I paradigmi della rigenerazione urbana nel nuovo Piano operativo di Prato. Intervista a Valerio Barberis, assessore comunale all’Urbanistica
La rigenerazione urbana è al centro dell’interesse della politica e della cultura urbanistica contemporanea. Basti pensare al recente bando della Regione Toscana che, con decreto dirigenziale n. 4439 del 21/03/2019, destina oltre 4 milioni ai comuni per interventi di riqualificazione e recupero edilizio. In sintonia con lo scenario nazionale, anche il Piano operativo di Prato punta al recupero e all’economia circolare come motore di cambiamento, ma con strumenti che costituiscono una vera e propria revisione culturale dell’urbanistica. A Prato, la concezione mono-disciplinare di matrice razionalista, su cui si è impostata molta ideologia urbana del Novecento, lascia infatti il posto ad un’idea di urbanistica basata sull’integrazione con altre discipline come la sociologia, l’architettura, la sostenibilità, l’arte, l’economia. Un’urbanistica che sfida gli oramai stretti confini della gestione bidimensionale del territorio per diventare «cultura della città». Un avanzamento disciplinare sollecitato da sociologi e filosofi, primo fra tutti Edgar Morin, a cui dobbiamo la formulazione della teoria della complessità che conduce ad una visione olistica che pone l’accento sulle relazioni tra territori disciplinari e sulle dinamiche non lineari. Prato, che vanta un distretto di 7.500 imprese che producono circa il 3% del tessile europeo, si conferma così città della contemporaneità in grado di coniugare globale e locale in un Piano operativo che rappresenta un inedito manifesto della città sostenibile del millennio.
Il Piano operativo in mostra
Il nuovo piano, che sostituirà quello di Bernardo Secchi approvato nel 1999, è stato adottato nel settembre 2018 ma è in attesa della Conferenza paesaggistica della Regione e della Soprintendenza che deve dare la conformità al PIT e alla normativa regionale sulla Legge 65/2014. Il piano, a firma del sindaco Matteo Biffoni e di Valerio Barberis, assessore all’urbanistica, è stato progettato dall’Ufficio Urbanistica diretto dall’architetto Francesco Caporaso che, insieme agli architetti Pamela Bracciotti ed Antonella Perretta, hanno coordinato un team di specialisti, tra cui lo scienziato Stefano Mancuso e l’architetto Stefano Boeri.
Coerente con la visione culturale, la nuova urbanistica pratese si è presentata al pubblico con una scenografica mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci dal 20 marzo all’11 aprile 2019. «Verde Prato. Sperimentazioni urbane tra ecologia e riuso», a cura di Elisa Cristiana Cattaneo ed Emilia Giorgi, ha illustrato il Piano operativo diviso in tre aree tematiche: “Ecology”, “Re-Use” e “Going Public”. L’allestimento, progettato dal collettivo milanese Fosbury Architecture, presentava, attraverso un sistema di ponteggi concepito come una macchina scenica, materiali eterogenei come disegni, video e inediti scatti di Prato dei fotografi Fernando Guerra e Maurizio Montagna.
A colloquio con Valerio Barberis
Boeri, nel suo libro Fare di più con meno. Idee per riprogettare l’Italia (2012) scrive: «La riduzione, o addirittura la rinuncia a ulteriore consumo di suolo, chiamano in causa l’ambiente: altra grande questione nodale della qualità della vita nelle aree urbane». Su questo tema si è espresso un ampio programma di partecipazione – “Prato al futuro”– che ha chiesto di ridurre il consumo di suolo ed avviare un intenso progetto di forestazione urbana in grado di contribuire, a livello globale, all’emergenza ambientale del cambiamento climatico e, a livello locale, al miglioramento della qualità di vita dei residenti.
Assessore Barberis, è la prima volta un Piano operativo viene rappresentato con una mostra in un museo di arte contemporanea. Come nasce l’idea della mostra «Verde Prato»?
