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Written by: Progetti

Un’altra perla nella collezione di spazi pubblici di Barcellona (ma le esposizioni lasciano un po’ a desiderare)

Un’altra perla nella collezione di spazi pubblici di Barcellona (ma le esposizioni lasciano un po’ a desiderare)

BARCELLONA. È stato compiuto un ulteriore, importante passo avanti nel processo di recupero della centralità della piazza che Ildefons Cerdà avrebbe voluto come nodo nevralgico di Barcellona. Con l’abbattimento della strada soprelevata e con essa della discontinuità fisica e visiva, insieme all’apertura del Mercat dels Encants prima e recentemente del Disseny Hub de Barcelona, il pedone si sta appropriando velocemente di una zona che, dalla costruzione dell’anello nel 1992, era stata prerogativa esclusiva del trasporto su gomma. Il concorso di idee convocato nel 2001 dal Comune, vinto da MBM Arquitectes, ha segnato l’inizio formale di questa imponente operazione da 101 milioni che ha contribuito alla trasformazione di plaça de les Glories. Con la conclusione dei lavori di urbanizzazione dell’area adiacente all’emblematico edificio, la piazza si arricchisce non solo di un tassello fondamentale ma anche di tre nuovi spazi pubblici, come da progetto di MBM, per un totale di 27.300 mq: una “piazza dura” con una pavimentazione lapidea continua su cui il Comune fa aprire e chiudere quotidianamente sedie, tavolini e sdraio al servizio dei passanti, un ampio tappeto verde che copre parte del Disseny Hub, e una terza area defilata caratterizzata da due lamine d’acqua su cui si affaccia il retro dell’edificio e che in futuro dovrebbe ravvivarsi grazie all’apertura di bar e ristoranti.
Vuoi per la curiosità o per la gratuità dell’iniziativa, vuoi per il fatto che i quartieri di Glories, il popoloso Clot e la zona di Poblenou e del Forum sono in auge in questi ultimi anni grazie alle operazioni immobliari che li hanno trasformati in quartieri ad alto gradimento, fatto sta che l’apertura al pubblico lo scorso 14 dicembre della “graffettatrice”, come viene volgarmente chiamato il Disseny Hub, ha riscosso un buon successo di pubblico con 130.000 presenze nel primo mese.
Chiamarlo Museo del Design non è corretto e non rende giustizia a questo contenitore che è il risultato di un complicato processo ventennale di accorpamento delle collezioni cittadine dedicate alle arti decorative, alla ceramica, al tessile-abbigliamento e alla grafica, finora dislocate in edifici sparsi per la città. Ma non si tratta solamente di uno spazio espositivo: il Disseny Hub è uno spazio aperto cogestito, dove confluiscono attività che vedono istituzioni pubbliche e private collaborare per la promozione, la diffusione e la ricerca nel campo del design, uno dei motori trainanti per l’economia locale, su cui l’amministrazione pubblica vuole puntare per rafforzare la visibilità del marchio “Barcellona” a livello internazionale. Al suo interno sono state trasferite le sedi delle due principali istituzioni private legate al design: il FAD (Foment de les Arts i del Disseny) e il BCD (Barcelona Centre de Disseny). Mentre quest’ultima si occupa di promuovere e sviluppare progetti e attività legati all’imprenditoria autoctona, il FAD rappresenta associazioni di professionisti del settore, e dal 1903 promuove la buona pratica, il design e l’architettura che apportano miglioramenti per la vita delle persone. Insieme agli uffici, si è trasferito qui anche il Materfad, il centro di ricerca e consulenza sui materiali innovativi con l’archivio più grande di Spagna, che a sua volta confina con il Centro di documentazione, una biblioteca comunale specializzata con un fondo di più di 22.000 documenti, gran parte dei quali consultabili liberamente anche dai non addetti ai lavori.
L’edificio, in classe energetica A, si suddivide in due parti: una superiore emergente compatta e una inferiore più estesa che, sfruttando i 14,5 m di dislivello del terreno, trasforma la sua copertura in spazi pubblici liberamente fruibili. Qui trovano spazio la principale sala espositiva, il centro di documentazione, la biblioteca, gli uffici, le sale dedicate alla ricerca, le aule didattiche e la caffetteria, oltre al magazzino ubicato alla quota inferiore. Nel corpo emergente, invece, sono localizzate le sale per le esposizioni semi-permamenti, con l’auditorium nel volume aggettante. L’organizzazione degli spazi interni è concepita con la massima flessibilità, per potersi adeguare a qualsiasi tipo di utlizzo.
Il museo ha aperto al pubblico con quattro esposizioni a carattere semi-permanente (da tre a cinque anni), suddivise in quattro ambiti: design, arti applicate, moda e grafica pubblicitaria. Sorprende (e delude) un po’ la dimensione modesta dei quattro percorsi espositivi e il progetto di allestimento che potrebbe essere molto più accattivante. Il risultato è senza dubbio dignitoso per il grande pubblico, ma lo è meno per un addetto ai lavori, o per chi non è completamente a digiuno della materia. Dei 70.000 pezzi che compongono il fondo del museo, nei 6.000 mq di sale sono in mostra circa 4.000 tra oggetti che han fatto la storia del design moderno made in Catalunya e che si sono convertiti in patrimonio culturale grazie anche al loro uso quotidiano; una selezione di manufatti a partire dal III secolo d.C. in rappresentanza delle arti decorative, con alcuni pezzi d’autore; un centinaio di vestiti e pezzi di abbigliamento dal Seicento a oggi; una raccolta di cartelloni, imballaggi, pubblicità che raccontano l’evoluzione della grafica spagnola dagli anni quaranta agli ottanta. A febbraio si inaugura un’esposizione temporanea sugli oggetti di design che nascono dalla volontà di migliorare la vita delle persone a cui sono destinati.
Ancora una volta Barcellona ha scommesso e investito sugli spazi pubblici. Ora non resta che vedere se il Disseny Hub, terminata il 31 gennaio la campagna di porte aperte, sarà in grado di continuare a mantenere alto l’interesse del pubblico.

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 30 Giugno 2015