L’edizione 2015 del RIBA Stirling Prize aggiudicata alla Burntwood School a Londra di Allford Hall Monaghan Morris. Un commento e la gallery dei finalisti
LONDRA. La giuria del RIBA Stirling Prize ha sorpreso tutti nel 2015 – addetti ai lavori e pubblico – nella scelta del vincitore del più alto riconoscimento britannico per l’architettura. Dopo l’Everyman Theatre di Howarth Tompkins nel 2014 a Liverpool, il premio è andato quest’anno a Allford Hall Monaghan Morris (AHMM) per la Burntwood School a Londra. L’edificio preferito dall’opinione pubblica e dalla critica, infatti, non era quello dello studio londinese bensì l’estensione della Whitworth Gallery dell’Università di Manchester, un intervento di MUMA che ha anche ridisegnato parte del parco urbano ove sorge l’ampliamento. La Whitworth Gallery ospita ricche collezioni di arte moderna e contemporanea e ha recentemente riaperto i battenti con una personale di Cornelia Parker, artista tra le più apprezzate nel panorama contemporaneo. Dopo la vittoria del teatro di Liverpool, forse Manchester avrebbe rappresentato troppo North West per i cinque professionisti – Peter Clegg, Rory Olcayto, Theresa Sackler, Steve Tompkins e Jane Duncan – chiamati dal Royal Institute of British Architects a giudicare i progetti?
La scuola di Burntwood si distingue per un lungo e sentito processo partecipativo con il personale docente ma soprattutto per una collaborazione tra professionisti specializzati in diversi ambiti, tra cui architetti del paesaggio e artisti. Gli spazi risultano ben organizzati e piacevoli: è evidente l’attenzione per una chiara ed efficace distribuzione funzionale, per l’attenzione all’illuminazione naturale degli ambienti interni e per un interessante e vivace utilizzo dei colori negli arredi e nelle finiture degli spazi. In ogni caso, il valore sociale del progetto deve aver contribuito non poco nella formulazione del giudizio finale; e va anche contestualizzato in un Paese che da decenni pare carente di spazi dedicati all’istruzione, spesso di discutibile qualità. La Burntwood School è uno degli ultimi esempi di strutture realizzate attraverso il Building Schools for the Future, programma finanziato dal Governo a partire dal 2000 proprio per supplire a questa contingenza.
Marco Iuliano
I sei progetti finalisti
(a cura di Carla Molinari)
Burntwood School
Londra, 2014
Committente: Wandsworth Borough Council
Progetto: Allford Hall Monaghan Morris
Strutture: Buro Happold; M&E engineers; Mott MacDonald Fulcrum
Paesaggio: Kinnear Landscape Architects
Costo: £40,900,000
Superficie costruita: 21.405 mq
Il progetto è articolato in otto nuovi edifici: sei per la didattica e due per attrezzature e spazi comuni. L’intervento ha previsto la quasi completa demolizione della vecchia scuola, realizzata tra gli anni cinquanta e sessanta, ad esclusione di due piccoli edifici che sono stati recuperati e inseriti nel nuovo masterplan. L’organizzazione del lotto trapezoidale è risolta tramite un asse principale che separa un’area più densamente costruita, con i volumi per le aule, da aree verdi ed edifici per le attività collettive. L’articolazione degli spazi interni è semplice e regolare, con ambienti luminosi e flessibili, caratterizzati da pannelli scorrevoli, da una serie di doppie e triple altezze e da grandi aperture. Dal punto di vista più figurativo, il progetto non risulta però completamente convincente nè rispondente a una visione coerente e unitaria, forse proprio a causa della collaborazione tra diversi specialisti. Il disegno delle facciate dei volumi principali è caratterizzato da aperture strombate e iterate con leggere variazioni tramite pannelli modulari in cemento: pare soddisfare una superficiale esigenza estetica senza indurre ad alcun ulteriore livello di valore o significato.
Darbishire Place, Peabody Housing
Londra, 2014
Progetto: Niall McLaughlin Architects
Committente: Peabody
Costo: £2,300,000
Superficie costruita: 1.084 mq
L’edificio di nuova realizzazione completa un isolato residenziale costruito a opera della Fondazione Peabody già nel 1870. Dei due lotti andati distrutti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, un primo è stato trasformato in spazio verde e nuovo centro dell’area, mentre il secondo è l’oggetto della ricostruzione. Il progetto si armonizza con il contesto urbano ed evita sterili tentativi mimetici con gli edifici preesistenti: il rivestimento è sempre in mattoni ma con grane e tonalità differenti, cosicchè le proporzioni volumetriche sono rispettate con profondità e ampiezze per le aperture più dinamiche e ricercate. Gli interni, infine, rivelano un’attenzione particolare alla qualità degli spazi comuni. Nei limiti economici del social housing il progetto si dimostra un semplice ma efficace esempio di buona architettura senza pretese scenografiche anche se con il rischio (calcolato?) di cadere nell’anonimato urbano.
