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Alessandro ColomboWritten by: Reviews

Di fronte a Louis Kahn

Di fronte a Louis Kahn

All’Accademia di Architettura di Mendrisio la mostra «Louis Kahn e Venezia», introdotta da una lectio magistralis di Mario Botta, che da studente collaborò con l’architetto statunitense per i progetti in Laguna

 

MENDRISIO (SVIZZERA). Voi sapevate di aver di fronte Louis Kahn? Mario Botta risponde sicuro: «Sì, per noi era una figura messianica». Di fronte ad un auditorium gremito di studenti e professori, la lezione tenuta pochi giorni prima dell’inaugurazione della mostra «Kahn e Venezia» è anche, e forse soprattutto, un ricordare autobiografico e una sorta di confessione di una generazione che -non travolta, ma comunque partecipe di quegli anni che, a cavallo fra i Sixties e i Seventies, sconvolsero il mondo e le coscienze- vide nell’architettura una disciplina, uno strumento che doveva dire la propria per una nuova visione del mondo. Il ricordo è lieve ma preciso: le immagini, molto vintage, che si susseguono sullo schermo nel ritrarre il protagonista, Kahn –il volto rovinato da un incidente sfortunato della vita, ma ripagato da un talento eccezionale e dalla «fortuna di interpretare il sentimento dell’architettura», agli occhi degli studenti dell’Istituto veneziano di quegli anni dei quali l’allora giovane ticinese si fa portavoce- nei luoghi chiave di una Venezia simbolicamente tracciata in un triangolo magico che unisce il mancato ospedale di Le Corbusier a ovest, Palazzo Ducale al centro e l’epicentro della riflessione kahniana a est, fra i giardini della Biennale prima e l’Arsenale poi. Le vicende, sfortunate, del progetto sono note e costituiscono il fulcro della mostra di Mendrisio. Kahn presentò il suo progetto a Venezia nel 1969 con una mostra allestita nelle sale di Palazzo Ducale alla quale fece seguito lo sviluppo del progetto per il nuovo Palazzo dei Congressi assieme all’ingegnere August Komendant. Nel 1972 venne definitivamente bocciata la soluzione ai Giardini e si ipotizzò una nuova collocazione nell’area dell’Arsenale. La proposta verrà adeguata al nuovo sito, ma in breve tempo risulterà evidente la mancanza di volontà politica per realizzarla, consegnando il progetto alla lista di quelli mancati per Venezia. Un rifiuto per un «gesto di un intellettuale» non compreso, secondo l’architetto ticinese.

Ma ciò che è forse meno noto ed anche dimenticato è il fortissimo significato, il valore etico e, vorremmo dire, sociale, politico e di contributo ad una nuova visione del mondo che Botta tiene particolarmente a riaffermare, con un giusto orgoglio personale, ma anche di una generazione che, comunque, in quegli anni ha posto le basi del proprio successo e della propria attività futura e non solo nel campo dell’architettura. Kahn è, infatti, figura che fa del progetto un momento di riflessione sulla convivenza civile degli uomini, sulla dimensione antropologica dell’uomo che ha un ciclo di vita che si riconosce nella «forma archeologica del contemporaneo». Kahn è figura messianica in quanto fa dell’architettura uno strumento di consapevolezza civile, etica, morale. Quando gli chiesero cosa fosse la scuola rispose «due uomini che si parlano sotto un albero», ricorda Botta. Alla domanda di uno studente che chiede se non ci sia poca attenzione al contesto in un progetto che viene trasportato da un luogo, i Giardini, ad un altro, il canale dell’Arsenale, ove svolge invece funzione di ponte, il padre fondatore dell’Accademia di Mendrisio risponde in maniera netta e precisa. La struttura immaginata e disegnata in lunghe notti di lavoro svolto a Venezia anche con l’aiuto di giovani come il Mario di allora, con la sua chioma scura e folta e il giaccone di ordinanza, era già un ponte nel suo librarsi a collegare, con la catenaria dell’intradosso dell’auditorium, i due saldi punti delle torri lasciando libero il terreno dei giardini sottostanti, in un caso, le acque e il canale, nell’altro. Nessuna contraddizione, dunque, ma piuttosto un piccolo appunto, colmo di stima, alla proposta di Renzo Piano per la Genova ferita dal crollo di agosto che, tipologicamente, sostituisce ad un ponte, struttura che collega due punti, un viadotto, strada sopraelevata tenuta in quota da una teoria di piloni.

