Di un candore accecante, minimal e concettuale, il Padiglione belga dimostra una coerenza di fondo nel suo approccio espositivo che si focalizza sugli interni quale nozione fondamentale della concezione architettonica. La curatela artistica pone una riflessione sulle trasformazioni che subiscono gli spazi interni abitati nel costruito, indagandone le personalizzazioni quali fenomeni consumistici di proprietari e occupanti. Ne deriva però un aspetto vernacolare, nel quale la modernità trova il suo compimento venendone assorbita per rigenerarsi, senza peraltro mutare lesteriorità del costruito. Un approccio perciò dindagine stratigrafica temporale, la cui chiave per la corretta comprensione è custodita proprio dallinstallazione che vi risiede al centro, assai simile al Cubo Aperto Incompleto del 1974 di Sol Lewitt. Punto di approdo nella riflessione spaziale dellartista statunitense, Lewitt indagò il cubo come mezzo per cambiare le sorti dellarte, arrivandone al cuore, alle fondamenta della creazione, mettendone a nudo le logiche creative, razionali e minimali: la griglia concettuale. Essa è perciò la relazione fra lo spazio e il tempo, e di come noi interpretiamo i rapporti fra le cose. Quindi, lintenzione è di mostrare il significante, le giunture, le sintassi, i rapporti, in perfetta aderenza con il programma-manifesto nazionale di cui sopra. Da queste riflessioni sul domestico maturano una serie dinterpretazioni sugli studi relativi ai trattamenti delle superfici spaziali e comportamentali come percorsi progettuali. Il tutto è racchiuso in un libro spin-off della partecipazione nazionale dal titolo Intérieurs, notes et figures, quasi una somma cromatica di tutti i fattori dellabitare, la cui unione genera il bianco candido del Padiglione, ma lo rende troppo etereo e un po’ impalpabile.
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