Maggie’s Lanarkshire
Airdrie, Scozia, 2014
Progetto: Reiach and Hall Architects
Committente: Maggie’s Cancer Caring Centre
Costo: £1,800,000
Superficie costruita: 314 mq
L’edificio si inserisce nella grande area occupata dall’Ospedale Monklands: si tratta di un piccolo padiglione che ospita una sala comune e una serie di stanze private dedicate all’assistenza di pazienti e famiglie. La Fondazione Maggie’s (in memoria di Maggie Jencks, moglie di Charles Jencks) da anni si occupa di finanziare strutture a supporto di malati di cancro, scegliendo sempre progettisti d’eccezione per la realizzazione delle opere. Reiach and Hall Architects in questo caso sono stati in grado di realizzare una serie di ambienti protetti e riparati, evitando il senso di isolamento o alienazione che spesso caratterizzano questi spazi. Oltre il muro di confine, filtro leggero in laterizio, si articola il percorso che, tramite dolci rampe, spazi verdi e pedane, invita all’attraversamento del padiglione. Il volume pieno è interrotto da piccoli patii e grandi vetrate sul paesaggio offrendo grande luminosità agli interni. L’attenzione per la scelta dei materiali e l’impiego degli elementi naturali quali luce, verde e acqua, rendono questo progetto un riferimento prezioso per lo svolgimento della delicata tematica funzionale.
NEO Bankside
Londra, 2013
Progetto: Rogers Stirk Harbour + Partners, con John Robertson Architects
Committente: GC Bankside LLP
Costo: £132,000,000
Superficie costruita: 42000 mq
A fianco della Tate Modern, il gruppo di torri si inserisce in un’area in febbrile trasformazione di Londra, contribuendo alla formazione di una parte sempre più stimolante dello skyline della capitale britannica. Grazie a una riduzione dei volumi e all’uso del verde, il progetto tenta di mantenere nell’attacco a terra una relazione con la scala umana, definendo una dimensione pubblica e invitando a usufruire degli ambienti esterni aperti fino a sera. Se si osserva l’inserimento dei blocchi residenziali e lo sviluppo dei percorsi rimane però irrisolta l’effettiva continuità dello spazio progettato con quello della città. Lo sviluppo planimetrico delle torri è semplice ed efficace, con qualche interessante variazione nell’inserimento di spazi a doppia altezza e terrazze. L’estetica high-tech, infine, pare elementare ma convincente, in particolare nella risoluzione degli angoli di facciata. Le finiture, i materiali scelti e le dimensioni degli appartamenti rivelano un’alta qualità dell’intervento, che ha però influito sul costo finale.
University of Greenwich, Stockwell Street Building
Londra, 2014
Progetto: Heneghan Peng Architects
Committente: University of Greenwich
Costo: £38,900,000
Superficie costruita: 15.200 mq
L’edificio ospita la biblioteca e i dipartimenti di Architettura, Paesaggio e Arte dell’Università di Greenwich, inserendosi in un contesto urbano fortemente storicizzato attraverso un’architettura dichiaratamente contemporanea. Proporzioni e materiali fanno riferimento all’intorno, ma i volumi sono dinamicamente scanditi da una serie di tagli verticali e orizzontali visibili dalla strada e disegnati da un ritmo vario e vivace di aperture. Nonostante l’apprezzabile tentativo, il risultato genera una serie di masse profonde, con un impatto urbano forse eccessivo. La composizione interna, al contrario, beneficia di questa alternanza tra pieni e vuoti, con una serie di spazi ampi e luminosi, oltre a interessanti terrazze e cortili. La scala di distribuzione principale è immaginata come cuore dell’edificio: spazio centrale a tutt’altezza che collega le varie aree funzionali diventando luogo di ritrovo collettivo e generando profonde visuali e prospettive. Infine i materiali degli interni risultano essenziali, mostrati senza patine o rivestimenti ma adoperati con sapienza ed eleganza.
The Whitworth, University of Manchester
Manchester, 2015
Progetto: MUMA
Committente: The University of Manchester
Superficie costruita: 1.856 mq
L’espansione della Whitworth Gallery rielabora un’aggiunta precedente al Museo, realizzata negli anni sessanta, mantenendone solo gli elementi più validi e riconnettendosi con il volume originario del XIX secolo. Il progetto si articola in una serie d’innesti volumetrici tra un piano terra compatto, con aule studio e magazzini, e un livello superiore con caffetteria e nuove gallerie espositive, quasi completamente vetrato e in diretta relazione con il parco ridisegnato per l’occasione. L’intervento instaura relazioni tra l’edificio storico, le opere d’arte contenute e la natura circostante ma soprattutto ha la capacità di definire un’immagine architettonica armonica, proponendo una nuova identità visuale per la Galleria. Alcuni dettagli come il rivestimento in laterizio trattato con delicati movimenti e variazioni della tessitura o l’utilizzo sapiente della luce negli spazi espositivi, rivelano la qualità dell’approccio progettuale che certamente avrebbe meritato miglior sorte.
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Last modified: 18 Novembre 2015
[…] all’architettura come icona o scelta politica. Proprio per questo secondo motivo l’anno scorso avevamo criticato la scelta dell’istituto di Portland Place di premiare la Scuola di Brentwood per ragioni non del tutto convincenti e probabilmente più “politiche” che legate […]