Il Piano affronta temi inediti: lo spazio pubblico, il riuso, l’ecologia e l’economia circolare. L’idea è stata quella di comunicare questi contenuti in un luogo alternativo, come il Centro Pecci, proprio per rafforzare il senso della loro innovazione e coinvolgere un maggior numero di persone.
Quali sono le principali criticità di Prato a cui vuole rispondere il nuovo Piano?
Prato ha una realtà policentrica. Negli anni ’50 esplode e da città di circa 70.000 abitanti si trasforma, in poco più di vent’anni, in una città di oltre 150.000 abitanti: quasi raddoppia e diventa la seconda città della Toscana e la terza in Italia centrale. Fino agli anni ’50, Prato ha un centro storico in mezzo alla campagna con una serie di piccoli borghi. Con il boom della città, i centri si ampliano ma la città si salda solo in alcuni punti. Così oggi Prato ha quartieri molto densi (Macrolotto Zero, San Paolo…) che hanno carenza di standard, di spazio pubblico e di aree verdi. La criticità maggiore è il tema ambientale, che negli anni è divenuto una priorità improrogabile.
Come matura la nuova visione del Piano operativo?
Il Piano operativo nasce da un primo documento che nel novembre 2015 viene approvato dal Consiglio comunale: un’Agenda urbana che ho scritto e dove ho identificato la visione sostenibile di Prato del futuro, condividendola con la Giunta e il Consiglio. Ci siamo chiesti qual è lo sviluppo locale di Prato, ma soprattutto quali sono le dinamiche che possono legare Prato allo sviluppo internazionale e cioè all’Agenda mondo 2030, l’Agenda urbana europea. Questa visione si traduce in un progetto di città che lavora in sinergia con il Piano Smart City, sviluppato dall’assessore all’Agenda digitale Benedetta Squittieri; promuove cioè una città intelligente che, partendo dalle strategie di medio periodo del Piano operativo e introducendo in modo deciso la partecipazione e la co-progettazione, lavori con l’obiettivo di realizzare azioni tramite modelli condivisi di governance che facilitino il rapporto tra la domanda e l’offerta.
Quali sono i temi emersi dal programma di partecipazione “Prato al futuro”?
Sono emersi quattro temi: le connessioni fisiche e non, lo spazio pubblico, il riuso e l’ambiente-agricoltura. Il tema dello spazio pubblico e di una città a misura dei suoi cittadini è trasversale a tutto il Piano operativo: dal progetto “Cento Piazze” a “Riversibility”, dalla tecnologia 5G (Prato è una delle cinque città italiane scelte per la sperimentazione), alla Smart mobility.
Che cosa s’intende per “Action plan per la forestazione urbana, redatto insieme a Boeri ed a Mancuso?
A Mancuso abbiamo chiesto di verificare le azioni ambientali degli alberi. Abbiamo un verde pubblico di circa 30.000 alberi e volevamo sapere l’effetto di queste piante sulla città. Abbiamo poi verificato che servono 190.000 alberi in più entro il 2030, cioè un albero in più per abitante. Questa collaborazione ha determinato un salto di qualità importante per il Piano operativo, che da subito ha identificato il tema ambientale come centrale, collocato da Mancuso nel quadro più generale del rapporto uomo-natura e che Boeri ha sintetizzato nei sei punti del Piano di azione. La politica non può più permettersi di eludere il tema ambientale: deve capire che una strategia ambientale non è una spesa ma un’azione doverosa che trasforma la qualità della vita di tutti.
Il tema del riuso e del recupero è virtuoso e ricorda quello proposto a Firenze con il Piano “volumi zero”. Alla visione urbanistica è però necessario affiancare un Regolamento edilizio che faciliti le trasformazioni e renda operativo il progetto culturale. Che cosa è previsto a Prato per semplificare il processo edilizio, attrarre risorse e facilitare il recupero?
