Taglio del nastro in pompa magna, con il senatore-architetto nel ruolo d’ispiratore del progetto di rinnovamento del Campus Bonardi sviluppato da Ottavio Di Blasi & Partners
MILANO. A tre anni circa dall’inizio dei lavori (ne abbiamo parlato qui), il rinnovamento del Campus Bonardi del Politecnico è cosa fatta. Firmato da Renzo Piano – attraverso l’ormai collaudato schema dello schizzo regalato – e sviluppato dallo studio Odb-Ottavio Di Blasi & Partners, è l’intervento che riqualifica soprattutto gli spazi aperti a nord di via Bonardi (quella strada-limite che, nell’immaginario e nei ricordi di studenti e docenti, “divide” gli architetti, di qua, e gli ingegneri, di là). Traguardo importante e molto atteso per l’ateneo – prima università italiana in tutti i ranking internazionali; in queste aule si laurea un architetto italiano su 4 -, la cui autorevolezza è dimostrata anche dal parterre de roi raccolto per l’inaugurazione: presidente della Repubblica, ministro dell’Università, presidente della Regione, sindaco di Milano. Momento simbolico, di ripresa e di rilancio dell’attività formativa, con le necessarie trasformazioni post-pandemia (alle quali il rettore, Ferruccio Resta, aveva accennato sulle nostre pagine nei mesi scorsi) e che comprendono una serie di obiettivi internazionali, tra i quali un’ambiziosa apertura all’Africa.
La retorica del nuovo campus nell’area storica del Politecnico (tra via Bonardi appunto, via Ampère, via Ponzio e il complesso delle piscine Romano) appare un po’ sproporzionata per un progetto che di fatto si configura come una riqualificazione degli spazi esistenti e con un’integrazione, misurata, di nuovi volumi (circa 4.500 mq di efficienti aule e laboratori). Sicuramente, è intervento capace di aprirsi significativamente al quartiere di Città studi: il verde ritrovato e rinnovato (130 alberi in circa 9.000 mq di superficie) contribuisce a riconnettere il tessuto e a stabilire nuove relazioni. Il Politecnico non è più una enclave, ma diventa sempre più pezzo di città (e oggi, tolti gli scanner per il rilevamento della temperatura, riconquista anche permeabilità e porosità): in questo senso il progetto Piano-Di Blasi è una tappa che ha visto, alcuni anni fa, la riqualificazione di piazza Leonardo e, proprio in queste settimane, anche la riapertura del rinnovato spazio sportivo di Campus Giuriati, tasselli di un sistema pedonale verde aperto che unisce cultura e tempo libero.
La trasformazione più importante sembra essere il recupero di una dimensione pedonale – dell’incontro e dello stare – per le aree al livello -1, che erano occupate dall’edificio Sottomarino e da un brutto e disordinato parcheggio che assediava il Trifoglio e la Nave (edifici entrambi progettati da Gio Ponti, negli anni sessanta). Ora il vuoto si è trasformato in piazza, semplice ed efficace per l’uso atteso, con gli studenti che lavorano e chiacchierano in uno spazio informale (che appare decisamente più adatto rispetto alle postazioni un po’ enfatiche allestite invece nel contiguo campus di Ingegneria). La continuità con il grande patio di Vittoriano Viganò (realizzato tra anni settanta e inizio ottanta, come ampliamento della sede originaria dell’allora Facoltà di Architettura, progetto di Piero Portaluppi, Giordano Forti, oltre allo stesso Ponti) e con i livelli inferiori di Nave e Trifoglio (che, ristrutturato, comprende laboratori, spazi per lo studio e una nuova aula magna), si configura come un nuovo parterre pubblico, interamente percorribile, a prevalenza di verde con i nuovi alberi già di medie dimensioni. La chioma si percepisce direttamente proprio da via Bonardi, la cui percorrenza pedonale viene ampliata con un’ampia terrazza (nuovo orizzonte che si protende nel rinnovato campus) sulla copertura di uno dei due nuovi edifici che comprende LAbora (Laboratorio all’avanguardia di modellistica architettonica, tecnologie digitali e di progettazione). Il secondo edificio, di 4 piani, è proprio collocato nello spazio liberato dal Sottomarino, al confine con le piscine, tra il fronte del Trifoglio e quello di Viganò. Persa l’occasione per mantenere un vuoto, che sarebbe stato di estremo fascino, le strutture sono caratterizzate dall’utilizzo massiccio di ferro e vetro: architetture di luce, trasparenti e high-tech, votate agli standard di sostenibilità, internazionali nel linguaggio, eleganti ma non entusiasmanti. Incapaci, o forse non interessate, a generare un rapporto intenso con quel museo a cielo aperto di architetture singolari e visionarie rappresentato da questa parte del Politecnico, che il progetto contribuisce a rendere fruibili e percepibili.
Il discorso del rettore, oltre ad un assist al senatore Piano e alle sue attività a Palazzo Giustiniani (“Il Politecnico ha dunque ricucito negli anni il suo rapporto con la città. Quello stesso rammendo che questo campus ha voluto sancire”), si è concentrato sulla parola qualità e sul senso dell’intervento pubblico: “La cosa pubblica deve tornare a rappresentare la bellezza e la qualità che abbiamo ereditato dalla nostra storia. Non può essere una giustificazione all’inefficienza e alla lentezza. Un pretesto per rinunciare a interventi di valore. L’opera pubblica deve essere un motore per lo sviluppo sostenibile dell’ambiente in cui viviamo”. L’ex studente Piano ha invece toccato corde più emozionali, rivolgendosi a quei giovani e giovanissimi colleghi che qui trovano ora una casa rinnovata: “Il campus è vostro, fatene buon uso”.
Immagine di copertina: copyright Matteo Bergamini
Comprende immagini e progetti, oltre ad un regesto degli edifici che compongono il campus, il recente volume Architetture al Politecnico di Milano. Università e città (a cura di Federico Bucci e Emilio Faroldi, Silvana Editoriale, 2021, 152 pagine, 28 euro)
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Milano , renzo piano , università
Last modified: 28 Giugno 2021