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Cristina GiurleoWritten by: Biennale di Venezia

Paola Viganò: vi spiego la metropoli orizzontale

Paola Viganò: vi spiego la metropoli orizzontale

Intervista alla curatrice della mostra “The  Horizontal Metropolis” (promossa da Archizoom, EPFL Losanna, con Martina Barcelloni Corte e Chiara Cavalieri), sull’Isola della Certosa dal 28 maggio al 27 novembre come evento collaterale della Biennale. L’urbanista ci racconta la città ed il suo possibile futuro attraverso cinque casi studio

Che cosa s’intende per “metropoli orizzontale” e come si sviluppa il tema all’interno della mostra?Il concetto di metropoli orizzontale si è precisato alcuni anni fa quando, insieme a Bernardo Secchi, abbiamo riflettuto su una visione per Bruxelles 2040. Quella conurbazione densa e allo stesso tempo diffusa che si sviluppa tra le Fiandre e la Vallonia presenta i caratteri di un’area metropolitana forte (testimoniata dalla presenza di università, grandi centri direzionali e infrastrutture…), allo stesso tempo, il tipo di spazio non coincide con l’idea tradizionale di metropoli descritta tra fine 800 e inizio 900 e rappresentativa di città come Berlino o Parigi. Con questo ossimoro abbiamo provato a rappresentare una condizione particolare accostando termini apparentemente contraddittori: la metropoli come luogo di centralità, densità, di grande accessibilità e l’orizzontalità, di relazioni, di complementarità, in un territorio poco gerarchizzato, in un paesaggio di case con giardino e villaggi metropolitani. L’ossimoro descrive una situazione che abbiamo osservato a lungo avendo lavorato per molti anni in questa parte dell’Europa, ma allo stesso tempo propone un progetto e una visione per le molte città-territorio che si sono realizzate in questi decenni in Europa e nel mondo. La questione che vorrei porre con questa mostra riguarda il progetto di una metropoli orizzontale, un progetto che rivisita e ricicla le vecchie periferie, i territori serventi delle metropoli del passato, le aree della dispersione insediativa come luoghi di potenzialità, ad alta densità di relazioni, attrezzature ed infrastrutture; un capitale spaziale oltre che sociale ed economico.

 

Quali situazioni avete analizzato e come sono organizzate nel percorso espositivo?

Il lavoro che presentiamo nasce all’interno delle scuole di architettura nelle quali ho insegnato in questi ultimi anni, a Losanna, Venezia, Boston e sono il frutto di atelier di progetto, tesi di laurea e di dottorato, della collaborazione di studenti e assistenti (tra questi Martina Barcelloni Corte, Chiara Cavalieri, Marine Durand, Tommaso Pietropolli, Roberto Sega (Lab-U) e Qinyi Zhang (Iuav)). I cinque casi mettono in evidenza differenze e similitudini in territori molto distanti tra loro: un frammento di città diffusa veneta e uno cinese, a sud-ovest di Shanghai, dove una lunga costruzione territoriale, di paesaggi agricoli d’acqua, produttivi e industriali, è ancora molto leggibile e continua ad organizzarne lo spazio; un caso di città territorio alpina, sempre più integrata a dinamiche metropolitane che le sono prossime, la metropoli orizzontale non è solo di pianura, allo stesso tempo segnata da pesanti fasci di infrastrutture della mobilità, energetiche, idrauliche e luogo di marginalità; una porzione di vecchia periferia industriale ad ovest di Losanna, un territorio frammentato in via di trasformazione con la chiusura di molte attività industriali e dove il mantenimento della mixité passa attraverso la rielaborazione tipologica dei tessuti e della relazione con la rete ferroviaria; l’area metropolitana di Boston, infine, dove gli elementi tipici del suburbio americano, il middle ground, le strip commerciali, le grandi infrastrutture, le ranch houses degli anni ’50 sono completamente da ripensare, insieme al trasporto pubblico e alla qualità dell’acqua.
Esploriamo il futuro di questi territori, della metropoli orizzontale, attraverso un dispositivo procedurale comune che prende come riferimento il plastico di Broadacre City costruito da Frank Lloyd Wright e dai suoi studenti a Taliesin negli anni 30 del secolo scorso: le sue dimensioni, la sua scala. I grandi plastici sono accompagnati da proiezioni dei territori sorvolati da droni e percorsi a piedi intervistando abitanti, imprenditori e agricoltori che ne mostrano l’enorme ricchezza di paesaggi: eterogenei, ma allo stesso tempo legati alla forma del territorio, alle sue razionalizzazioni, a specifici stili di vita.
Alcuni grandi libri da sfogliare contengono un atlante cartografico per ogni contesto e raccontano le idee progettuali sviluppate nei plastici e alle diverse scale. Questi materiali consentiranno di comprendere meglio le scelte proposte, orientate da un’ipotesi di fondo: la città, la città-territorio, come risorsa rinnovabile, nella quale riaprire cicli di vita, valorizzare l’energia grigia, ripensare il ruolo del trasporto pubblico e della mobilità lenta, delle infrastrutture minute e decentrate, dell’acqua nelle sue diverse componenti.
I grandi plastici e gli atlanti sono introdotti da alcuni video di interviste agli autori che tra gli anni 60 e gli anni 90 hanno proposto alcune interpretazioni rilevanti del nuovo fenomeno urbano, una genealogia importante che mette in luce una tradizione di letture e di strumenti interpretativi sofisticati con i quali traguardare questi territori e pensarne finalmente il progetto.

