Seconda parte di un viaggio nel paese ai margini della “primavera araba” che sta vivendo un boom economico. Ma non è tutto oro quel che luccica…
Investimenti e interni
Le vicende di Marrakech sembrano poter fornire una lettura chiara di questo andamento del Marocco, che molti definiscono Mecca del mercato dell’architettura ma che in realtà pare essere occupato da investimenti francesi privati e da cordate inglesi per lo più legate alla famiglia reale. L’interior offre a investimenti più bassi possibilità migliori, come ha dimostrato studioKO (Olivier Marty e Karl Fourniero) che dalle realizzazioni d’interni in centro sono passati a resort di venti ville che hanno visto un sostanziale successo dell’agence, oggi fra le migliori con sede in Marocco.
Autoctoni alla ribalta
I primi studi marocchini appaiono sulla scena a inizio anni settanta ma con l’Expo 2015 si ha un’impennata. È il caso dei sino-marocchini Kilo architects, oggi Oualalou+Choi, che porta con orgoglio la tradizione locale sul piano internazionale; ma vale anche per la collaborazione di Saad El Kabbaj con Driss Kettani e Mohamed Amine Siana per le università come quella di Torundant, immortalata dalle foto dei fratelli Guerra e ampiamente divulgata sul web negli ultimi anni (foto sotto e in copertina; © Fernando e Sérgio Guerra, studio FG+SG). Notevole anche la realizzazione di una scuola da parte dell’associazione internazionale Mamoth, firmata dai belgi BC architects nei pressi della città di Fes.
E gli italiani?
Si spingono più a sud, verso Ouarzazate, per le scenografie a servizio del nascente cinema nazionale marocchino, e più di rado sono interpreti di lavori come i restauri dei riad al centro delle Medine, dove comunque il fatto di essere per lo più patrimonio Unesco rende i cantieri sempre più burocratizzati e meno lineari. Alcuni dal nord Italia, come l’immobiliare di Luciano Verrutti, scampati dalla grossa crisi dell’edilizia, hanno esportato i temi del disegno di appartamento italiano in Marocco, ma risulta difficile valutare la riuscita dell’impresa. Invece va a Gregotti Associati la realizzazione dello stadio di Marrakech che sembra innestare l’esperienza di Italia 90 all’esigenza di grandiosità del re.
L’anima francese
Molti architetti francesi (e in rari casi africani che hanno studiato a Rabat), dopo esperienze in studi locali, si lanciano in imprese freelance che sembrano, nonostante le difficoltà, concretizzarsi; al contrario gli italiani rientrano in patria forse a causa di una comunità nazionale inesistente e di un’arretratezza nella generica capacità impreditoriale all’estero, quantomeno in Nordafrica. Il Marocco ha invece un’anima francese presente che segna in maniera positiva l’apparato amministrativo di tutto il paese. L’urbanistica è lineare con regole uniche al mondo, come il rosso per gli intonaci di Marrakech e il bianco per Casablanca. L’abuso è inesistente, soprattutto nelle aree Unesco dove l’intervento delle autorità è immediato. La regola del 3H/2 (che prevede il ribaltamento sul retro del fabbricato verso il confine del triplo dell’altezza diviso due, se la proiezione rimane sul confine non c’è abuso), indicata invece per le zone residenziali a bassa densità delle città più grandi come Casablanca e Rabat, nonostante la sua semplicità è ampiamente rispettata causa la demolizione immediata.
Un paese (relativamente) tranquillo
Il Marocco appare un po’ come il suo orizzonte illimitato ma allo stesso tempo il colore principale, il rosso, rimanda ad una desolazione marziana. Ci affascina con il mistero della scoperta ma, come ogni avamposto avanzato, le avversità e le complicazioni sono all’ordine del giorno. Molta dell’economia europea, soprattutto in paesi in cui la crisi si ripropone, è in cerca di ritorni dalle possibilità provenienti dalle parti “fredde” dell’Africa, e il Marocco risulta relativamente tranquillo e in crescita, ma forse i tempi non sono ancora del tutto maturi.