Riceviamo e pubblichiamo una lettera nata dal dibattito circa l’utilità della formazione accademica. Continuate a inviarci le vostre opinioni, noi le divulgheremo
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Leggi la lettera che ha dato il via al dibattito e le risposte
Molti di noi, colleghi architetti e studenti, avranno certamente letto la lettera di Gerardo Mazziotti dal titolo certamente impattante: “Aboliamo le facoltà di architettura”. Chi non ha sentito insorgere dentro di sé, leggendolo, quel leggero pizzicare delle pareti interne dello stomaco? Vi spiego brevemente a cosa è dovuto tale sintomo e nel frattempo rispondo a Mazziotti. Nelle righe iniziali si dice che il sogno che muove i ragazzi ad iscriversi ad architettura è diventare archistar, come Norman Foster o Renzo Piano, per poi gradualmente rendersi conto che il tutto svanisce nella banalità della professione d’oggi. Dico io, non è forse che tale “Perfect illusion” citando una nota cantante, ce l’abbia avuta lei professore? Ai suoi tempi forse questo era il vero sogno, negli anni in cui bastava avere la passione per l’architettura per costruire ed avere incarichi importanti. Leggere che le facoltà di architettura hanno il compito di formare i futuri “costruttori” allarma quanto l’affermazione che molti neolaureati trovano lavoro nelle medie o nei licei, come se fosse un problema. Forse qui manca una visione contemporanea dell’architettura, da anni ben oltre la percezione dell’architettura come pura estetica. I giovani che si iscrivono ad architettura oggi sanno che ci si forma, o si inizia ad essere formati come progettisti, costruttori sì ma di orizzonti. Professionisti del progetto inteso come capacità di collegare concetti, dinamiche, saperi molto diversi tra loro dimostrando una capacità di sintesi propria dell’architettura, in questa idea sì, molto vitruviana.
Qui da abolire c’è la linea di un orizzonte di senso posizionata poco al di là del naso di molti, troppi, tanto da costituire una maggioranza schiacciante che non può che farci sprofondare ancora di più nell’Hiver de la culture. C’è da abolire l’idea di mondo fatto di norme da seguire, di forme standardizzate, di cose già viste. Ad un certo punto anche il costruttore esclamerà: e la poesia?
Immagine di copertina: © Stefano Tornieri (2014)
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abolire architettura
Last modified: 7 Marzo 2017