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Andrea BoccoWritten by: Progetti

La casa vegetariana. A Biestøa, col vento in poppa

La casa vegetariana. A Biestøa, col vento in poppa

Un intervento low-tech di Bjørn Berge in Norvegia: materiali naturali e isolamento “dinamico” per consumi minimi, confermati dopo 10 anni d’uso

 

GRIMSTAD (NORVEGIA). Una città costiera di 23.000 abitanti sullo Skagerrak, circa 50 km a nord-est di Kristiansand. I proprietari sono una coppia di classe media non originaria della zona, attirati per via dei prezzi immobiliari relativamente bassi. L’efficienza energetica non era loro la principale preoccupazione; volevano soprattutto massimizzare l’uso di materiali naturali (per minimizzare l’energia grigia e la tossicità), e impiegare soluzioni low-tech (per ridurre le manutenzioni e poter controllare direttamente i sistemi). Così, incaricano Bjørn Berge, ma mantengono un ruolo attivo in tutte le fasi, dalla progettazione alla costruzione, avvenuta tra 2010 e 2012, al costo di circa 4 milioni di corone (410.000 euro).

 

Una casa funzionale, flessibile ed efficiente

La casa si trova a breve distanza dal mare, in un piccolo gruppo di edifici. Occupa la metà settentrionale di un piccolo lotto in dolce pendio. La porzione di terreno a sud-est è un giardino non recintato che ospita meli, piccoli frutti ed erbe aromatiche. C’è anche un orto.

Berge ha sviluppato una capacità di progettare con il vento. Il suo capolavoro è un capanno per l’osservazione degli uccelli migratori, proprio sotto il faro di Lista. Il capanno è aperto verso il mare, cioè contro il vento prevalente che qui può spirare davvero forte. La forma del tetto e i pannelli deflettori ai lati creano turbolenze che lo deviano e lo fanno “saltare” al di sopra del manufatto.

A Biestøa, la composizione nasce dalla necessità di schermare i volumi dai venti prevalenti. La casa ha pianta rettangolare e tetto a una falda. Ai venti freddi da nord-est si oppone il corpo del garage, che è sagomato per deviarli. Inoltre, si addossano alla casa volumi-tampone per il deposito e per stendere la biancheria, agendo come paravento. L’assemblaggio di tali corpi elementari crea un insieme armonioso e non ovvio. A ovest, la proprietà è delimitata da una bella staccionata bassa in legno che devia il vento, rendendo la terrazza piacevole e conferendole un senso d’intimità. Nonostante questi accorgimenti, l’edificio è tutt’altro che introverso; la facciata principale è esposta a sud, massimizzando l’esposizione solare e garantendo la vista migliore.

La distribuzione offre un eccellente equilibrio tra funzionalità, flessibilità ed efficienza energetica. La casa è composta da due piani fuori terra (75+35 mq) dove vivono i proprietari, e da un seminterrato contenente un locale tecnico e un piccolo appartamento (41 mq) che viene affittato a studenti universitari durante l’anno accademico e ai turisti d’estate. Il soggiorno a tutt’altezza, che contiene la cucina all’estremità est, è il nucleo della casa. La sua parete sud è quasi completamente vetrata. Una stanza per la musica e la TV serve anche per gli ospiti e per lavorare col telaio, ma potrebbe essere facilmente adattata in camera da letto principale. Al piano superiore ci sono uno studio, la camera da letto e una cabina armadio. Le prime due presentano minuscole finestre che danno sul soggiorno. Se le si apre, viene introdotta aria calda: la zona giorno agisce come una serra solare per gli altri ambienti. Anche se la pianta è geometricamente semplice, la casa offre numerosi spazi intimi, sia all’interno che all’esterno.

 

L’involucro, il tetto e la struttura portante

Le tavole che rivestono le pareti perimetrali sono state ottenute dal durame di abeti rossi maturi, cresciuti in condizioni difficili: il legno ha quindi una grana molto fine. Non sono stati utilizzati trattamenti o vernici; l’ambiente marino aumenta la durabilità del legno non trattato, poiché il vento salmastro lo impregna. Il serraggio periodico delle viti è l’unica manutenzione necessaria. C’è una quantità impressionante di finestre, alcune delle quali molto piccole. Un tocco tipico di Berge è dipingere i telai di un arancione brillante, facendoli risaltare sul rivestimento in legno rapidamente ingrigito.

La struttura portante è in legno, a telaio, contenuta in un’intercapedine di 35 cm nelle pareti perimetrali, ove è stato insufflato l’isolamento in fibra di legno. Alla parete perimetrale è accoppiata una controparete, composta da pannelli di fibra di legno (10 cm), pannelli di gesso che fungono da barriera al vapore e un rivestimento interno in pino, impregnato con olio di lino e sbiancato con liscivia: una protezione che rende lo spazio interno più luminoso senza chiuderne i pori. Il tetto ha una simile stratigrafia, con isolamento di 50 cm; il soffitto è di pannelli di gesso e fibra vegetale (10 cm), mentre il manto di copertura è in lastre di ardesia recuperate.

