Già monastero poi fabbrica militare, l’isola veneziana oggetto di un ampio intervento di bonifica e recupero a parco urbano su masterplan di Tobia Scarpa ospiterà un evento collaterale dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna per la 15. Mostra internazionale di architettura
VENEZIA. Solcando le acque della laguna veneziana si giunge all’estremo lembo orientale della città lagunare costituito dall’Isola di Sant’Elena. Qui, mentre il vaporetto incede virando verso San Pietro in Castello e poi proseguire la sua circumnavigazione verso l’Arsenale Nord si ha già la percezione d’un mutamento dei ritmi, degli equilibri, quasi non vi fosse più molto altro da esplorare, una volta lasciatosi alle spalle il confusionario moto del flusso turistico. Ma allargando lo sguardo ad est, verso lo specchio acqueo delimitato dall’ultima propaggine del Lido, altre porzioni di terre emerse narrano storie insediative diverse a cui oggi si tenta di dare continuità, sottraendole al rischio di definitivo abbandono. È il caso dell’Isola della Certosa, che si estende per 24 ettari a soli 300 metri dal sestiere di Castello.
Già insediamento agostiniano a partire dal 1189, poi certosino dal 1424, l’isola conosce un felice sviluppo strettamente connesso alla vita della comunità religiosa: in un’incisione secentesca Marco Boschini ritrae Cartusia inclytae venetiarum urbis con il vasto complesso monastico e appezzamenti coltivati. In seguito alle soppressioni napoleoniche, il complesso religioso viene in gran parte distrutto, la Certosa è destinata a insediamento militare e fabbrica di esplosivi e negli anni ’20 l’Esercito italiano decide di stabilirvi l’industria Pirotecnica per la produzione di munizioni. Quest’attività muta anche la morfologia dell’isola: immagini aeree degli anni ‘40 già ne ritraggono la nuova porzione trapezoidale a nord-est realizzata con materiale derivante dallo scavo dell’idroscalo. Il 1957 sancisce la fine dell’attività produttiva e il 1962 la cessazione delle funzioni militari. Per circa un ventennio la Certosa sembra destinata all’abbandono, mentre una fitta vegetazione ne ricopre la superficie, fino a quando il Comune (concessionario del bene demaniale per 99 anni secondo la legge speciale 798 del 1984), con il contributo di fondi comunitari, avvia un piano di valorizzazione e un primo recupero. È il 1996. Da allora ricomincia un progressivo percorso di rinascita. Dopo una prima tranche d’interventi (1998-2002) nel 2004 la società Vento di Venezia vince l’assegnazione per la gestione di parte dell’isola insediandovi il polo nautico e, progressivamente, un’attività ricettiva, cantieristica e una scuola nautica.
Nel 2009 la stessa società vince il bando pubblico per la realizzazione e la gestione del Parco urbano; l’anno successivo, dopo aver perfezionato il complessivo progetto di riqualificazione (secondo il masterplan elaborato da Tobia Scarpa), Vento di Venezia si aggiudica la gestione cinquantennale dell’intero compendio in virtù di un parternariato pubblico-privato con il Comune.
Nel settembre 2010 ha così preso il via il piano di recupero e valorizzazione che ad oggi ha portato all’ampliamento degli ormeggi (per un totale di 300 posti barca) e al completamento d’una prima tranche della bonifica ambientale (incluse le demolizioni dei rimanenti fabbricati militari non sottoposti a vincolo come invece il chiostro). Prioritaria la valenza paesaggistica e la sostenibilità ambientale dell’intera operazione, non solo per la restituzione alla comunità di un parco urbano. In particolare, tra le strategie di bonifica adottate, sono state incluse tecniche di phytoremediation, oramai consolidate ma ancora poco utilizzate in Italia. Queste prevedono l’uso dei microrganismi presenti nella rizosfera per degradare gli inquinanti organici nel suolo con impiego di due specie vegetali (Festuca arundinacea e Medicago sativa) di ampia diffusione e facile coltivazione, particolarmente adatte per il tipo e le concentrazioni d’inquinanti presenti nel sito.
Gli interventi di bonifica ambientale vengono ad aggiungersi alle altre opere in corso di realizzazione per il recupero dell’isola e rispondono ad avanzati protocolli di sostenibilità, candidando la Certosa a diventare un esempio di applicazione di approcci e tecniche “a basso impatto” per un’area industriale dismessa e degradata che assume una particolare valenza strategica per la città (sull’isola, accanto alle diverse attività che periodicamente vengono organizzate ed ospitate, quest’anno arriverà “The Horizontal Metropolis, a Radical Project”, evento collaterale della 15. Biennale di Architettura organizzato dall’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna).
Il masterplan elaborato da Scarpa prevede, accanto al ripristino delle attività agricole e viticole e alla conservazione del patrimonio naturalistico, anche la ricostruzione, senza aumento di volumetrie rispetto alle cubature della Pirotecnica, di alcuni manufatti con diverse destinazioni d’uso. Tra queste: l’ampliamento dell’offerta ricettiva, aree di accoglienza e ristorazione e altre dedicate ad attività sportive, commerciali, culturali e di formazione. Inoltre il progetto include una piscina galleggiante e un sistema di pontili mobili per il collegamento delle adiacenti isole delle Vignole e di Sant’Andrea (con il suo cinquecentesco forte), integrandole così in un più ampio sistema di valorizzazione. La fine prevista di un primo lotto di lavori per la Certosa è fissata al 2017.
In quest’ottica di rifunzionalizzazione “allargata”, non poca rilevanza potrebbe occupare la futura applicazione del decreto legislativo sul federalismo demaniale (d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85) che disciplina il trasferimento di complessi immobiliari di proprietà dello Stato agli enti territoriali che ne facciano domanda. Com’è noto, il trasferimento è condizionato all’inoltro da parte dell’ente interessato di un programma di valorizzazione che include le specifiche finalità e le modalità di utilizzazione del bene, la tempistica ed economicità nonché la sua destinazione. Ad oggi l’iter è in corso. Nel dicembre 2015 è stata sottoscritta la bozza di accordo tra Comune e Demanio e successivamente il Comune ha deliberato l’acquisizione del bene “ai sensi dell’art. 5, c. 5, D.Lgs. 85/2010 dei beni immobili demaniali di proprietà dello Stato denominati Isola della Certosa e Forte Sant’Andrea per la loro valorizzazione secondo i Programmi presentati dal Comune di Venezia”. Il prossimo incontro per la sottoscrizione dell’accordo definitivo è previsto per giugno 2016.
Immagine di copertina di Gabriele Crozzoli
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biennale venezia 2016 , paesaggio , rigenerazione urbana
Last modified: 15 Maggio 2016
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