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Marco FalsettiWritten by: Città e Territorio

Ritratti di città. Riga e il valore del patrimonio

Ritratti di città. Riga e il valore del patrimonio
Il grande passato della capitale della Lettonia è rinverdito da un continuo processo di rinnovamento

 

RIGA. Benché il bilancio della prima metà dell’anno non sia ancora riuscito a fugare tutti i dubbi sull’evolversi dell’emergenza Covid-19, il 2021 rappresenta, per la Lettonia, l’occasione d’importanti ricorrenze: il 21 agosto la repubblica baltica festeggerà infatti il trentennale della sua ritrovata indipendenza. La prima proclamazione, seguita ad un conflitto biennale con l’Unione Sovietica, era stata celebrata l’11 agosto 1920. Nel 2021 ricorre inoltre l’820° anniversario della fondazione di Riga da parte del vescovo tedesco Albrecht von Buxthoeven, e l’inizio di una lunga storia a cavallo tra mondi e culture diverse.

L’invidiabile posizione al centro del golfo omonimo, chiuso a nord dalle grandi isole estoni di Hiiumaa e Saaremaa, rese infatti in breve tempo Riga uno tra i principali centri della Lega Anseatica nonché uno tra i maggiori scali del nord Europa; un ruolo che ha mantenuto indipendentemente dalle dominazioni che si sono succedute nell’arco della sua storia.

Il tessuto urbano del centro storico riflette in tal senso la prosperità dei suoi commerci e, sebbene danneggiato dalle violente battaglie combattutevi nel corso delle due guerre mondiali, ha conservato intatta la maggior parte degli edifici, la qual cosa è valsa alla città, in tempi relativamente recenti, il riconoscimento dell’Unesco e il relativo ingresso nella World Cultural Heritage List (1997).

Lungi dal limitarsi alla mera conservazione di un pur spettacolare patrimonio storico-artistico, la metropoli sulla Daugava è coinvolta, sin dai primi anni novanta, in un continuo processo di rinnovamento architettonico, sintetizzato dai recenti interventi per la costruenda Rail Baltica e da alcuni progetti paradigmatici, come il DnB NORD Office Building (oggi Luminor) realizzato dal lituano Audrius Ambrasas nel quartiere di Brasa, che rappresenta un’interessante reinterpretazione, in chiave urbana, del tema del complesso per uffici. L’edificio è costituito infatti da due corpi distinti di 10 piani ciascuno collegati, nella parte sommitale, da una grande piastra sospesa che definisce anche la piazza sottostante, rendendola un luogo aperto alla cittadinanza.

 

Riga verticale

Di questa attitudine costruttrice dei rīdzinieki (gli abitanti di Riga) si osserva un’altra prova tangibile nell’area di Pārdaugava, alle porte della città vecchia, sulla quale troneggia lo scintillante profilo della Biblioteca nazionale (ultimata nel 2014), l’immensa vela disegnata da Gunārs Birkerts (1925-2017) e ispirata all’antichissima fiaba La montagna di vetro, assai diffusa nel folklore dell’Europa centro e nord-orientale. Birkerts, lettone naturalizzato americano formatosi in Germania e a lungo collaboratore di Eero Saarinen e di Minoru Yamasaki, ebbe incarico di progettare l’edificio già nel 1989 ma il complesso assunse in breve tempo un carattere altamente simbolico, dilatandone i tempi di costruzione. Il 1989 fu infatti l’anno della “catena baltica”, la colossale e pacifica protesta organizzata dai cittadini delle tre repubbliche che coinvolse oltre 2 milioni di persone disposte su 675 km (cioè la distanza che separa l’Estonia dalla Lituania). Non a caso Birkerts definì la biblioteca un “simbolo nazionale (…) un oggetto che unisce un popolo e la sua storia culturale” e con tale motivazione lo presentò in occasione del Building Award conferitogli dall’AIA nel 2017.

Il “Gaismas Pils” o castello di luce, come è altresì noto, si staglia sulla riva della Daugava con il suo imponente volume (170 metri x 68 di altezza) e contende figurativamente la centralità dello skyline alle due storiche emergenze di Riga, la Torre della televisione, di epoca sovietica (368 m), e la chiesa di San Pietro, che, con i suoi 123 metri di altezza, fino alla seconda guerra mondiale è stata l’edificio più alto d’Europa.

