Una raccolta di saggi tratteggia in modo originale, nel centenario della nascita, il contributo di un maestro del moderno italiano. Ma sono numerose le iniziative che lo ricordano
Con il volume Giancarlo De Carlo, Visione e valori, la curatrice Antonietta Iolanda Lima prosegue un’instancabile ricerca sulle figure significative dell’architettura del Novecento italiano. Una ricerca che si sostanzia anzitutto in un approfondimento dell’oggetto e della conseguente lettura critica, giungendo infine a una riflessione sull’attualità del “personaggio” preso in esame.
Fra le prime due operazioni (approfondimento e lettura critica, presenti in apertura del volume con Un epilogo come introduzione. Sul senso di questo libro, e Quando l’architettura non riflette il potere) e la terza (riflessione sull’attualità del messaggio, che anima in conclusione Ripensare Giancarlo De Carlo e perché), scorre una serie qualificata di altri contributi, frutto di due intense giornate di studio, svoltesi fra Palermo e Catania nel 2018. Si tratta di un procedimento che, a ben vedere, riflette in maniera originale il metodo scientifico: un’intuizione nella scelta della figura da indagare e nella lettura da proporne; una verifica dell’intuizione stessa, nel caso di Lima non affidata soltanto a se stessa ma, al contrario, a un ampio concorso della comunità scientifica; una proposta di andare avanti, dopo convegno e libro, nella direzione indicata dal confronto fra le varie letture.
Nella pubblicazione emergono le diverse facce della personalità di Giancarlo De Carlo (1919-2005), che è arduo tentare di sintetizzare e che, in generale, si possono trovare inscritte nella sua stessa “genetica”: «Padre nato a Tunisi, madre in Cile da genitori piemontesi, nonni siciliani e poveri… i primi anni a Genova, dove nasce, e poi a Livorno… (con) lo scendere sottocoperta nelle stive, frequentate dal padre ingegnere navale… A Tunisi, dove frequenta le scuole medie e liceali». Ce n’è abbastanza per far nascere uno spirito libero, che appartiene a tutte, ma soprattutto a nessuna delle grandi correnti politico-culturali che animano il periodo della Resistenza e del secondo dopoguerra in Italia: Giancarlo è anarchico, senza alcuna vena estremistica che non sia quella della rivendicazione intransigente dell’autonomia delle persone e del loro diritto ad aggregarsi liberamente in “comunità” (nella misura del possibile) autogovernantesi. Compito dell’architetto è proprio quello di far emergere nello spazio quelle persone libere e le loro diverse attitudini associative. Un’operazione portata avanti anzitutto attraverso l’ascolto delle persone stesse – De Carlo abbraccia fin da subito la partecipazione, nella mitica esperienza del Villaggio Matteotti a Terni, come strumento fondamentale per contrastare la tendenza a decidere dall’alto (si veda il saggio di Domenico De Masi) – e dei luoghi che abitano (Giovanni Francesco Tuzzolino), dai quali si può trarre un patrimonio di conoscenze antropologiche, oltre che morfologiche, necessarie a proporne, insieme a loro, una proiezione verso l’avvenire.
Della molteplicità dei luoghi, delle persone e delle comunità, De Carlo è avido “viaggiatore incantato”, peregrinando incessantemente in giro per il mondo a conoscere e comprendere (Giuseppe Cinà, Monica Mazzolani, Antea Mazzuca). E della molteplicità dei pensieri, filosofici e architettonici: insofferente agli -ismi, studia e cerca di comprendere le diverse tradizioni e orientamenti culturali, con attenzione particolare a quanto proviene dal mondo anglosassone, contribuendo così alla sprovincializzazione di una cultura italiana che, alla metà del secolo scorso, era dominata dall’influenza franco-germanica. Ne discende un approccio “eterodosso” anche al Movimento moderno e, in particolare, al filone razionalista prevalente in Europa, attraverso l’impegno, fin dalla nascita, in quel convivio di spiriti architettonici liberi che è stato il Team X. Questo pluralismo intransigente lo pone in qualche modo ai margini delle “grandi tenzoni” che agitano il mondo accademico italiano (Luciana De Rosa), all’interno del quale ricopre sempre posizioni di rilievo ma verso il quale, al tempo stesso, prova un’insofferenza che lo porta ad “andare oltre”. Egli anima così a Urbino – e poi a Siena – l’ILAUD, una sorta di “università delle università del mondo”, in realtà un laboratorio di studio e progettazione internazionale dal quale hanno tratto alimento molti architetti poi protagonisti delle vicende progettuali del secondo Novecento nei diversi paesi (cfr. box sotto).
Il libro ricostruisce con cura le diverse declinazioni intellettuali – da non dimenticare la lunga direzione della rivista «Spazio e società» – e le varie esperienze professionali (Michael Taylor), andando a individuare nella lunghissima avventura di Urbino (Chiara Rizzica) la grande sintesi del suo messaggio: interlocuzione “alta” con Carlo Bo, illuminato rettore dell’Università; comprensione profonda del sistema “anarchico” dell’Italia delle “cento città”; lettura attenta del tessuto urbano; capacità magistrale d’interagire con tale tessuto attraverso nuovi interventi squisitamente moderni eppure declinati “a non poter che essere che lì”; cura meticolosa dello spazio pubblico; addizioni urbane in aree paesaggisticamente delicate – i collegi universitari sulle colline prospicienti il centro storico – che, sempre parlando rigorosamente la lingua del proprio tempo, introducono nuovi “rioni” in dialogo serrato con quelli antichi, a indicare la complementarietà fra i doveri di salvaguardare il patrimonio del passato, da un lato, e di scrivere nuovi capitoli di storia, dall’altro.