Il riuso legato a processi di economia circolare è tema centrale del nuovo Piano operativo, in sintonia con le politiche europee. Ma se vogliamo puntare sul recupero bisogna essere coerenti. Il consumo di suolo zero non può essere solo uno slogan. Così, per incentivare la trasformazione, il Regolamento edilizio, che è stato aggiornato dal Servizio Edilizia del Comune, diretto dall’architetto Riccardo Pecorario, ha inserito nuove strategie sugli oneri, rivisto il reperimento degli standard e ammesso nuove destinazioni d’uso, come ad esempio il co-working e il co-housing che non esistevano nel vecchio Piano. A Prato, ad esempio, una scuola o un ospedale sono servizi pubblici che rappresentano uno standard e non consumo di suolo. Ma la maggiore sfida di Prato sono i 5 milioni di mq di tessuti produttivi che possono essere riutilizzati, dove sono previsti incentivi per trasformazioni verso funzioni di servizio e direzionali con sgravi fiscali e detassazione sugli oneri. Mi riferisco, ad esempio, a Macrolotto zero, la nostra Chinatown con 60 ettari di capannoni industriali degli anni ’50 e ’60, dove auspichiamo una transizione culturale. Così, mentre il piano Secchi prevedeva la demolizione e ricostruzione, il nuovo Piano operativo prevede anche nuove destinazioni funzionali. Un altro incentivo riguarda i servizi privati convenzionati, che vengono considerati come servizi privati di utilità pubblica e quindi non pagano gli oneri in qualsiasi parte della città. La stessa cosa avviene per la transizione culturale verso il direzionale (tipo studi professionali), che sotto i 200 mq non pagano gli oneri e non devono reperire gli standard. L’eliminazione del reperimento degli standard è un incentivo diretto; in passato si dovevano reperire parcheggi o altro, altrimenti non si poteva fare il cambio di destinazione d’uso. In funzione di questa visione, abbiamo messo a punto il Regolamento edilizio ed il Piano operativo, ma per concretizzare fino in fondo i nostri obiettivi dovremo passare dall’Urban planning all’Urban management.
A che punto siamo con l’attuazione del concorso per il Parco centrale, e quando inizieranno i lavori?
In effetti la gara è già stata aggiudicata due volte ma a causa di dichiarazioni mendaci abbiamo dovuto annullare il procedimento. In questo momento siamo in attesa, entro fine maggio, che il TAR risponda ai ricorsi. Così sapremo chi si è aggiudicato la gara e si passerà subito alla cantierizzazione. Partiremo con le demolizioni selettive seguite da Legambiente. Si tratterà di uno smontaggio, e quello che potrà essere recuperato verrà rimesso in circolo.
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«Ripensare la città con l’economia circolare» (video YouTube ufficiale della Città di Prato)
Chi è Valerio Barberis
Laureato in Progettazione architettonica e urbana nel 1995 presso la Facoltà di Architettura di Firenze, dove nel 2004 è dottore di ricerca in Progettazione architettonica e dal 2005 è docente in Progettazione architettonica. Alla fine degli anni ‘90 fonda a Prato lo studio MDU Architetti con Marcello Marchesini, Alessandro Corradini e Cristiano Cosi. Il lavoro dello studio emerge per l’originalità della ricerca, si afferma in numerosi concorsi di progettazione ed è pubblicato nelle più importanti riviste e webzine internazionali. Nel 2014 il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, lo chiama a rivestire il ruolo di assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici. Cessa l’attività professionale e si dedica integralmente all’incarico pubblico. Nel suo ruolo di assessore promuove una visione complessiva del futuro della città, che si concretizza nella formazione di un’Agenda urbana che sta emergendo nel panorama nazionale ed europeo, nel dibattito sullo sviluppo locale sostenibile. Dal 2016 è coordinatore per l’Italia nella partnership sull’economia circolare all’interno del programma Urban Agenda for the EU, intrapreso dalla Commissione Europea.
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concorsi , mostre , Pianificazione , rigenerazione urbana , ritratti di città , toscana
Last modified: 3 Maggio 2019
[…] materia di forestazione urbana, quella del comune toscano è una delle esperienze più avanzate e innovative: il Piano operativo comunale è infatti orientato a fornire risposte concrete e immediate alle […]