PIACENZA. Cominciano a prendere forma le idee e le visioni dei 120 studenti partecipanti allInternational Summer School «OPEN CITY», organizzata dalla Scuola di Architettura del Politecnico di Milano, nella sede piacentina del Campus Arata, in via Scalabrini. La giornata di venerdì 19 è stata dedicata a un’intensa e partecipatissima revisione dei progetti per padiglioni espositivi capaci di rigenerare e riqualificare alcuni spazi della città, con nuove connessioni ciclo-pedonali. Ai nostri studenti abbiamo chiesto uno sforzo immaginando non soltanto una serie di padiglioni”, ha spiegato la direttrice della Summer School, Guya Bertelli, aprendo la giornata. “Queste nuove, piccole, costruzioni devono essere loccasione, anche e soprattutto, per realizzare luoghi collettivi di qualità e per costruire una nuova mappa della città di Piacenza, nella quale la creatività è il fattore determinante. In tutto i progetti di padiglioni che nasceranno nella prossima settimana, lultima del workshop, sono 9, disseminati non solo nel centro storico, ma anche nelle zone del lungo fiume. Coordinati da tutor e docenti in buona parte internazionali, i 120 studenti affineranno ora i loro progetti, che verranno presentanti nella giornata di venerdì 26 settembre, quando il Campus Arata si trasformerà in una grande mostra allaperto per una nuova Piacenza creativa, che guarda allExpo di Milano del prossimo anno come a un appuntamento per ripensare alcune parti del tessuto urbano. Idee in linea con le ricerche e le sperimentazioni in corso, nel campo della progettazione urbana, nelle maggiori scuole internazionali e che mirano a benefici effetti e impatti spaziali e sociali con interventi attuabili anche con limitati investimenti economici.
Non banale, in questo senso, lappuntamento dello scorso mercoledì, quando la Summer School ha ospitato Nicolò Bassetti, paesaggista ed esploratore urbano, come si è definito durante lincontro, autore del libro che ha ispirato il film Sacro GRA, di Gianfranco Rosi, vincitore lo scorso anno del Leone dOro al Festival internazionale del Cinema di Venezia.
E saranno tutti di alto profilo gli incontri del ciclo di conferenze che accompagneranno lultima settimana del workshop organizzato dal Politecnico. Sfileranno nel Padiglione Nicelli alcuni nomi di spicco della cultura architettonica ma non solo, capaci con le loro parole di indicare agli studenti le modalità per applicare la creatività alla progettazione urbana.
Consulta il programma: www.intschool.polimi.it
PIACENZA. Cè un filo conduttore che lega Oscar Farinetti e Vittorio Gregotti: si può chiamare ottimismo verso il futuro o forse ricerca di un ritorno. Ritorno alla terra, alla biodiversità, allidentità locale per linventore di Eataly. Ritorno al disegno del dettaglio architettonico per il progettista milanese. Farinetti e Gregotti si sono sfiorati, parlando a poche ore di distanza davanti agli studenti della Summer School di progettazione OPEN CITY, nella sede piacentina del Politecnico di Milano.
Entrambi intervistati da giornalisti (Aldo Grasso per Farinetti, Pierluigi Panza per Gregotti) hanno proposto una visione integrata della società, in cui gli aspetti socio-economici influenzano profondamente la spazialità di città e territori. Mi accusano di eccessivo ottimismo ha iniziato lunedì sera Farinetti Essere ottimista non significa dire che tutto va bene, ma che si possono risolvere anche le situazioni più difficili, che non bisogna arrendersi mai. In Italia siamo i campioni mondiali della lamentela. E spesso lamentarsi è un alibi. Siamo condizionati dalle corporazioni, dal fatto che tutti guardano al loro particolare. Il marchio di Eataly è legato ad una serie di luoghi recuperati, dalla sede torinese dell’ex Carpano, di fianco al Lingotto, allex Smeraldo di Milano. Rigenerare è un atto poetico, con i miei negozi voglio ridare vita a luoghi abbandonati, oltre a creare posti di lavoro. In questi spazi dobbiamo imparare a narrare le nostre identità, come quelle della provincia italiana, dove cè una straordinaria biodiversità, che non è solo una questione di natura, ma anche artistica e umana. Dobbiamo pensare locale e agire globale, andando per il mondo a raccontare quello che siamo, le meraviglie che abbiamo. Non fare il contrario. A fare da sfondo alla serata, lExpo milanese, i cui cantieri sono stati visitati proprio pochi giorni fa da Farinetti: Sarà un evento straordinario, ne sono sicuro. Ho visto i padiglioni in costruzione, alcuni sono bellissimi. E poi il tema scelto è davvero decisivo per il nostro futuro: dobbiamo imparare a mangiare meno e a mangiare meglio, a ridurre gli sprechi. Ma soprattutto ritornare a fare agricoltura vera nelle nostre terre.
Il ritorno di Gregotti, raccontato nella giornata di martedì, è invece al disegno manuale: Lo vedo come una forma di pensiero, come uno strumento di indagine del progetto. Una cosa che i computer non sono in grado di fare, e oggi più che mai cè un rischio enorme di mitizzare i mezzi. Cè una sorta di dittatura dei rendering: per me sono solo illustrazione, mi pare che siano più che altro una forma di promozione del progettista. Il rischio che vedo è che larchitetto si trasformi in un illustratore di qualcosa che viene deciso a livelli altri, e da altre figure professionali. Per Gregotti il disegno a mano libera è anche un modo di ricercare la semplicità: Penso ad Alvaro Siza, a Franco Purini, a Tadao Ando. Proprio Ando ha scritto recentemente una cosa che condivido pienamente: il computer aiuta ad ordinare lidea, ma non aggiunge nulla alla creatività. Il progetto, conclude Gregotti, si trova nel dettaglio, e oggi assistiamo ad una decadenza del dettaglio, lobiettivo finale non è il bello estetico, ma la luce di un frammento del vero.