L’assemblea dei soci ADI ha confermato Luciano Galimberti per il secondo mandato. Ecco una lettura degli esiti, alla luce dei percorsi di candidatura
Il protagonismo dell’Associazione per il Disegno Industriale ha vinto sulle richieste di visione, condivisione e trasparenza. È forse tutto qui il messaggio di questa elezione 2017 conclusasi con la voglia di continuità e la riconferma del presidente uscente. Da un lato il messaggio di potenziamento di un percorso avviato nel primo triennio, dall’altro la messa in discussione da parte della sfidante Giovanna Talocci di alcune azioni che, probabilmente, non sono state gestite linearmente o correttamente valorizzate (si vedano le Lettere ai Soci). Sta di fatto che l’Assemblea dei soci dell’ADI ha confermato il 22 giugno scorso Luciano Galimberti alla presidenza dell’associazione con 304 voti. Alla vicepresidente uscente Giovanna Talocci e alla sua lista sono andati 163 voti. Abbiamo seguito con interesse i percorsi di candidatura, i programmi, le testimonianze, alcuni passaggi chiave nel giro d’Italia delle delegazioni regionali. Proviamo ad interpretare le ragioni di questo risultato, partendo dalla proposta della sfidante.
La squadra di Talocci era ben costruita, i sostenitori particolarmente agguerriti. Eppure il messaggio non è passato. I due principali attacchi all’attuale presidenza hanno riguardato, da una parte, il clima delle riunioni e l’assenza di contenuti nelle stesse (forse troppo misera come contestazione, o meglio trattasi di un messaggio che interessa poco la stragrande maggioranza dei soci), dall’altra la scarsa crescita in visibilità e appeal dell’ADI nonostante la buona disponibilità di risorse e iniziative ottenuta grazie ai predecessori di Galimberti. Tutti i sostenitori di Talocci hanno rimarcato le sue capacità di ascolto e dialogo, nonché la sua serietà. Ma anche in questo caso, forse, sono doti considerate propedeutiche e non strategiche per condurre un’associazione così complessa.
Galimberti si è presentato alla tornata elettorale con un consuntivo in dieci punti e quattordici punti programmatici. Il risanamento del bilancio associativo è stato uno dei cavalli di battaglia, riconosciuto da molti, non solo da chi è si palesato sostenitore. Sottolineare il messaggio che «l’autonomia culturale si basa sull’autonomia economica» ha consentito d’incassare, è il caso di dirlo, una certa credibilità. Messaggio ulteriormente potenziato da tre punti relativi alla nuova organizzazione, ovvero la razionalizzazione dei consulenti fissi, gli incarichi a soci su concorsi interni e le gare per appaltare le forniture (l’eterna valutazione di almeno tre preventivi). Anche sul fronte del networking (università, fondazioni ed enti pubblici) il bilancio è positivo, così come promettente è la partecipazione al progetto europeo Design for Enterprises, sia dal punto di vista del reperimento fondi che della capacità del design italiano di fare visita ad altri Paesi comunitari sfruttando l’erogazione di corsi di formazione brevi o a lungo termine.
Quale passaggio del programma di Talocci ci ha soddisfatto? «Garantire la massima riconoscibilità del sistema design italiano (DESIGNED IN ITALY – DESIGN MADE IN ITALY), in particolare nei percorsi di internazionalizzazione ormai indispensabili per la crescita economica del nostro settore». Se è vero che “Made in Italy” è uno dei 5 marchi più riconosciuti al mondo, impariamo ad accreditare correttamente chi progetta e produce nel rispetto di un sistema di valori. Quale passaggio del programma di Galimberti ci ha soddisfatto? «Valorizzare i territori, sostenerli con progetti dedicati nel processo di accreditamento e sviluppo». Uscire da Milano, vedere il design in modo diverso, portare l’intelligenza del designer nello sviluppo di strategie e servizi laddove gli altri non arrivano perché non fiutano il business.
Ma la vera partita, come in ogni associazione, è stata giocata sul ruolo dei soci. E nessuno dei due ha brillato per incisività o chiarezza del proprio punto di vista. ADI non è un sindacato di categoria, dice Galimberti. I soci sono il nostro patrimonio più grande, dice Talocci. La sfidante ha enfatizzato la riduzione degli iscritti. Galimberti ha risposto confrontando le due più recenti assemblee elettive, rimarcando che nel 2014, in corrispondenza del fine mandato della presidenza di Luisa Bocchietto, il numero dei soci ADI era di 953 contro i 994 di oggi. Nel programma di Galimberti non ci sono comunque tracce evidenti di azioni mirate al recupero o all’aumento del numero dei soci, base essenziale per garantire estensione geografica e partecipazione. Insufficienti i tre punti di valorizzazione della centralità dei soci se basati esclusivamente su concorsi interni, promozione dei soci nel mondo e progetti regionali. I soci non rinnovano o nuovi soci non si iscrivono per ragioni note a tutti. In periodi di magra e precariato per buona parte dei designer, soprattutto dei neolaureati, la tesserina plastificata o il logo ADI sul cartiglio non creano valore aggiunto. ADI oggi è portavoce del malumore presso le istituzioni, cerca di perseguire il riconoscimento professionale in diverse sedi, ma tuttora il designer non è una figura realmente tutelata o capace di esprimere il suo talento fuori dalla sua capacità d’interazione con l’industria e con il sistema privato in genere. Il tavolo avviato con il Consiglio Nazionale degli Architetti per l’equiparazione delle lauree quinquennali è un’operazione delicata che, se da un lato alimenta speranze di elevazione per i designer, dall’altro potrebbe generare ancora più confusione, o meglio di pericolosa e reciproca penetrazione di competenze.
Il Giornale augura buon lavoro al presidente Galimberti per il suo secondo mandato. Con la promessa di mettere il naso più spesso nelle vicende ADI e di dare spazio e voce, nei limiti del possibile, alle iniziative di maggiore spessore e alle sofferenze registrate nell’operare quotidiano di ogni delegazione regionale.
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Chi è Luciano Galimberti
Ha fondato nel 1985 con Rolando Borsato lo studio Bgpiù, attivo negli ambiti dell’abitazione e del lavoro con interventi di architettura, architettura d’interni, exhibit design, product design, design management e comunicazione. Dal 2014 è presidente dell’ADI, dove ha sviluppato un piano di rilancio, realizzato dal 2015 nel programma ADI per EXPO, che ha analizzato i rapporti tra food e design, e nella prima edizione dell’ADI Compasso d’Oro International Award. Dal 2015 è presidente della Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro.
Con Galimberti sono stati eletti al Comitato esecutivo dell’associazione Umberto Cabini (vicepresidente), Simona Finessi (tesoriera), Marco Bonetto, Dario Curatolo, Riccardo Diotallevi, Fabrizio Pierandrei, Francesco Subioli, Alex Terzariol.