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Silvia BergamiWritten by: Inchieste

Ricostruzione in Emilia: patrimonio rurale tra tutela e demolizione

Ricostruzione in Emilia: patrimonio rurale tra tutela e demolizione

La tensione alla valorizzazione prodotta dal sisma è poi svanita. Il mantenimento del grado di vincolo è scoraggiato da procedure lunghe e complesse

 

I primi passi dopo il sisma

Le potenzialità del territorio rurale dell’Emilia Romagna erano già state riconosciute nelle politiche di piano negli anni precedenti gli eventi sismici del maggio 2012, mediante iniziative di tutela del paesaggio (cfr. il progetto «Natura 2000») e dell’edilizia minore. Il sisma ha dato una vera e propria “scossa” alla pianificazione, costringendola ad attivare rapide iniziative per avviare la ricostruzione e processi di tutela che, normalmente, richiedono tempi lunghi. Già la L.R. 16/2012 ha sottolineato l’importanza di una ricostruzione nel «rispetto della disciplina dei vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico-culturale presenti nel territorio», descrivendo le tipologie d’intervento ammissibili nel territorio rurale, caratterizzato da molteplici elementi di tutela paesaggistica.

Il sisma è stato propulsore di una generale tensione alla tutela e alla valorizzazione. Con una vera e propria mappatura di tutto il patrimonio culturale del territorio promossa dagli enti, sono stati censiti gli edifici e i complessi agricoli d’impianto sette-ottocentesco con conseguente moltiplicazione importante del patrimonio sottoposto a tutela, che tuttavia i Piani della ricostruzione hanno assunto talvolta solo nel 2014. In base alla “fascia di vincolo”, l’edificio rurale può rientrare in una delle quattro casistiche previste dalla legge regionale (edifici non vincolati, fabbricati rurali costituenti beni culturali, edifici danneggiati vincolati dalla pianificazione, edifici vincolati dalla pianificazione che siano interamente crollati a causa del sisma o siano interamente demoliti in attuazione di ordinanza comunale), prevedendo interventi che vanno dalla riparazione e ripristino con miglioramento sismico, fino alla reiterazione della ricostruzione tipologica, evidente falsificazione del paesaggio fatalmente ammessa dagli strumenti urbanistici.

Alla fase iniziale di estensione del “vincolo” è poi seguita una normativa piuttosto liberale relativamente allo “svincolo”, permettendo ai privati di avanzarne richiesta mediante una perizia asseverata del «pregiudizio strutturale e funzionale prodotto dal sisma che non consente il recupero dell’edificio se non attraverso la completa demolizione e ricostruzione dello stesso».

 

A che punto siamo?

Per salvaguardare il patrimonio rurale, la Regione ha fornito delle linee guida per la ricostruzione del territorio (Paesaggi da ricostruire. Linee guida per la tutela, valorizzazione, ricostruzione del paesaggio rurale nella bassa pianura emiliana, 2013) con l’intento di suggerire «possibili metodi, indirizzi ed esempi per l’integrazione tra paesaggio e “mondo agricolo”, perseguendo un duplice obiettivo: da una parte orientare le trasformazioni ordinarie, dall’altra promuovere una “visione paesaggistica” del territorio rurale». Tuttavia gli auspici del documento, che volevano «la trasformazione gestita rifuggendo sia dalla deriva del vernacolo, del falso storico, sia dalla deriva opposta di urbanizzazione», pare non abbiano trovato corrispondenza negli strumenti attuativi che ammettono nel territorio rurale anche interventi di ripristino e riparazione con modifica della sagoma e riduzione volumetrica, o l’accorpamento degli edifici rurali non abitativi e la delocalizzazione dei fabbricati sparsi non più funzionali all’attività agricola. Del resto, il mantenimento del grado di vincolo è scoraggiato da procedure lunghe e complesse, spesso incompatibili con le tempistiche previste dalle stesse ordinanze per la ricostruzione che non fanno distinzione tra bene vincolato o non, ponendo per entrambi termini inderogabili nel calendario dei lavori e in quello corrispondente dei relativi pagamenti.

C’è da chiedersi se la salvaguardia del patrimonio rurale potrà ritenersi soddisfatta. Saremo in grado di terminare i lavori entro i termini stabiliti se, ad oggi, gli iter di approvazione dei progetti, e quindi dei contributi, sono ancora in corso? L’edilizia storica rurale sarà stata veramente tutelata o, in realtà, sono ormai già andati perduti i valori locali?

 

Immagine di copertina: nella campagna di San Felice sul Panaro, Modena (foto di Paolo Campagnoli)

 

Le puntate precedenti dell’inchiesta (a cura di Matteo Agnoletto, Luigi Bartolomei e Paola Bianco)

Emilia, a che punto è la ricostruzione? (di Matteo Agnoletto, Luigi Bartolomei e Paola Bianco)

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Autore

  • Silvia Bergami

    Nata a Bologna (1988), dove si laurea nel 2013 in Ingegneria Edile Architettura con una tesi in Restauro architettonico dal titolo “Il Duomo di Mirandola: un restauro consapevole tra memoria e contemporaneità”. Specializzanda in “Beni architettonici e del paesaggio” presso la Facoltà di Architettura di Firenze, attualmente è impegnata a Bologna in progetti e studi per la ricostruzione in seguito al sisma in Emilia del 2012

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Last modified: 16 Maggio 2016