A quattro mesi dall’inaugurazione della Biennale dell’Architettura di Venezia l’Italia, paese organizzatore dell’evento, non ha ancora scelto chi curerà il suo padiglione.
Come Atene per le Olimpiadi, Venezia ha fatto da apripista e si è inventata una mostra di architettura internazionale con una cadenza «Biennale» – parola ormai entrata nel lessico di tutte le lingue del mondo – che è ancora oggi il più importante evento legato all’architettura in Italia.
Ad oggi molte altre città, come Rotterdam, Pechino e Mosca, hanno una mostra periodica di architettura. Superando l’esempio italiano, hanno ben imparato che attraverso l’organizzazione di eventi di architettura capaci di esibire al grande pubblico i cambiamenti e le trasformazioni delle città, non solo si possono tradurre alla collettività le questioni legate ai grandi temi delle mutazioni urbane, ma si riescono a generare veri e propri meccanismi di rilancio e riqualificazione delle città.
Il metodo delle Biennali di architettura certamente stimola nuove energie e crea nuovi obiettivi per gli architetti e gli addetti ai lavori, ma può essere anche un motore di trasformazione per un intero sistema-paese.
Ecco perché la Mostra internazionale dell’Architettura di Venezia è quel grande palcoscenico internazionale che ha fatto da modello a innumerevoli altri eventi nel mondo.
È evidente che paesi come Cina e Russia hanno scelto di adottare questa formula perché hanno territori e città in rapida trasformazione: le Biennali in questa fase sono una guida per una politica della programmazione, suggeriscono nuovi investimenti, creano e amplificano il lavoro di svariati settori di produzione industriale e artigianale.
Queste mostre infatti richiamano a presentare l’architettura quale espressione dei cambiamenti in atto nel proprio Paese, come rilancio ai problemi economici e soluzione ai problemi sociali. È per questo che vengono cercati e esposti i migliori architetti, le migliori opere, i migliori pensieri e le migliori ricerche.
E allora ci domandiamo: perché la politica italiana non riesce a sfruttare il grande potenziale che offre un evento come la Biennale dell’Architettura di Venezia?
Il disinteresse nei confronti della Biennale, la scarsa valutazione del suo potenziale, rappresenta uno specchio del disinteresse generale tipico del nostro Paese nei confronti dell’architettura.
Siamo certi cha da qui a poco il Ministero nominerà il curatore ufficiale, ma il metodo – ahinoi tipicamente italiano – della nomina all’ultimo minuto, dettato dall’emergenza e dall’urgenza, porterà a un lavoro più difficile, faticoso, non programmato (un po’ il riassunto e la summa delle difficoltà di chi di architettura si occupa ogni giorno in Italia!).
L’unica speranza è che chiunque curerà il padiglione non faccia errori perché non ci sono margini di tempo per correggere il tiro. Come si dice nel cinema, speriamo che sia buona la prima.
(Fonte: Ufficio Stampa Ordine Architetti Firenze)