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Luca GibelloWritten by: Patrimonio

Nell’interrato, Cremona sfoggia i tesori della Diocesi

Nell’interrato, Cremona sfoggia i tesori della Diocesi

Visita al Museo Diocesano, nei sotterranei del Palazzo vescovile, su progetto di Studio Arkpabi

 

CREMONA. A breve distanza di tempo dall’inaugurazione di Palazzo Stauffer, la città lombarda torna agli onori delle cronache con l’apertura, il 12 novembre, del Museo Diocesano. A fianco della Cattedrale di Santa Maria Assunta (definita da Roberto Longhi «la Cappella Sistina della Pianura Padana»), si arricchisce così l’offerta dei Musei della Diocesi, che include il celebre Torrazzo e il Battistero.

 

Tematismi, catechismi, mecenatismi

Al piano interrato del Palazzo vescovile (che assume l’attuale veste neoclassica con gli interventi eseguiti su progetto di Faustino Rodi nel 1783-1817), i locali di servizio, con le antiche cucine e la pregevole ghiacciaia in mattoni, sono stati restaurati e rifunzionalizzati. Qui, su una superficie di oltre 1.400 mq, trovano collocazione più di 120 opere provenienti dalla città e dalle parrocchie del comprensorio, raccolte in 12 sale secondo un fluido percorso tematico, sorta di catechesi attraverso la contemplazione. Le 7 sezioni riguardano le origini della Diocesi, l’incarnazione e il mistero mariano, la redenzione della croce, i santi quali intercessori, le opere della collezione Giovanni e Luciana Arvedi Buschini, la Tavola di Sant’Agata, l’età visconteo-sforzesca con il “tesoro di Pizzighettone”. Oltre alla citata Tavola, a cavallo tra Duecento e Trecento, cui è riservata una sala monografica, tra gli altri capi d’opera vanno ricordati la Natività lignea di Bongiovanni de’ Lupi (1480), l’Annunciazione di Boccaccio Boccaccino (inizio Cinquecento), la Carità di Sant’Omobono (patrono della città) di Giulio Campi (1555) e il Cristo nel Gethsemani  di Battistello Caracciolo (inizio Seicento). I lavori sono stati finanziati dalla Fondazione Arvedi Buschini (voluta da Giovanni Arvedi, imprenditore dell’acciaio e vero “dominus” di Cremona), che ha inoltre prestato svariate opere.

 

La visita

L’intero progetto è firmato da Arkpabi, studio attivo a Cremona dal 1994 e noto non solo a livello locale che, tra gli interventi di rilievo in città, vanta il Delle Arti Design Hotel (2002), la sistemazione di piazza Marconi (2011), il Museo del violino e l’auditorium Arvedi (2013), il Polo tecnologico (2017).

Ricavato al margine della facciata del Palazzo vescovile su piazza Zaccaria, l’ingresso al Museo è quasi impercettibile, se non fosse per il possente quanto elegante e lineare portale in bronzo, che introduce ai locali di accoglienza al piano terra. Di qui si accede alla corte interna, spazio verticale a tutt’altezza che funge da hall e pozzo di luce, coperto da una leggera struttura in vetro e acciaio e caratterizzato dalla presenza della scala metallica sospesa. Un po’ formalista nell’impronta planimetrica, la scala permette di scendere al piano inferiore, dove si apre e chiude il percorso anulare di visita.