 

L’isolamento dinamico per stimolare il sistema immunitario

Biestøa è un ottimo esempio di “isolamento dinamico”, in cui il tetto traspirante funziona come un gigantesco scambiatore di calore: l’aria viene aspirata all’interno attraverso gli strati della copertura, e, mentre li attraversa, acquista calore e perde umidità. Le uniche stanze riscaldate sono il bagno, con riscaldamento a pavimento, e il soggiorno dove in inverno viene talvolta usato un piccolo apparecchio elettrico che permette di raggiungere i 20-22° C, mentre in camera da letto non si supera i 16° C per scelta degli abitanti.

Berge è convinto che vivere in case termicamente omogenee non sia necessario e non faccia bene alla salute: il corpo è fatto per reagire a sollecitazioni, e il sistema immunitario viene così stimolato.

 

Il ruolo attivo degli abitanti

La ventilazione richiede l’apertura delle finestre e la gestione di un sistema di valvole regolabili, posizionate in ogni stanza, che consente di smaltire l’umidità in eccesso, anche in quelle più umide. Tutto funziona manualmente, senza input energetici e senza rumore; l’efficacia sta nel comportamento delle persone, più che nelle soluzioni impiantistiche. Gli abitanti devono assumere un controllo attivo e consapevole della casa, e la mancanza di sensori implica che devono imparare a percepire le mutevoli condizioni ambientali e adottare comportamenti appropriati.

Il monitoraggio costante delle prestazioni dell’edificio dimostra che la rigorosa applicazione delle conoscenze già disponibili oltre dieci anni fa consente consumi energetici operativi molto bassi. Tuttavia, altrettanta attenzione andrebbe riposta nelle scelte costruttive (e nella loro messa in opera) che, una volta per sempre, determinano l’impatto ambientale “inglobato” nell’edificio. Infatti, il peso è più che raddoppiato rispetto alle stime, e i valori d’impatto ambientale sono incrementati in media del 60% a causa di modifiche nel corso dell’esecuzione, per lo più in difformità dal progetto originario.

 

L’impatto ambientale

Dopo i primi anni di stabilizzazione delle prestazioni, il consumo energetico annuale totale è misurato in circa 50 kWh/mq. L’edificio pesa 331 tonnellate (ovvero 2.163 kg/mq); la gran parte del peso è costituito dalle fondazioni. L’energia grigia è di 1.546 GJ (10.105 MJ/mq, 4,67 MJ/kg, 387 MJ/ab) calcolata secondo Ökobaudat, 1.115 GJ (7.286 MJ/mq, 3,37 MJ/kg, 279 MJ/ab) secondo ICE. Le emissioni di gas a effetto serra inglobate sono 8 tonnellate di CO2 equivalente (55 kg/mq, 0,03 kg/kg, 2.115 kg/ab) calcolando con Ökobaudat, 105 tonnellate (687 kg/mq, 0,32 kg/kg, 26.289 kg/ab) con ICE.

 

Chi è il progettista

Il gruppo Gaia, un team di architetti ecologici, nasce nel 1983. Uno dei principi fondanti era la “traspirabilità” delle costruzioni e la ventilazione naturale; un altro era la capacità di costruire gli edifici progettati dai suoi membri, dato che includeva architetti/carpentieri come Rolf Jacobsen e Dag Roalkvam. Nel 1990, il gruppo Gaia (poi Gaia Lista) dà vita a Gaia International, includendo progettisti ecologici da tredici paesi, tra i quali David Pearson, Declan e Margrit Kennedy, Howard Liddell, Varis Bokalders e Joachim Eble. Bjørn Berge (1954) è uno dei fondatori del gruppo Gaia. Ha sviluppato una conoscenza profonda sulla costruzione con materiali naturali ed è l’autore del libro più autorevole sull’argomento, The Ecology of Building Materials (prima edizione norvegese, 1992). Tra i suoi principi fondamentali, evitare i sistemi proprietari e in generale le soluzioni basate sui prodotti: queste non servono obiettivi ecologici, bensì economici. La sua ricerca più avanzata, helTREnkelt, riguarda il raggiungimento del livello Passivhaus utilizzando le proprietà igrotermiche del legno e altre misure passive non convenzionali.

 

Autore

  • Andrea Bocco

    Professore di Tecnologia dell’architettura al Politecnico di Torino e direttore del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio. Insegna "Appropriate technology and low-tech architecture". Si è occupato di rigenerazione urbana, sviluppo locale, community hub, spazio pubblico. Ha fondato e diretto l’Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario (Torino). Le sue ricerche e pubblicazioni concernono, tra l’altro, Bernard Rudofsky, Yona Friedman, analisi dell’ambiente costruito, rigenerazione di villaggi montani, nonché ontologia applicata all’architettura e l’edilizia. Negli ultimi anni ha concentrato l’attenzione sull’architettura contemporanea low-tech, la costruzione con materiali naturali, e la misurazione dell’impatto ambientale di tecniche e stili di vita "alternativi"

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Last modified: 9 Luglio 2021