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Written by: Professione e Formazione

Inventiamoci nuove opportunità

L’offerta formativa rispecchia alcune peculiarità di questa disciplina, che deve ancora fare i conti con normative e politiche che le ignorano e cerca di affrontare al meglio una delicata fase di transizione verso un nuovo assetto dell’Università.
A differenza di quanto è avvenuto in gran parte del mondo di industrializzazione anche recente, e nonostante l’eccellenza dei designer italiani riconosciuta a livello internazionale, vale la pena di ricordare che l’introduzione di specifici corsi di studio in Design nel sistema universitario del nostro paese risale appena al 1994. Questa peculiarità, che è anche un’anomalia, ha determinato che non ci sia un radicato insediamento delle competenze professionali tra i docenti in ruolo. Queste competenze vanno, almeno per il momento, cercate all’esterno e non possono essere surrogate, come qualcuno pretende, stabilendo equivalenze tra Design e altre discipline che si spiegano soltanto in una logica autoreferenziale e che nessuno potrebbe comprendere appena al di là dei confini nazionali.
Altra peculiarità del Design è il suo carattere plurimo (Design del prodotto, della comunicazione, d’interni, della moda, dell’interazione, dei servizi, nautico) che gli consente di adattarsi a diversi contesti istituzionali (Università generaliste, Politecnici, Isia, Accademie) e a diversi contesti territoriali, pur mantenendo saldo il proprio statuto disciplinare. Questa pluralità si ritrova nell’insieme dell’offerta formativa italiana, ed è grazie a questa versatilità e al ruolo riconosciuto del Design nei processi d’innovazione e sviluppo dei sistemi territoriali che si spiega la presenza diffusa di specifici corsi di studio.
Da qualche anno a questa parte il giovane sistema formativo del Design è stato costretto a confrontarsi con leggi, norme e politiche ministeriali che non tengono minimamente conto delle sue peculiarità. Viceversa, in nome di criteri di «razionalizzazione» (chiusura di corsi di studio ottenuta con l’imposizione di un numero minimo di docenti strutturati e conseguente drastica riduzione dei contratti d’insegnamento; divieto, di fatto, di aprire nuovi e innovativi corsi di studio; chiusura di sedi distaccate ecc.) indifferenziati, e pertanto irrazionali, si sono creati danni che potrebbero risultare fatali se non s’intervenisse con urgenza e intelligenza.
Non voglio poi soffermarmi sulle politiche di finanziamento (meno ipocritamente politiche di taglio ai finanziamenti) dell’Università e della ricerca. Il settore del Design, che per ora ha una minore dotazione di personale di ruolo e che anche per scelta culturale riconosce un ruolo fondamentale ai professionisti docenti a contratto, è evidentemente più penalizzato dal taglio dei finanziamenti ministeriali (che in tutte le Università vengono impiegati mediamente al 90% per pagare gli stipendi del personale di ruolo docente e tecnico-amministrativo).
In effetti, nonostante tutto ciò, alcune interessanti novità sono ora possibili. Da un lato, è in atto una profonda trasformazione degli assetti degli Atenei che, se non viene interpretata in modo «gattopardesco», può costituire un’importante (e forse inattesa) occasione di rinnovamento e crescita in cui il Design può giocare un suo ruolo di primo piano. In particolare, unificare in un’unica struttura (il Dipartimento) la responsabilità della didattica e della ricerca offre a tutti la possibilità di attuare finalmente una maggiore integrazione tra questi due compiti fondamentali dell’Università. Al Design offre l’opportunità di vedere riconosciuto il valore del carattere sperimentale tipico del suo modo di fare didattica e ricerca, la sua propensione a riflettere e agire per orientare e rendere concreta l’innovazione della cultura materiale contemporanea.
Dall’altro lato, si deve menzionare lo sforzo congiunto del sistema universitario e di quello dell’Alta formazione artistica e musicale (Isia e Accademie) per stabilire comuni criteri per l’accreditamento dei corsi. I risultati di questo lavoro, che si sta svolgendo nel tavolo tecnico Cun (Consiglio universitario nazionale) – Cnam (Consiglio nazionale per l’Alta formazione artistica e musicale) sul Design intendono fornire al Parlamento, al Ministero e all’Anvur elementi di giudizio per trattare con la dovuta attenzione le peculiarità virtuose di un settore fondamentale per lo sviluppo della nostra economia. Intendono anche individuare i criteri a cui dovrebbero attenersi tutti i soggetti, pubblici e privati, quando erogano corsi di studio che assegnano titoli con il medesimo valore legale.

Autore

  • medardo_chiapponi

    Laureato in Ingegneria all’Università di Bologna, è docente ordinario di disegno industriale e direttore del Corso di laurea magistrale in Design del prodotto e della comunicazione visiva dell'Università Iuav di Venezia. È stato preside della Facoltà di Design e arti e direttore del dipartimento di Progettazione e pianificazione in ambienti complessi della medesima Università. Ha insegnato al Politecnico di Milano, alla Hochschule für Gestaltung di Schwäbisch Gmünd (Germania) e al Politecnico di Torino. Past president della Conferenza dei presidi e direttori dei corsi di laurea di Design e della Società italiana di design

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Last modified: 8 Luglio 2015