 

La mostra

Curata da Elisabetta Barizza e Gabriele Neri, inaugura di fatto il Teatro dell’Architettua voluto e disegnato da Botta come spazio espositivo e d’incontro dell’Accademia

, e si articola su tre piani in sezioni tematiche che analizzano i progetti sviluppati tra il 1968 e il 1972 mettendo in luce un’ampia documentazione –straordinari gli originali!- e dove vengono approfonditi i fatti, le relazioni, le connessioni culturali: Kahn e Venezia; Ritorno in Europa; Giuseppe Mazzariol e l’idea di Venezia; Frank Lloyd Wright e Le Corbusier a Venezia; La lezione di Louis Kahn; Louis Kahn e Carlo Scarpa; Il progetto di Louis Kahn per Venezia.

Barizza ci racconta del ritrovamento dei documenti che testimoniano la passione di Kahn per l’insegnamento e la sua partecipazione alla nascita dell’UIA, Università Internazionale dell’Arte fra Firenze, Lucca e Venezia: uno degli importanti risultati della ricerca che ha portato a questa mostra. Nel visitare l’allestimento che si sta completando Botta è provvido di consigli ed osservazioni: non manca di far notare le scelte di disegno che hanno portato a strutture espositive leggere, piani inclinati e tavoli con teca, che si collocano fra «il risultato di un laboratorio scolastico ed un’estrema raffinatezza».

Gli straordinari disegni originali, giunti dalla Louis I. Kahn Collection dell’Università della Pennsylvania di Philadelphia, tolgono il fiato, non solo per le dimensioni – l’inusitato foglio di carta da schizzi gialla lungo 3 metri che rappresenta l’alzato del Palazzo dei Congressi, magistralmente tracciato a mina nera, segna inequivocabilmente la rivincita della mano umana dotata di matita sul plotter, almeno per noi inguaribili nostalgici- ma soprattutto per la qualità della riflessione architettonica e della capacità di sintetica rappresentazione che il leone di Carpaccio, qui riprodotto a scala reale -oggi come nella mostra di allora tenuta nell’aula dell’Apollo di Palazzo Ducale- sorveglia ed assente con superiore sicurezza. La visita si conclude, a rebours, al piano terra ove il teatro tradisce, giustamente, la sua vocazione di luogo di rappresentazione prima ancora che di esposizione. Un grande plastico della città di Venezia dialoga con due schermi giganti che riportano, immergendoti, a quegli anni formidabili almeno per l’architettura. Dalle balconate dei piani superiori i disegni e i modelli si sentono come affacciarsi, spettatori virtuali di questa rappresentazione che ha quasi del sacro, almeno in rapporto alla figura messianica di Kahn.

Una mostra che, crediamo, meriterà un giusto successo e una visita di molti.

LOUIS KAHN E VENEZIA

Teatro dell’architettura dell’USI

Mendrisio (Svizzera)

12 ottobre 2018 – 20 gennaio 2019

Progetto per il Palazzo dei Congressi e il Padiglione della Biennale

A cura di: Elisabetta Barizza in collaborazione con Gabriele Neri

Promossa da: Fondazione Teatro dell’architettura di Mendrisio e Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana.

Catalogo: Mendrisio Academy Press-Silvana Editoriale, a cura di Elisabetta Barizza e Gabriele Neri, che include, oltre ai saggi dei curatori, una testimonianza di Mario Botta e testi di Fulvio Irace e Werner Oechslin.

Pubblicazioni

Vincent Scully,Louis I. Kahn, Milano, Il Saggiatore, 1963

Heinz Ronner, Sharad Jhaveri, Louis I. Kahn Complete Work 1935-1974, Basilea, Boston, Birkhäuser

Nathaniel Kahn,My architect. Alla ricerca di Louis Kahn, DVD, con libro, Milano, Feltrinelli, 2005

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 24 Ottobre 2018