 

Le perle Art nouveau brillano di nuovo

Ma se la tendenza per la verticalità – espressa nella sobria eleganza che caratterizza i moderni interventi nelle capitali baltiche – è un aspetto che sta assumendo i tratti di una poetica autonoma (si vedano in proposito le Z Towers e le altre torri in costruzione lungo il fiume), il vero motore della rinascita di Riga va ricercato nel recupero dei tanti edifici Art nouveau la maggior parte dei quali, opera di Michail Ėjzenštejn (padre del più noto Sergej), è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità unitamente al centro storico medievale.

La città possiede infatti una tra le più vaste concentrazioni di edifici Art nouveau in Europa, nella quale si riflettono non solo le importazioni tedesche, viennesi o finniche, quanto i caratteri peculiari di un linguaggio declinato secondo timbri e colori locali, come il celebre bianco-blu dell’edificio di Elizabetes iela 10b, ormai assunto tra i simboli cittadini. L’origine di questa fascinazione lettone per l’Art nouveau, della quale solo in anni recenti sono state riconosciute globalmente consistenza e centralità per la storia dell’architettura moderna, trae origine dalla Fiera campionaria organizzata nei primi del Novecento (nel 700° anniversario di Riga) sulla scorta delle più celebri Expo di Parigi, Vienna e Londra.

 

Dialoghi, guerre, occupazioni, ricostruzioni

Questo continuo dialogo con l’Europa occidentale, e in particolar modo con la Germania, alla quale soprattutto Estonia e Lettonia sono state legate dalla presenza di un’antica aristocrazia baltica di origine tedesca, testimonia tutta la vitalità di quell’Europa primonovecentesca a lungo dimenticata tra le macerie dei conflitti mondiali.

Le sanguinose vicende delle due guerre, funestate dalla perdita della tanto sospirata indipendenza, sono ancora profondamente sentite, tanto a Riga quanto a Vilnius e a Tallinn. Non sorprende dunque, in tal senso, la centralità che ha assunto il dibattito sull’ampliamento del Museo dell’Occupazione della Lettonia, come è ora chiamato l’edificio costruito nel centenario della nascita di Lenin accanto alla Casa delle teste nere (forse il più celebre edificio cittadino, demolito dai sovietici nel 1948) e destinato a commemorare i fucilieri lettoni, implacabili sostenitori della rivoluzione bolscevica. Dopo il 1990, il complesso è stato trasformato nel Museo dell’Occupazione, arricchendosi di numerosi documenti che testimoniano i tragici avvenimenti che condussero la Lettonia ad essere occupata prima dall’Unione Sovietica, poi dalla Germania e dunque nuovamente dai russi. Fin dal 2001 è stato previsto un ampliamento del museo su proposta di Birkerts (al quale si deve il salvataggio del complesso modernista), ma i pareri discordi, che dividono inconciliabilmente quanti ne chiedono la demolizione e chi invece ne vorrebbe mantenere il ruolo di testimonianza, hanno impedito una soluzione definitiva e condivisa.

Il museo si trova peraltro nel cuore della Vecrīga (la città vecchia), dove alcuni edifici di fondamentale importanza storica – distrutti tra la guerra e il periodo immediatamente successivo (come la citata Casa delle teste nere e il Municipio) -, sono stati recentemente ricostruiti ex novo poiché riconosciuti parte integrante dell’identità cittadina, analogamente a quanto è avvenuto in Germania negli ultimi anni.

 

Musei: tanti e importanti

La necessità di ricordare e comprendere un passato articolato come quello lettone, fa sì che la cultura museale rappresenti una peculiare e radicata caratteristica del Paese, come testimonia il Museo della storia di Riga e della navigazione, allestito sin dal 1773 nel complesso della Cattedrale e incluso nell’elenco dei più antichi d’Europa.