Sui toni tenui del beige, intonaci grezzi e pavimenti in marmo, appena levigato, conferiscono unità agli spazi concatenati, immergendo il visitatore in un’atmosfera calda e accogliente, che esalta la semplicità delle volumetrie. Vi si adegua l’allestimento minimale, con le secche geometrie parallelepipede o tronco-piramidali rovesce di basamenti, podi e teche in legno MDF verniciato Corten, talora affiancati da scarni cavalletti ispirati al magistero scarpiano. La distribuzione e la spaziatura tra le opere ne garantiscono la buona fruizione, valorizzata anche da alcune collocazioni che innescano traguardi visuali tra stanze. L’introduzione “teologica” alle sale è affidata a pochi grandi pannelli, che riportano brevi citazioni dal Nuovo testamento a mo’ di epigrafe; mentre, oltre alle consuete didascalie, l’apparato informativo è completato da schermi video (ma, vivaddio, il must dell’interattività è scongiurato, ché per una volta si può anche sopravvivere senza dosi massicce di tecnologia digitale!). Meglio puntare, per distinguere le sezioni, sulle differenti gamme cromatiche delle pannellature di supporto alle opere. L’illuminazione s’adatta alla tipologia degli spazi: puntuale a spot su binari collocati in asse nelle volte delle sale (per un effetto chiaroscuro), integrata da fonti lineari occultate dalle pannellature nelle due lunghe e strette gallerie (per un effetto giorno). Qui, il fondo del secondo corridoio è chiuso dalla mise en scene del trecentesco Cristo crocifisso del Maestro di Massa Martana, mancante della croce ma “supportato” da un telo traslucido retroilluminato, incorniciato da un telaio in ferro che è anche supporto alla scultura lignea.

Grazie al contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo, è già previsto un ampliamento dello spazio espositivo al piano nobile del Palazzo, con il restauro dei saloni di rappresentanza, della cappella privata del vescovo e dell’antico studiolo episcopale, al fine di ospitare la collezione di arazzi e i corali miniati della Cattedrale.

 

Quale patrimonio dove

Secondo l’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani (AMEI), i musei diocesani attualmente presenti nel nostro Paese sono 268. E se è vero che tali istituti, al fine di valorizzare il patrimonio, “incamerano” beni che le singole comunità religiose non sono più in grado di tutelare, “spogliando” così i territori, a Cremona si osserva anche il fenomeno contrario: invece di limitarsi ad accentrare, per una volta è il museo a rimandare all’esterno. Vale per alcuni calchi, presenti al Diocesano, che rinviano agli originali ancora in loco. In particolare, il trittico di Sant’Imerio, della Madonna con bambino e di Sant’Omobono, che riproduce, con tanto di stilizzato allestimento architettonico [immagine di copertina], le statue che adornano il fronte principale dell’attigua Cattedrale. Un invito a uscir là fuori e sollevare lo sguardo, magari distogliendolo per un attimo dallo smartphone.

 

Immagine di copertina: © Adele Muscolino. Si ringrazia per la collaborazione Rosanna Muscolino 

La carta d’identità del progetto

Proprietario/Committente: Diocesi di Cremona – Fondazione Arvedi Buschini
Comitato scientifico: Don Gianluca Gaiardi, Stefano Macconi, Don Andrea Foglia, Don Pietro Bonometti
Progettazione architettonica, direzione lavori, direzione artistica: Studio Arkpabi (Giorgio Palù e Michele Bianchi architetti con Davide Andrea Nolli, Alessandra Dall’Ara, Francesca Gallina, Marcello Cesini, Sara Cavazzoni)
Progettazione strutture: Metro Q Engineering
Progettazione impianti e antincendio: Studio Associato Perlini
Impresa di costruzioni: Immobiliare Raffaella srl
Impianti elettrici e speciali: Boffetti spa
Impianti meccanici e idrosanitari: Termoidraulica Fasoli srl
Opere in ferro, serramenti esterni e copertura corte: Steel Group
Serramenti in legno: Ori e Bonetti Falegnameria srl
Opere in bronzo: Ve-Co di Velli, Corini & Brunelli snc
Pavimentazioni: Bravi Marmi
Sistemi illuminanti: Delta Light
Allestimento museografico: Höller srl
Allestimenti e grafica: Form the Creative Group
Installazioni multimediali: C2 Group
Contenuti multimediali: Stefano Macconi
Calchi opere: 3D ArcheoLab
Movimentazione opere: Arterìa

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 17 Novembre 2021