Giancarlo De Carlo, Visione e valori, di Antonietta Iolanda Lima (cura), Quodlibet, 2020, 336 pagine, € 24
Intorno al centenario della nascita di De Carlo
La ricorrenza è stata celebrata in molti modi – da enti, istituzioni, scuole, case editrici – con iniziative prolungatesi nel 2020.
Tutto è cominciato nell’ottobre 2018, quando l’Accademia Nazionale di San Luca, di cui De Carlo è stato presidente nel biennio 2001-2002, ha promosso la costituzione di un comitato scientifico internazionale – Francesco Moschini (Accademia Nazionale di San Luca, Roma), Antonello Alici (Università Politecnica delle Marche), Carmen Andriani (Università di Genova), Federico Bilò (Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara), Marco Iuliano (University of Liverpool and BSR), Giovanni Leoni (Alma Mater Università di Bologna), John McKean (University of Brighton), Paolo Mellano (Politecnico di Torino), Marko Pogacnik (Università IUAV Venezia), Lamberto Rossi (Lamberto Rossi associati, Milano), Andrea Sciascia (Università di Palermo) – finalizzato a costruire una rete di ricerca capace di fare luce su aspetti e progetti meno indagati e di riportare De Carlo nelle aule delle università. Oggi, il panorama degli studi è molto dinamico e le diverse generazioni di studiosi hanno avviato un dialogo costruttivo tra testimonianze e nuove interpretazioni. Ne ha dato prova il seminario tenuto presso l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma il 13 novembre 2019 (“Giancarlo De Carlo at 100”) che ha visto a confronto i londinesi Benedict Zucchi e Adam Wood con un brillante gruppo di dottorandi delle Università di Mendrisio (Svizzera), Genova, Iuav, Napoli Federico II e Politecnico di Bari.
Il centesimo compleanno di De Carlo (12 dicembre 2019) ha avviato – con i seminari di Pescara, Venezia, Ancona e Napoli – la Maratona di lettura dei suoi scritti, un progetto che ha riscosso grande entusiasmo tra gli studenti, promosso anni fa dalla Fondazione Ca’ Romanino di Urbino (che ha sede nella casa che De Carlo ha progettato per gli amici milanesi Livio Sichirollo e Sonia Morra) e che viene riproposto per il centenario dalla stessa fondazione in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e il Politecnico di Torino. Gli eventi in programma per la primavera e l’autunno 2020 a Siena, Napoli, Parma, Urbino, Torino, Genova, Cambridge, Stoccolma e Copenaghen sono stati cancellati o rinviati per l’emergenza Covid-19. La ricerca non si ferma ma certamente subirà un rallentamento. La maratona di lettura, invece, si trasforma in maratona virtuale che metterà in collegamento gli studenti di molti atenei anche stranieri e sarà diffusa attraverso i canali Facebook (GDC centennial 1919-2019) e Instagram (gdccentennial1919_2019) della rete coordinata dall’Accademia Nazionale di San Luca.
A Milano, città di adozione dell’architetto, va ricordata la mostra che la Triennale ha inaugurato a fine gennaio (si sarebbe dovuta chiudere a fine marzo, ma l’emergenza Coronavirus ne ha imposto lo stop anticipato). Si tratta di uno sguardo “diverso” al lavoro di De Carlo, attraverso i suoi quaderni, nell’arco di 39 anni: annotazioni, pensieri, resoconti, organizzati in sequenza, che diventano un vero e proprio e progetto di comunicazione; opere d’arte, preziose non solo per le riflessioni, ma anche perché ogni pagina è un’opera grafica (foto a fianco di Gianluca Di Ioia). Si rimane rapiti dalla perfetta calligrafia, dai ritagli giustapposti, dall’uso dei colori e dalle forme. De Carlo inizia a trascrivere pensieri e ad incollare frammenti a partire dal 1966, in occasione del primo viaggio negli Stati Uniti, fino al 2005. Schizzi, pop up, geometrie, accostamenti di testi, disegni, collage fanno di questi quaderni privati uno straordinario progetto. Compone e ricompone pensieri, viaggi, rapporti con amici e colleghi descrivendo la cultura del progetto. Nell’allestimento essenziale i quaderni sembrano reperti; amplificano la distanza temporale che li separa dal nostro mondo veloce, le cui riflessioni sono ormai quasi esclusivamente digitali. Un invito a mettere ordine tra i pensieri e a concepire l’azione del fare chiarezza come un atto creativo.
“I quaderni di Giancarlo De Carlo 1966-2005”, a cura di Gatto Tonin Architetti (direzione artistica Lorenza Baroncelli, progetto di allestimento Parasite 2.0, progetto grafico: Superness). Catalogo sotto forma di magazine, edito dalla Triennale di Milano, € 12.
Un altro quaderno, secondo della sua collana, è quello pubblicato dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano e curato da Paolo Ceccarelli. Il libro, con testi prevalentemente in inglese, si concentra invece sull’esperienza del Laboratorio Internazionale di Architettura e Progettazione Urbana che De Carlo fonda nel 1976. Anche questo contributo presenta una forte connotazione biografica e di catalogazione di materiali, proponendo riflessioni, ricordi, giudizi e progetti in una testimonianza non solo del valore culturale di un’esperienza unica del suo genere, ma anche della sua ricchezza umana. Per De Carlo, l’ILAUD significava una possibile alternativa al modo accademico d’insegnare e praticare l’architettura, nelle traiettorie tracciate dai CIAM e con radici molto profonde nell’impegno politico, ideologico e culturale, nella cornice storica dei grandi sconvolgimenti negli anni ’60 e ’70.
Giancarlo De Carlo and ILAUD. A movable frontier, di Paolo Ceccarelli (cura), Fondazione OAMi, 2019, € 20
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anniversari , libri , mostre
Last modified: 3 Aprile 2020