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Michele RodaWritten by: Reviews

Le città viste dall’arte italiana del Novecento

Le città viste dall’arte italiana del Novecento

COMO. Una storia di sguardi. Così il curatore Flaminio Gualdoni racconta la sua mostra “Ritratti di città. Urban sceneries. Da Boccioni a De Chirico, da Sironi a Merz a oggi”, aperta la scorsa settimana nella cornice di Villa Olmo. Il percorso espositivo si snoda lungo 8 sale del piano terra dell’edificio neoclassico progettato da Simone Cantoni e racconta – con 64 opere, prevalentemente pittoriche – la “conquista” dell’idea di città da parte dell’arte italiana, a partire dall’inizio del Novecento quando il manifesto del Futurismo diventa spartiacque tra epoche storiche e culturali. “Diamo la parola ai pittori, ai fotografi e agli scultori italiani per illustrare con i loro dipinti, le loro fotografie e le loro sculture la città che hanno visto o quella che hanno immaginato, in un percorso di immagini, di colori e di forme che, attraverso tutto il Novecento, giunge fino ai giorni nostri”, spiega Luigi Cavadini, assessore alla Cultura del Comune e critico d’arte di professione. L’aspetto più innovativo e intrigante del programma è nella distanza tra soggetto e punto di vista: l’arte italiana infatti esce dall’Ottocento ancora dominata dal paesaggismo, tendenza dovuta anche a una realtà fisico-spaziale tradizionale. “Un’idea di città latita completamente nella cultura artistica nostrana sino al Novecento pieno – scrive Gualdoni nel saggio introduttivo del catalogo (Ritratti di città, 160 pagine, Silvana Editoriale, 2014) –. In Italia non può che verificarsi, dunque, un fenomeno del tutto inusuale. Più che una realtà da assumere come un fatto pittorico, come un motivo da raffigurare, la città è nei primi decenni del secolo scorso un vagheggiamento da inseguire e da affermare in modo antagonistico rispetto alle ragioni di un presente avvertito come torpidamente anacronistico”. L’allestimento, semplice, delinea con chiarezza gli 8 nuclei tematici: Futurismi (con opere, tra gli altri, di Balla e Boccioni, tra cui “Sera d’Aprile” del 1908, identificata come il punto di passaggio tra l’idea storica di paesaggio e la consapevolezza di una città in progressiva espansione), Lo sguardo metafisico (Sironi e una Piazza d’Italia di De Chirico), Altri futurismi (Depero), Paesaggi di città (De Pisis), Geometrie urbane e nuove metafisiche (con un olio di Aldo Galli, al quale contemporaneamente è dedicata un’esposizione alla Pinacoteca Civica di Como), Scultura, architettura, luogo (con una rivisitazione di Arnaldo Pomodoro del lavoro Pietrarubbia, fatta ad hoc per la mostra), Icone e iconografie (con lavori dei maggiori fotografi “urbani” italiani, da Berengo Gardin a Basilico) e Nuove visioni urbane (settore finale che raccoglie invece i lavori più recenti sul tema di artisti come Vitali, Petrus, Guaitamacchi). La mostra – che resterà aperta fino al 16 novembre – è la seconda tappa del progetto triennale del Comune di Como dedicato alle città, avviato l’anno scorso con l’esposizione curata da Marco De Michelis “La Città nuova. Oltre Sant’Elia”.
Info: www.ritrattidicitta.com

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 6 Luglio 2015