L’edizione 2021 ha portato avanti la riflessione sulle nuove sfide urbane e sulle nuove modalità della professione dell’architetto
ROMA. Si è da poco concluso il nutrito ciclo di appuntamenti dell’edizione 2021 del Festival New Generations, ospitato dall’Accademia Reale di Spagna in Roma e curato da Gianpiero Venturini (Itinerant Office) per conto dell’Associazione culturale New Generations. La manifestazione, che s’inserisce in un più ampio progetto triennale (2020-22) e che New Generations porta avanti con il titolo di “Nuove sfide urbane”, ha coinvolto un notevole gruppo di architetti e collettivi emergenti italiani ed europei, attraverso un articolato format d’incontri.
Fin dalla crisi del 2008 New Generations si è occupata d’indagare le nuove modalità della professione dell’architetto attraverso una piattaforma di connessione tra le varie realtà emergenti europee. Un campo di ricerca in continuo aggiornamento, in particolar modo all’indomani della crisi e dei radicali cambiamenti sociali dovuti alla pandemia globale.
La scelta dei due temi principali dell’evento, (City and) Technology e (City and) Image, volutamente molto aperti, ha dato voce a esperienze tra loro eterogenee, creando una rara opportunità di confronto diretto tra modi diversi di fare architettura e presentando un ampio ventaglio d’inedite “sfide urbane”. Grazie a questa impostazione hanno infatti più volte discusso allo stesso tavolo realtà tra loro assai distanti, come ad esempio il collettivo spagnolo TAKK, impegnato in una radicale rivisitazione del progetto di architettura “green” alla luce delle istanze dell’ecologia, del femminismo e della giustizia sociale, e l’esperienza dello “storytelling urbano” dell’organizzazione anglo-francese Theatrum Mundi, che racconta il sistema città attraverso le molteplici chiavi di lettura di urbanisti, artisti e scrittori.
L’ambiente urbano e la sua complessa struttura di relazioni si configurano come il campo privilegiato di ricerca anche delle proposte editoriali presentate durante il festival da vari studi e collettivi, tra cui gli italiani di Orizzontale, con la piattaforma d’indagine sulla città intitolata Vuoto, o i tedeschi FAKT, che con il progetto “Berlin Maps” s’interrogano sulle trasformazioni urbane e sociali della capitale. Anche in questo caso è la diversità di approcci a caratterizzare il dibattito: alcuni progetti editoriali infatti contemplano vari livelli di lettura, mentre altri sondano campi di ricerca molto specifici e circoscritti. Ciò che però tiene insieme le varie esperienze è uno sguardo critico sui cambiamenti che interessano le nostre città e le dinamiche urbane alla luce delle grandi sfide ambientali e sociali contemporanee.
Non solo temi urbani: pubblicazioni come Architecture is just a pretext (a cura del gruppo italiano Carnets) o il belga Accattone si sono invece occupati di esplorare pratiche architettoniche e artistiche contemporanee, con una particolare attenzione all’identità di piccole realtà inedite e lontane dallo star system, dando vita a nuove reti d’incontro e dibattito.
Se, dunque, emerge una straordinaria “biodiversità” nel panorama contemporaneo europeo degli studi emergenti, è tuttavia possibile intravedere dei tratti comuni di queste diverse esperienze: l’attitudine a concepire l’architettura come una materia multidisciplinare e un’eccezionale capacità di cogliere, grazie a questa particolare condizione, le molteplici possibilità di ricerca offerte, coinvolgendo figure provenienti dal mondo dell’arte, della psicologia, della sociologia, con lo scopo di comprendere le criticità del presente. Risulta così molto calzante la definizione, data dallo stesso Venturini, di “pratiche editoriali anticipatrici”: i progetti editoriali emergenti, sviluppati anche in forme nuove e sperimentali, aprono inedite finestre sui temi del presente e delineano le potenziali “nuove sfide urbane” del futuro.
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Last modified: 5 Luglio 2021