Una mostra nell’ambito dell'[e]Design festival di Treviso celebra il centenario della nascita dell’architetto
TREVISO. Ci voleva l’omaggio a un maestro silenzioso, come l’esposizione dedicata alle architetture e agli oggetti di design di Bruno Morassutti aperta il 23 ottobre a Treviso, per approfittare di una finestra utile nel panorama espositivo, nonostante tutto (e fino a quando virus non ci separi). Il centenario della nascita di Morassutti (1920-2008) è stato colto all’interno di [e]Design festival, rassegna che comprende cinque mostre e una serie di conferenze che ne rilanciano i contenuti, e che fanno riferimento in maniera diretta o indiretta al patrimonio artistico-culturale del territorio trevigiano e a una realtà imprenditoriale legata al mondo del design. Gli spazi del Museo Bailo si sono così aperti a questa mostra che ha visto gli apporti di Alessandro Colombo, Roberto De Biasi e Francesco Scullica assieme a Luciano Setten, direttore artistico del festival.
Si tratta in realtà della nuova tappa di un percorso promosso dagli eredi dell’architetto e da un gruppo di studiosi che con Morassutti hanno avuto comunanza di lavoro o studio, riuniti in un’associazione culturale (Bruno Morassutti Project) per promuovere la ricerca sulla sua figura. Punto di avvio imprescindibile è la singolare esperienza di Morassutti, che fu il primo allievo italiano di Taliesin, la comunità-scuola di Frank Lloyd Wright frequentata dopo la laurea allo IUAV di Venezia. Le sue fotografie delle opere del maestro americano furono poi utilizzate da tutte le riviste dell’epoca, e contribuirono a farle conoscere in Italia e a diffondere il paradigma dell’architettura organica. L’ateneo veneziano, dove è confluito anche l’archivio Morassutti, ha ospitato nel 2018 una mostra fotografica dedicata all’American journey del 1949, già preceduta da un approfondimento alla Pinacoteca Agnelli di Torino incentrato sul ruolo di tramite tra Wright e l’Italia: fu infatti Morassutti il local architect per il progetto del Masieri Memorial a Venezia, la cui fine ingloriosa è nota. A gennaio 2020 è stata la volta di una nuova esposizione, “Abitare la montagna”, incentrata sulle opere realizzate da Morassutti a San Martino di Castrozza (Trento), dalle quali riprende il filo la tappa di Treviso.
Architettura industrializzata e design sono le due sezioni del percorso, ispirato all’analogia messa in evidenza a metà anni ’50 da Gillo Dorfles in un suo scritto nel quale riscontrava dei punti di contatto tra la progettazione degli oggetti industriali e quella di alcune componenti architettoniche (serramenti, curtain walls, snodi, giunti ecc.). Con questa chiave di lettura ripercorriamo a grandi linee la carriera professionale del nostro protagonista, fin dagli esordi con la villa di famiglia proprio a San Martino di Castrozza, dove qualche anno più tardi avrebbe costruito un condominio composto da blocchi in cemento armato traslati in altezza e profondità per adattarsi alle pendenze del terreno, che deriva con evidenza da un precedente progetto per il concorso In/Arch-Domosic sviluppato assieme a Enzo Mari (in mostra il modello).
Ma il nome di Morassutti è indissolubilmente associato a quello di Angelo Mangiarotti (1921-2012), con il quale costituì a partire dal 1955 un sodalizio professionale durato pochi (sei) ma intensissimi anni, se riguardiamo alle formidabili opere realizzate dai due in quel frangente, anche con il sostanziale contributo dello strutturista Aldo Favini. Risalgono a quel periodo anche molti degli oggetti di design esposti, assieme ad altri elaborati negli anni a seguire, quando si associò con gli architetti Maria Gabriella Benevento, Giovanna Gussoni e Mario Memoli. Le linee di ricerca sui materiali e nella sperimentazione di sistemi costruttivi s’intrecciano di continuo tra architettura e design: il disegno alla scala dell’oggetto viene sviluppato nel dettaglio architettonico, per esempio nello studio del serramento che, da componente, diviene caratterizzante l’immagine di un’intera architettura, o diventa un prodotto industriale quasi anonimo, come il fermaporte per Fisher Italia (1973), una semplice sfera paracolpi in gomma da fissare a parete o a pavimento tramite un tassello e una vite. Rimandi continui anche visivamente tra le due sezioni della mostra: a fare da trait d’union, lo spazio centrale è dedicato all’opera dello scultore Gino Cosentino, autore degli interventi artistici legati a due capolavori della stagione Mangiarotti-Morassutti: la via crucis per chiesa Mater Misericordiae a Baranzate e il bassorilievo sul muro di cinta della casa “a tre cilindri” di via Gavirate a Milano. La chiusura di un cerchio, perché Cosentino fu allievo di Arturo Martini, molte opere del quale sono esposte nella collezione permanente del Museo Bailo. È design a Treviso, ma non solo.
“Bruno Morassutti. Architettura industrializzata e design”
a cura di Bruno Morassutti Project e Luciano Setten
con il patrocinio e la co-organizzazione di Città di Treviso e Musei Civici Treviso
Museo Bailo, Borgo Cavour, Treviso
dal 23 ottobre al 22 novembre 2020
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anniversari , festival , mostre , treviso , wright
Last modified: 10 Novembre 2020