Sebbene tradizionalmente i musei della città baltica siano stati ospitati all’interno di edifici storici (con pochissime costruzioni ex novo), in anni recenti sono stati condotti a termine diversi significativi ampliamenti dei complessi esistenti. Tra il 2008 e il 2011 è stato infatti rinnovato l’edificio della Borsa (1852-55), mentre il Museo nazionale d’arte (1903-05) è stato restaurato ed ampliato tra il 2012 e il 2015 (il nuovo volume sotterraneo contiene numerose sale espositive e un grande salone per eventi). Un piccolo ma ricchissimo museo cittadino è inoltre il Riga Art Nouveau Centre (che ricrea tutti gli ambienti domestici di un’abitazione del periodo con i relativi arredi originali), aperto nel 2009 all’interno di un pregevole edificio Liberty.

 

Una fucina dell’età industriale

Un aspetto di Riga che talvolta si dimentica è il ruolo che ha giocato all’interno della rivoluzione industriale; fino al termine del primo conflitto mondiale, la città era infatti annoverata tra gli insediamenti industriali più grandi ed avanzati dell’intera Europa settentrionale. Di questo passato resta tuttora un’importante memoria nei molti edifici residenziali in laterizio superstiti (destinati agli operai delle fabbriche cittadine, molti dei quali oggi in restauro), oltre che negli stabilimenti e nei magazzini industriali.

Accanto alla città storica e a quella borghese novecentesca sorge infatti un’altra città, di ferro e di mattoni, nella quale molti complessi a lungo abbandonati stanno trovando di recente nuova vita, rivendicando, per certi versi, un ruolo anche all’interno della Riga contemporanea. L’ampio patrimonio dell’era industriale è ormai divenuto infatti il sedime della trasformazione urbana della metropoli baltica, la qual cosa ha coinvolto soprattutto quei rami dell’architettura legati al patrimonio architettonico: diversi studi impegnati nel restauro, nella ristrutturazione e nel riuso hanno così avuto occasione, durante gli ultimi due decenni, di acquisire esperienza e abilità, cimentandosi con i molti progetti legati all’heritage industriale.

Ne è riprova il recente Hanzas Perons Cultural Center progettato da Reinis Liepins + Sudraba Arhitektūra (studio rīdzinieko che ha all’attivo diversi restauri di edilizia storica e che è al lavoro sulla trasformazione del Castello di Riga in Museo di storia nazionale). Il vecchio scalo merci, risalente all’inizio del XX secolo, ospita un centro culturale per le arti che coniuga la conservazione della memoria urbana alle nuove funzioni richieste dalle moderne esigenze urbane: pensato come piattaforma per le arti e la musica, ospita un auditorium e spazi espositivi.

La trasformazione del vecchio scalo merci, in corso di completamento, non è destinata a rimanere un unicum ma rappresenta un progetto pilota per il futuro sviluppo urbano dell’area di New Hanza, destinata a diventare, nelle intenzioni dei suoi promotori, il nuovo e grandioso centro amministrativo della capitale lettone. Per capire se si riuscirà a raggiungere lo scopo e a definire un modello urbano capace di reggere il confronto con il passato della città, esprimendo al contempo la Riga degli anni 202,0 dovremo attendere i prossimi mesi, quando si sarà spenta l’eco dei festeggiamenti e, si spera, saremo tutti tornati alla normalità.

 

Immagine di copertina: panorama generale della Vecrīga (la città vecchia) con la Chiesa di San Pietro e la Torre della televisione sullo sfondo

 

Autore

  • Marco Falsetti

    Nato a Cosenza nel 1984, è Architetto e PhD, docente a contratto presso la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma. Le sue ricerche riguardano la morfologia urbana, i frammenti identitari della città moderna e il ruolo dei grandi maestri nella formazione della coscienza progettuale contemporanea. Dal 2012 svolge attività progettuale, ricevendo premi e riconoscimenti. Ha pubblicato le monografie "Roma e l’eredità di Louis I. Kahn" (con E. Barizza, 2014), "Annodamenti. La specializzazione dei tessuti urbani nel processo formativo e nel progetto" (2017). 2019 Paesaggi oltre il paesaggio" (2019)

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Last modified: 15 Giugno 2021