L11 aprile, nel giardino dei Giusti di Milano saranno piantati quattro nuovi alberi e deposti quattro cippi di granito per onorare la memoria di uno degli esponenti più illustri della comunità ebraica torinese, Primo Levi, che con il romanzo Se questo è un uomo realizzò una delle più importanti testimonianze letterarie sullOlocausto; e poi per Ase Nur Zarakolu, attivista per la difesa dei diritti umani in Turchia, per la scrittrice Yolande Mukagasana, che con il romanzo La morte non mi ha voluta (Meridiana, 2004) ha raccontato il genocidio dei Tutsi, e per Claire Ly, scrittrice e testimone della carneficina cambogiana a opera dei khmer rossi.
La ricorrenza è anche loccasione per lanciare il progetto di rinnovamento del giardino dei Giusti. Il giardino cè già, dal 2003, e si trova alle pendici del monte Stella, il parco costruito nel dopoguerra da Piero Bottoni sulla raccolta delle macerie belliche. I primi alberi, a oggi sono ventidue pruni, sono stati dedicati agli animatori dei primi giardini dei Giusti: Moshe Bejski per Yad Vashem a Gerusalemme, Pietro Kuciukian per il genocidio armeno a Yerevan, e Svetlana Broz a Sarajevo per i Giusti che si sono opposti alle persecuzioni etniche dellex Jugoslavia. Dal novembre 2008 il giardino è stato affidato allAssociazione per il giardino dei Giusti di Milano, fondata dal Comune, dallUnione delle comunità ebraiche italiane e dal Comitato foresta dei Giusti (Gariwo) che ne è il centro animatore e che ha lanciato lidea di conferire al giardino unarchitettura più consistente e comunicativa. Perciò è in preparazione un workshop, a settembre, presso la facoltà di Architettura e società del Politecnico di Milano, un vero e proprio concorso che chiederà agli studenti di proporre nuove ipotesi, con limpegno che il progetto migliore sarà effettivamente realizzato.
Si è aperta così una discussione intorno alle idee e agli obiettivi che dovranno ispirare il nuovo progetto e sono previsti alcuni incontri pubblici, nei prossimi mesi, che serviranno ad attivare il confronto con la cultura architettonica non solo locale. Dalle riflessioni raccolte direttamente dai promotori, Gabriele Nissim, il presidente di Gariwo, e larchitetto Stefano Valabrega, si coglie laspirazione a un effetto comunicativo maggiore, più diretto e, per favore, niente monumentalismo. La filosofia del giardino non è improntata alla celebrazione ma al dialogo e al riconoscimento di culture e di valori diversi che sincontrano e convivono in nome del bene, in nome della difesa dellumanità ferita. Occorre quindi percorrere sentieri inusuali, andare oltre il modello ottocentesco del «giardino delle rimembranze» e cercare modalità che sappiano interessare e sorprendere. Probabilmente, si dovrà immaginare il giardino come un luogo dedicato alla memoria ma anche come un nuovo spazio di relazione, scambio e conoscenza.
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