L’iniziativa, nata nel 1992 a Londra, approda per la prima volta a Torino il 10-11 giugno, consentendo l’accesso gratuito a 111 edifici
Appartamenti privati, palazzi storici, uffici, torri, laboratori scientifici, studi professionali: per un solo weekend all’anno, Open House apre gratuitamente spazi generalmente chiusi al pubblico e mostra i diversi modi di vivere l’architettura. Nata nel 1992 a Londra, da un’idea di Victoria Thornton, la manifestazione ha raggiunto 32 città nel mondo e quest’anno è arrivata anche a Torino, il 10 e 11 giugno 2017.
Promossa dall’associazione senza fini di lucro Open House Torino, appositamente costituta e presieduta da Luca Ballarini, aprirà 111 edifici del capoluogo sabaudo alla cittadinanza, invitata gratuitamente a visite accompagnate da volontari ma anche dagli stessi progettisti e proprietari.
La formula è ormai collaudata e gli obiettivi piuttosto semplici: promuovere e aumentare la conoscenza e la consapevolezza del valore dell’architettura, degli edifici e degli spazi pubblici nel grande pubblico, che per due giorni all’anno viene invitato alla loro fruizione diretta (e gratuita), entrando in interni privati o solitamente chiusi.
Dopo le esperienze di Roma, dove con successo crescente si è giunti alla quinta edizione, e Milano, che ha invece gestito la sua prima, l’iniziativa arriva anche sulle sponde del Po, dove il limite minimo inizialmente fissato di aperture, 70 edifici, è stato ampiamente superato ed è stato coinvolto un gruppo di oltre 300 volontari, oltre agli stessi membri dell’associazione.
“Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto, spesso ci dicevano: «Siamo a Torino, chi mai aprirà le porte di casa propria agli sconosciuti?»”, racconta Ballarini. “Non è andata così: abbiamo trovato padroni di casa molto disponibili. Aprire casa agli altri è un tema complicato, che si intreccia ovviamente con quello della privacy. Con Open House chiediamo di passare da un’architettura che è solo esteriore (quella che possiamo osservare dalla strada) a un’architettura che è anche interiore (quella che custodiamo in segreto, la mia casa come la mia anima, il luogo più esclusivo e solitario)”.
La lunga lista degli edifici aperti, per due giorni o solo per una mattina o un pomeriggio, in centro e in periferia, attinge a piene mani dall’architettura contemporanea sabauda e dai recuperi del passato industriale cittadino. Si passa da Palazzo Bricherasio, storica dimora che è oggi la nuova sede della Banca Patrimoni Sella grazie a un progetto di Michele De Lucchi, ai recuperi residenziali dell’ex fabbrica di cioccolato Tobler (studio Cucchiarati) e dell’ex CEAT (Studio Rolla e Vittorio Neirotti) e agli spazi ancora in cerca di una nuova destinazione d’uso come l’MRF Mirafiori, accanto al Centro del Design del Politenico di Torino (Isolarchitetti). Sul fronte del nuovo, non potevano mancare il pluripubblicato 25 Verde e Casa Hollywood (entrambi firmati da Luciano Pia), mentre il centro storico offre i suoi ultimi interventi di recupero e rifunzionalizzazione di grandi edifici dall’importante passato, Palazzo della Luce (Peter Jaeger Archtetti con Giorgio Emprin) con le sue ville urbane sul tetto, The Number 6 (Building) e l’NH Collection piazza Carlina (Franco Fusari, Davide Dutto, Federico De Giuli, Cristiano Pistis). Da un passato recente, ma più lontano, ecco Pier Luigi Nervi e Carlo Mollino: saranno infatti aperti il complesso di Torino Esposizioni, Palazzo del Lavoro, l’ex Sala danze Lutrario (oggi Dancing Le Roi) e Palazzo Affari.
Per visitatori ma anche per turisti la scelta è ampia e il tempo è poco: sarà indispensabile una seconda edizione.
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