acqua in pressione d’aria (in termini tecnici: pochi centesimi di atmosfera di pressione sostenevano tonnellate di peso!)… l’aria compressa poteva essere utilizzata, in modo molto economico, anche nel settore delle costruzioni, consentendo di sollevare e plasmare automaticamente, nel giro di una manciata di minuti, tutti i materiali (calcestruzzo e ferro) necessari a realizzare cupole in cemento armato delle dimensioni del Pantheon di Roma”.

Inizia così a sperimentare questa nuova tecnologia innovativa che gli consente di sollevare velocemente le cupole, portandolo a fondare una società omonima e registrare più di 1.100 brevetti. Importante fu l’incontro con Mario Salvadori, ingegnere, professore alla Columbia University, che lo invita il 16 maggio 1967 a fare un happening nella prestigiosa università, per mostrare la sua brillante invenzione di fronte a settecento tra studenti, professori e giornalisti.

 

Castelfranco Emilia e San Cesario, rischio demolizione

Oggi le opere di Bini sono a rischio demolizione nei due siti italiani di Castelfranco Emilia e San Cesario sul Panaro, entrambe in provincia di Modena.

Nel primo caso, il centro sportivo progettato da Franca Stagi e Cesare Leonardi (1977) che ha utilizzato il sistema Binishell, con due cupole ad uso palestra comunale per le scuole. La “lungimirante” amministrazione comunale ha deciso la demolizione delle cupole per partecipare al bando del PNRR, come richiesto dal bando stesso, senza tenere conto della possibile conservazione di un patrimonio architettonico unico. Scorrendo i documenti sull’albo pretorio del Comune di Castelfranco Emilia, si denota la pochezza dello studio di fattibilità, senza una contestualizzazione storica del sistema Binishell adducendo l’impossibilità di mantenere e conservare questa tipologia costruttiva. D’altronde, sempre più sovente le amministrazioni cercano di aumentare il consenso con il fare, promuovendo anche operazioni prive di senso come questa attuata dalla cittadina natale di Bini. “Il nostro sguardo è puntato fermamente verso il futuro”, dichiara al «Resto del Carlino» il sindaco Giovanni Gargano (il quale, da noi contattato, non ha risposto alle domande). Peccato che il futuro era quello immaginato proprio da Bini.

Diversa è la situazione per il campo di San Cesareo sul Panaro. Una serie di cupole realizzate da Bini nel 1965 come prova sperimentale delle sue intuizioni sorgono su un terreno di 10.000 mq ora posto in vendita dalla proprietà. Qui pare che il sindaco Francesco Zuffi si sia attivato, auspicando un intervento dell’assessorato regionale alla Cultura guidato da Mauro Felicori.

Tuttavia, in questa situazione della provincia modenese si è costituito un folto gruppo di architetti, urbanisti e consiglieri comunali che sta cercando di arginare questa attitudine alla demolizione sempre e comunque, nella speranza che anche la società civile si svegli dal torpore e dal disinteresse verso un bene comune chiamato architettura.

(Si ringraziano per la collaborazione Diego Montanari e Alberto Schiavi)

 

Immagine di copertina: Dante Bini, prime cupole realizzate a Crespellano (Bologna), nel 1964

 

 

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 9 Marzo 2022