In che modo la metropoli orizzontale è in grado di generare spazi di qualità ed ecologicamente efficienti?

Il giudizio critico sui territori dispersi, eterogenei e frammentati è noto a tutti. La nostra ipotesi è, invece, che questo tipo di città, forse ancor più di quella tradizionale, possa essere ripensata come una risorsa rinnovabile, capace di rigenerarsi al proprio interno (anche perché non ha esterno): fonti di energia diffuse, dinamiche produttive delle più diverse, agricoltura e manifattura, tipi di popolazione e stili di vita eterogenei coesistono nella metropoli orizzontale; molte sono le sinergie possibili e in gran parte ancora da esplorare. Questo tipo di spazio, urbano e metropolitano, deve dimostrare di essere in grado di risolvere i problemi che ha costruito nel tempo: problemi sociali, ambientali ed economici, tra questi il tema della mobilità richiederà forti adattamenti non solo tecnologici. Le grandi figure che strutturano il progetto propongono nuove relazioni tra cose e funzioni.

 

Che cosa significa poter esporre nell’Isola della Certosa i risultati di una ricerca iniziata nel 2011? 

L’Isola della Certosa ha spazi molto belli e grandi. Dopo le prime bonifiche l’isola sta diventando un parco pubblico straordinario nella laguna; un vaporetto la rende accessibile dall’Arsenale e dall’aeroporto. La mostra si terrà in un hangar utilizzato per il rimessaggio in inverno ed utilizzato in estate per mostre, seminari e workshop. È un luogo molto coerente all’idea di metropoli orizzontale: è decentrato, un’isola della laguna, all’interno di uno spazio metropolitano diffuso, quello dell’area veneziana, organizzato dalla rete delle acque. Ne approfitteremo perché, oltre alla mostra, molti sono i momenti di dibattito che abbiamo immaginato per ragionare di un progetto alternativo alla forte polarizzazione in corso, alle sue nuove marginalità e periferie.

Per_approfondire

Presentazione del progetto

26 maggio, ore 18.30 presso Palazzo Trevisan degli Ulivi

Inaugurazine della mostra

27 maggio, ore 10.00 presso l’Isola della Certosa

 

Chi è Paola Viganò

paola viganòArchitetta e urbanista, è professore straordinario di Urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. Visiting professor in diverse scuole internazionali (Lovanio, Losanna, Aarhus, Harvard), è coordinatrice del Dottorato in Urbanistica presso lo Iuav e membro dell’Executive e dell’Educational Boards dell’European master in Urbanism. Fa parte del comitato scientifico dell’École nationale supérieure d’architecture et de paysage di Lille e dell’École Nationale Supérieure du Paysage di Versailles. Nel 2013 è Chaire Francqui all’UCL di Louvain la Neuve. Nel 1990 ha fondato il proprio studio insieme a Bernardo Secchi (1934-2014) e vinto numerosi concorsi internazionali. Tra i progetti realizzati: la nuova piazza del teatro ed il parco di Spoornoord ad Anversa; un sistema di spazi pubblici a Mechelen, il cimitero e la Grote Markt di Kortrijk. Lo studio lavora oggi su diversi progetti urbanistici ed architettonici in Europa, tra questi il quartiere della Courrouze a Rennes (masterplan e realizzazione degli spazi pubblici). Negli ultimi anni ha lavorato sulla costruzione di visioni per alcune importanti aree metropolitane: Le Grand Paris, métropole de l’après Kyoto; Bruxelles 2040; Lille 2030 e Montpellier 2040. Nel 2015 ha vinto il concorso internazionale per la città della Scienza di Roma. Dopo essere stata finalista nel 2010, nel 2013 Viganò è la prima donna a ricevere il Grand Prix de l’Urbanisme in Francia, mentre oggi è parte del comitato scientifico “Atelier du Grand Paris”. Nel 2016 ha ricevuto la laurea ad honorem dall’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio.

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Last modified: 25 Maggio 2016